Avevamo accolto con soddisfazione la notizia della misura normativa toscana proposta lo scorso dicembre dall’assessore regionale all’agricoltura Marco Remaschi: una legge approvata all’unanimità dal consiglio regionale con l’obiettivo di incentivare il consumo di prodotti agricoli, della pesca e dell’acquacoltura nei servizi mensa dei nidi, nelle scuole d’infanzia, nelle scuole primarie e secondarie di primo e secondo grado. Il testo approvato prevedeva il finanziamento da parte della Giunta di ‘progetti pilota’ che avrebbero dovuto utilizzare almeno il 50% di prodotti a chilometro zero e, parallelamente, prevedeva almeno un’attività di formazione ed informazione per gli utenti della mensa. Quest’ultima misura in particolare, avrebbe concretizzato una visione che da tempo Slow Food promuove: la mensa come momento altamente educativo e parte integrante del percorso didattico.
Ora come non mai è necessaria coerenza tra ciò che si dice e ciò che si fa: milioni di giovani nel mondo si mobilitano per denunciare la crisi climatica e chiedere azioni reali ai governi; in quest’ottica, una misura che prevede che le materie prime, nella ristorazione collettiva, provengano da agricoltori che garantiscono qualità stagionalità e territorialità senza percorrere migliaia di chilometri, deve essere legittima. Nel comunicato stampa del Consiglio Dei Ministri no. 28 si legge che viene impugnata “la legge Regione Toscana n. 75 del 10 dicembre 2019, recante “Norme per incentivare l’introduzione dei prodotti a chilometro zero provenienti da filiera corta nelle mense scolastiche”, in quanto alcune norme riguardanti l’aggiudicazione di appalti per la ristorazione scolastica violano l’articolo 117, primo comma, e secondo comma, lettera e), della Costituzione, sia sotto il profilo della restrizione alla libera circolazione delle merci, sia sotto il profilo della restrizione della concorrenza”. Restiamo convinti, lo siamo sempre stati, che il principio che ha mosso la delibera toscana sia corretto, valido e percorribile, una visione politica lungimirante: che si preoccupa del futuro curando il presente; pertanto sosteniamo tutte le politiche che procedono in questa direzione, a favore cioè di una mensa a misura di comunità.
Da anni, col progetto “Pensa Che Mensa”, immaginiamo la mensa che vorremmo: una mensa dove si cresce condividendo il convivio, dove si impara cos’è la sostenibilità nella produzione alimentare, dove si incontrano i produttori, dove si pratica l’intercultura e si valorizza le differenze, a partire dalla biodiversità. Diventa nell’immediato necessario percorrere altre strade. Negli anni abbiamo partecipato e promosso progetti che si sono incamminati nella direzione di una mensa realmente “Buona pulita e giusta”: la mensa scolastica è il luogo ideale per iniziare a pensare e sperimentare un modo diverso di conoscere, scegliere, consumare e condividere il proprio cibo.
Portiamo gli esempi del lavoro svolto dall’amministrazione di Terranuova Bracciolini che ha iniziato il percorso della mensa a filiera corta con il progetto “Pappa Toscana”; dalle amministrazioni che fanno parte del Parco delle Foreste Casentinesi che, insieme a Slow Food, nel 2015 hanno affiancato all’introduzione di prodotti locali la formazione a docenti, genitori e alle societa di ristorazione coettiva; e l’esempio della Piana Fiorentina, dove la bellissima esperienza della comunità del cibo e dell’apprendimento è una realtà concreta creata da Slow Food. Lì c’è una una rete di scuole coinvolte, ci sono gli studenti e le loro famiglie, c’è un circuito di produttori virtuosi e c’è un’azienda di ristorazione collettiva, Qualità&Servizi, di proprietà dei Comuni dell’area, che fa bandi europei inattaccabili, fondando la scelta del fornitore su una scheda qualità costruita con grande attenzione agli aspetti formali (legali): sulla scheda infatti di assegna fino al 70-80% del punteggio ai criteri qualitativi individuati che includono diversi elementi tra cui anche la provenienza.
Un’altra mensa è possibile, oltre che necessaria
Slow Food Toscana