Nell’ambito della Slow Wine Fair 2023, oggi si terrà una conferenza online per discutere di pregi e difetti delle denominazioni. in Italia i vini che possono vantarne una già oggi sono più di 400, ma al di là del dato numerico, quali sono i pregi di questo sistema? E cosa andrebbe modificato?
Ci sono le docg e le doc, che rientrano tra le dop, e le igt, che fanno rima con le igp, che però sono “un’espressione comunitaria”: a ben vedere, far confusione non è poi così difficile.
L’Italia (e non solo lei, a dire il vero) dell’enogastronomia sa essere anche un puzzle di denominazioni, sigle, certificazioni, disciplinari e consorzi. Nate col nobile intento di proteggere i territori del vino, di cercare di difenderli dalle derive dell’approccio industriale, dalla filosofia del profitto punto e basta, le denominazioni oggi prestano il fianco alle critiche per una visione fin troppo frammentaria e talvolta poco consistente.
Nel 2022, tanto per dare un’idea, potevano fregiarsi della Docg, la denominazione più prestigiosa di tutte, 78 vini italiani; altri 341 erano invece Doc. Le Igt? Un altro centinaio abbondante. «Secondo me ce ne sono troppe» sostiene Alberto Grandi, docente universitario e scrittore, che all’università di Parma ha insegnato Storia economica e Storia dell’alimentazione.
LE DENOMINAZIONI: DA BALUARDO DEL TERRITORIO A STRUMENTO DI MARKETING
«Secondo me la questione delle denominazioni ha un problema a monte – aggiunge – e cioè che il suo scopo originario è stato in gran parte disatteso. Se l’obiettivo delle denominazioni era salvaguardare alcune produzioni che avevano un forte radicamento territoriale, storico e culturale e che, con l’apertura del mercato unico europeo, rischiavano di non essere più difese, si è finiti per cercare di ottenere un monopolio artificiale utilizzandole come strumento di marketing. Si è ribaltata la logica».
DENOMINAZIONE DI ORIGINE INVENTATA
Si sarebbe dunque perso, sostiene l’autore del libro Denominazione di origine inventata pubblicato nel 2018, il significato originale del meccanismo di tutela, arrivando in alcuni casi addirittura a «inventare radicamenti e radici culturali solo per difendere produzioni che non avevano alcun motivo per essere difese, se non l’interesse dei produttori».
Il discorso, spiega Grandi, non riguarda soltanto il vino, anzi; né il meccanismo delle denominazioni produce soltanto effetti negativi: «Secondo me ci sono anche aspetti positivi, per esempio quello di alzare la qualità media del prodotto, escludendo quelli che non rispettano un certo standard. Da questo punto vista, la denominazione rappresenta una garanzia per il consumatore».
UNA RIFLESSIONE NECESSARIA
Quel che è certo è che una riflessione va fatta: «Anche perché ci sono grandi vini che non hanno denominazione, come i Super Tuscan, capaci di spuntare prezzi molto alti senza essere DOC». D’altronde, prosegue Grandi, «la logica del disciplinare può addirittura rivelarsi una gabbia, riducendo i profitti dei produttori, oltre a limitare la capacità di innovazione, visti i forti vincoli a cui bisogna sottostare per rientrare in una denominazione».
Quali criticità e quali opportunità, dunque? Quali regole e quali limiti da ripensare? Quali approcci e quali tendenze su cui fermarsi a riflettere? Alla conferenza del 15 febbraio, moderata dal vice curatore della Guida Slow Wine Gabriele Rosso, intervengono:
- Alberto Grandi, scrittore e professore associato, insegna Storia dell’integrazione europea e ha insegnato Storia economica e Storia dell’alimentazione presso l’Università di Parma
- Matilde Poggi, presidente CEVI (Confédération Européenne des Vignerons Indépendants) e viticoltrice
- Jacopo di Teodoro, distributore, Artisanal Cellars
- Chiara Bolner, Direzione generale dell’Agricoltura e dello sviluppo rurale, Commissione europea
Di Marco Gritti, info.eventi@slowfood.it
LA CONFERENZA: LE DENOMINAZIONI, BENE COMUNE? UNA VISIONE EUROPEA – 15 FEBBRAIO H. 18, ONLINE
In Italia si contavano nel 2022 341 Doc e 78 Docg: 419 denominazioni in tutto, con il Piemonte a fare da capofila dal punto di vista numerico. Ma, al di là del dato numerico, quali sono gli elementi positivi delle denominazioni? E quali gli elementi che necessiterebbero una rilettura? Infine, quali fenomeni dovrebbero farci riflettere con attenzione?
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