La Comunità Slow Food delle Cassette di cottura presenta il progetto Casse di cottura e i benefici di questa antica ma riscoperta modalità di cucinare
Metti un gruppo di donne colte e concrete. Metti un progetto visionario che coniughi bellezza e utilità. Metti un progetto che coniughi idee e materia. Se metti insieme questi elementi e si cuoce tutto con estrema lentezza, si generano le Casse di cottura.
Un progetto di comunità imperniato, come piace a noi, su relazioni umane nella cornice di una visione olistica per la quale “tutto si tiene”. E allora a Firenze questa bellissima comunità femminile di San Casciano dei Bagni, Comunità Slow Food delle Cassette di Cottura, si è raccolta in un giardino incantato e ha chiamato a raccolta tante amiche e amici per raccontare il pensiero che precede la realizzazione di un oggetto magnifico quale le casse di cottura che quella sera hanno cucinato per noi e si sono mostrate nella loro funzionale bellezza.
E quindi sontuose cipolle stufate, il verace peposo dell’Impruneta, la deliziosa zuppa Slow Beans, la classica pappa al pomodoro… cucinati dentro le cassette di cottura. Per come sono pensate risultano perfette per cotture lente e a bassa temperatura, nella migliore interpretazione dei principi Slow Food, quindi legumi, carne, tuberi e zuppe, ma anche per il controllo della lievitazione nella piccola panificazione e nella fermentazione di yogurt. E ovviamente hanno subito fatto innamorare i cuochi dell’Alleanza toscani: primi tra tutti Tiziana Tacchi e Leonardo Torrini, sperimentatori e ambasciatori gastronomici d’eccezione!
I cibi vengono portati a bollore in una pentola che «viene poi inserita all’interno di una scatola di legno o feltro imbottita di materiali capaci di mantenere il calore accumulato durante la prima fase di cottura – spiega a tutti noi, meravigliati e incuriositi davanti a quel banchetto variopinto sul quale le cassette di cottura colorate si aprono come fiori, Gloria Lucchesi, presidente della Cooperativa femminile Filo&Fibra di San Casciano dei Bagni (Si) -. Possiamo considerarla una vera slow cooker che, però, non ha bisogno di elettricità per funzionare».
Quindi le cassette di cottura, oltre a essere uno strumento culturale significativo, hanno implicazioni di virtuosità ambientale rilevanti che ci permettono di attingere a preziosi saperi e pratiche tradizionali per rispondere alle sfide attuali e del futuro.
Le cassette di cottura, infatti, vengono menzionate già nel 1941 nella dispensa Non Sprecate, destinata alle massaie, negli anni della Seconda Guerra Mondiale. Erano tempi difficili e le risorse scarseggiavano: nelle pagine della pubblicazione è illustrata la cassetta di cottura, ai tempi una cassetta di legno o di cartone imbottita all’interno di paglia e usata per ultimare la cottura dei cibi una volta avviati sul fuoco.
La sostenibile leggerezza delle cassette di cottura
Oggi le cassette sono bellissime, efficienti e anche sostenibili: in termini di utilizzo oculato di risorse, di emissioni di gas serra e di filiera produttiva. L’acqua necessaria per la cottura infatti è rilevantemente minore, se non quasi nulla, perché una volta raggiunto il bollore la pentola viene chiusa in questo forziere incantevole e l’acqua non evapora.
«Si può cuocere la polenta o il ragù, senza bisogno di mescolare mai, o la marmellata di arance, senza aggiungere acqua. Stimiamo minori consumi pari a ¼ dell’acqua necessaria per una cottura classica da 250 ml: si risparmiano circa 52 litri l’anno a persona per un pasto quattro volte a settimana» racconta Gloria Lucchesi.
Per quanto riguarda le emissioni invece, secondo le stime della cooperativa, infatti, se paragonata alla cottura con gas, con un utilizzo tra le 10 e le 20 ore al mese si possono risparmiare in un anno da 21,6 a 43,2 kg di CO2. Prendendo in considerazione invece la cottura a induzione, con la cassetta potremmo risparmiare circa 33 euro l’anno e 131 kg di CO2. E poi i materiali: il feltro dei lanaioli di Prato, lana di scarto (considerata rifiuto speciale), legno di cipresso lavorato da artigiani, tessuti naturali e i pomelli artigianali in ceramica, tutte scelte che esprimono un’attenzione ed un rispetto tali da rappresentare egregiamente quella tensione verso una prospettiva di bellezza concreta e collettiva.
Se metti una dolce sera estiva a Firenze e un gruppo di donne colte e concrete, loro possono raccontarti il progetto visionario che hanno generato, in grado di coniugare bellezza e utilità, idee e materia: tutti insieme questi elementi sono in grado di produrre un pezzetto di un futuro migliore, bello e collettivo, che è possibile e necessario proprio a partire dal cibo.
Barbara Nappini, presidente Slow Food Italia
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