Ci siamo fatti spiegare le carte d’identità dei vini altoatesini da chi le ha ideate: due chiacchiere con Emanuele Boselli

Vi ricordate l’articolo sulla scoperta dei SUPERTANNINI?

(se non lo ricordate potete sempre rileggerlo cliccando qui)

Bene, ora lo stesso gruppo di ricerca dell’Università di Bolzano che lavorò a quel progetto – ora al NOITEch Park dell’Alto Adige – sta mettendo a punto delle vere e proprie carte d’identità dei vini altoatesini utilizzando specifiche mappe aromatiche. Oltre che a fini scientifici, queste ricerche potranno essere molti utili a produttori, consumatori, degustatori e addetti al marketing e potranno anche essere d’aiuto come strumenti antifrode. La prima cantina coinvolta è stata quella di Franz Haas che, da instancabile perfezionista qual è, vuole comprendere sempre più nel dettaglio come avvicinarsi (e raggiungere!) il proprio ideale di Pinot nero.

Per capirci qualcosa di più, ho incontrato Emanuele Boselli – il docente alla guida del progetto e responsabile dell’Oenolab presso il NOI Techpark di Bolzano – che mi ha regalato una vera e propria video lezione, con tanto di slide ed esempi pratici.

Team di Oenolab (credits: Ivo Corrà). Da sinistra a destra: Emanuele Boselli, Giulia Windisch, Simone Poggesi, Prudence Fleur Tchouakeu Betnga, Edoardo Longo, Vakare Merkyte, Amanda Dupas de Matos

 

WINE ID – La carta d’identità dei vini altoatesini

«Produco tra i 40 e i 60 Pinot nero ogni anno e, di solito, almeno uno di loro si avvicina molto al mio vino ideale, ma ci sono ancora dei parametri che mi sfuggono e che voglio capire meglio.»

– questa la scintilla che ha fatto scattare la collaborazione fra Franz Haas e Boselli e che ha portato alla creazione delle prime carte d’identità dei vini altoatesini.

La facoltà di Scienze e Tecnologie e la facoltà di Scienze e Tecnologie Informatiche dell’Università di Bolzano, infatti, hanno seguito, da un punto di vista chimico-analitico e della successiva modellazione dei dati sperimentali, tutta la filiera di produzione di diversi Pinot nero dell’azienda. In particolare, per due vendemmie consecutive hanno raccolto molteplici campioni: quelli delle uve, quelli dei mosti e dei mosti parzialmente fermentati, dei vini giovani e, infine, quelli dei vini lasciati maturare in legno. Ogni campione custodiva diverse caratteristiche riconducibili all’età delle vigne, alle peculiarità pedoclimatiche delle differenti zone di coltivazione, alle scelte produttive (come l’utilizzo o meno dei raspi in vinificazione o della tecnica della criomacerazione delle uve) e, ancora, alla tipologia di botte scelta per la maturazione e alla durata di quest’ultima.

I campioni sono stati elaborati, poi, sia attraverso moderne strumentazioni, sia attraverso un panel di degustatori specificamente “addestrati”, ma a distanza. Difatti, l’addestramento e le sessioni di analisi sensoriali sono state effettuate in modo smart, attraverso un’innovativa applicazione, pensata inizialmente per eliminare il supporto cartaceo, ma rivelatasi poi preziosa all’arrivo dell’emergenza Covid.

L’enorme quantità di dati così ottenuti, che si rifanno alle caratteristiche organolettiche del vino, è stata processata e rielaborata grazie alla collaborazione fra enologi e informatici, fino ad arrivare alla costruzione di una preziosa banca dati, che potrà essere sfruttata per comprendere il rapporto tra la tecnologia di produzione di un vino in tutti i suoi aspetti e il suo profilo sensoriale. La ricerca, quindi, consente ai produttori di estrapolare informazioni utili per orientare le proprie scelte di cantina in base al vino che vogliono ottenere.

Il progetto Wine-ID, inoltre, è un importante tassello anche nella lotta alle frodi. L’analisi di un campione, infatti, permetterà di ricostruirne la storia produttiva e di collegarne le proprietà organolettiche alle caratteristiche di una determinata zona vitivinicola o alle pratiche di cantina utilizzate.

 

Mappe aromatiche

Se le carte di identità possono essere preziosi strumenti per una vitivinicoltura di precisione e per attestare l’autenticità di un vino, le mappe aromatiche alle quali sta lavorando in queste settimane il team di Oenolab, invece, faranno sicuramente gola ad assaggiatori e addetti al marketing e alla comunicazione. Si tratta, infatti, di “ecografie” degli aromi dei vini, ottenute attraverso strumentazioni quali il gascromatografo bidimensionale combinato allo spettrometro di massa, che sono in grado di immortalare le sostanze volatili presenti nel prodotto e la loro concentrazione.

Ma lascio la parola direttamente al professor Boselli, che ringrazio per la disponibilità, e che in questo video (clicca qui per vederlo) non solo ci spiega il significato delle mappe aromatiche, ma ce ne mostra alcuni esempi reali.

 

foto qui sopra: mappa aromatica di un vino Pinot nero giovane ottenuta tramite la tecnica HS-SPME-2DGC-TOF/MS (Leco Pegasus BT 4D)’