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Grani antichi e Salute

Con il  n. 52 di febbraio 2018 della rivista ScienceDirect – Journal of Nutritional Biochimistry è stato pubblicato un articolo intitolato Grani Antichi e salute umana: Implicazioni Biochimiche e Cliniche; gli autori , un gruppo di ricercatori dell’Università di Firenze .  Per chi segue questo argomento non è stata una novità poiché è solo un elaborato, un lavoro di sintesi in cui si ripercorrono le tappe e  le ricerche svolte dalla suddetta Università , ma anche dalle tante Università europee e del mondo che in ben 60 lavori, citati nel suddetto articolo, hanno spaziato dalla genetica del grano alla biochimica alle allergie e patologie legate all’alimentazione con prove fatte in vitro e in vivo su animali, ma anche su pazienti volontari  che hanno riscontrato benefici  dall’assunzione di cibi provenienti da grani antichi.

Infatti, era il 2007 quando un gruppo di ricercatori delle Università di Firenze e Bologna, in questione, fecero uno studio di comparazione fra alcune varietà di grano antico ed alcune di grano moderno rilevando che su 35 sostanze che dovevano normalmente trovarsi nella farina i grani antichi ne vedevano ben 33 pari al 94%; mentre il gruppo dei grani moderni  erano presenti di 22 composti pari al 63%.

In  particolare alcune varietà di grani antichi, dalla spiga a colorazione rossa, contenevano antiossidanti e antinfiammatori superiori alla media; i più  attenti hanno subito dedotto che privare l’organismo umano di una percentuale dei citati antiossidanti e antinfiammatorie di  preziose sostanze minerali  poteva essere un rischio grave per la salute umana e pertanto   era giusto ripristinare il legame fra alimentazione e salute, fino ad ora trascurato.  Dopo qualche anno, sempre ad opera di ricercatori delle stesse Università, è stato fatto un esperimento con un gruppo di 20 cittadini volontari al fine di verificare la fondatezza di questo assunto .  Tale gruppo fu sottoposto ad una somministrazione quotidiana di 150 gr. di pane di grano antico Verna,  per 10 settimane, poi un intercalare di 10 settimane di periodo libero; infine un pari periodo  con somministrazione di pane di grani moderni. Il risultato ha evidenziato che durante il periodo di alimentazione con grani antichi si è verificata una riduzione del colesterolo totale e del colesterolo LDL (colesterolo cattivo = lipoproteina  a bassa densità) mentre veniva evidenziato un miglioramento della viscosità del sangue sia a pressione minima che massima. Durante il periodo di alimentazione con grani moderni invece non veniva riscontrato nessuna variazione significativa del colesterolo né della viscosità del sangue.

Successivamente, è stato ripetuto l’esperimento nutrendo i cittadini volontari, affetti da malattia cardiovascolare cronica, con pasta Senatore Cappelli. Poi sono stati interessati pazienti volontari con coronaropatia, altri con colon irritabile ed altri ancora affetti da diabete mellito, a cui sono stati somministrati prodotti di altri grani antichi, alla fine  tutti hanno riscontrato dei benefici generali sull’abbassamento del colesterolo e della glicemia e l’attenuazione della loro patologia.

“Siamo ciò che mangiamo” è un tema socio-culturale legato anche alla salute, oggi più che mai, di stringente attualità, perché con la vita sedentaria, col martellamento della pubblicità, con le mode alimentari che ci ritroviamo ogni giorno è facile perdere il giusto orientamento ed esporre il nostro organismo ai rischi per la salute. A questo avranno pensato quel gruppo di ricercatori delle università di Firenze e Bologna quando hanno deciso di mettere sotto la loro lente di ingrandimento la relazione che c’è tra alimentazione e salute raccogliendo l’interesse di tanti Istituti di ricerca citati nel suddetto articolo . Ma la strada è ancora lunga. Quanti sono i grani antichi di pregio che si coltivavano in Italia e che sono stati ingiustamente messi da parte ? Quanto è estesa la biodiversità  ancora recuperabile ? quanto di tutto ciò ha un riscontro economico, sociale ambientale innanzitutto per le zone appenniniche e quelle marginali ?  Quali sono i migliori metodi di trasformazione ?

Parte delle risposte a questi quesiti stanno venendo da “Sementia – Grani antichi per il futuro dell’umanità”, evento giunto alla seconda edizione nel 2017, organizzato Slow Food Campania. Questo evento si è configurato come  palestra dove si raccolgono esperienze ed idee degli operatori nelle e tra le filiere produttive. Preziosi stanno risultando le esperienze dei produttori che hanno lentamente ripreso la coltivazione delle antiche varietà nel mentre una parte di loro ha iniziato a  sperimentare una genetica democratica attraverso i miscugli volti a fare emergere una varietà adatta alla propria azienda. E’ di nuovo ricomparsa la figura del mugnaio con il vecchio mulino a pietra recuperato e riadattato alle nuove esigenze sanitarie; è riemersa la produzione di farine grezze ricche di fibra, sali minerali e germe di grano. Nella parte terminale della filiera un bel da fare della schiera di piccoli artigiani pastificatori, panificatori, pizzaioli, pasticcieri, utilizzatori di lievito madre. Nelle realtà locali delle Condotte una ricaduta di iniziative volte alla informazione e conoscenza attraverso dibattiti, incontri  e convegni; una miriade di laboratori del gusto per sancire le caratteristiche e peculiarità dei prodotti; la proposta di nuovi Presidi come quello sulla Marzellina ed il Pane di Saragolla.

Ma tutto questo può bastare? Un qualcosa che all’occhio dell’osservatore rischia di rassomigliare a resilienza e nostalgia per il passato ? Un qualcosa che potrebbe attirare  soggetti senza scrupolo che fiutata la possibilità di fare affari potrebbe portare l’argomento “grani antichi”  a prendere delle scorciatoie inaccettabili e delle pieghe sbagliate?

Certamente ci sono anche dei rischi e bisogna non stancarsi mai di fare chiarezza perché è in gioco la fondamentale esigenza di ridare valore  al cibo che mangiamo ai suoi luoghi di produzione e di trasformazione, con la giusta remunerazione degli operatori, non un centesimo in più del dovuto. Siamo solo all’inizio e lontani da risultati soddisfacenti. Ma i ricercatori dell’Università di Firenze ci indicano che non siamo soli e che siamo sulla buona strada e presto potremo raggiungere tutti i risultati sperati.

Una grande mano può venire dagli Istituti di Ricerca attinenti che hanno la possibilità di analizzare, monitorare raccogliere ed elaborare dati su tutta la filiera. Inoltre potranno moltiplicare le ricerche che sono state avviate dall’Università di Firenze facendo emergere le caratteristiche salutari di tante altre varietà di grano di cui è ricca la Penisola e confermare la relazione che c’è tra grani antichi e salute.