Vocabolario del vino: B come Bag-in-Box

Nell’ambito dell’editoria enologica e viticola esiste un buon numero di dizionari, che contemplano tutti i termini tecnici possibili e immaginabili. Con questa rubrica vogliamo anche noi – nel nostro piccolo – proporre a voi lettori un vocabolario: ogni settimana un termine diverso, seguendo semplicemente l’ordine alfabetico.

Non abbiamo intenzione di considerare il nome dei vini, altrimenti sarebbe facile (A come Amarone, B come Barolo, C come Chianti, ecc., con la scelta quasi obbligata di E come Erbaluce… ), ma non è il terreno che vogliamo calpestare. In verità la scelta del vocabolo settimanale sarà un buon pretesto per parlare di un tema che ci appassiona: nulla di complesso, ma formulazioni semplici e (possibilmente) didattiche.

Sicuramente al termine della prima tornata alfabetica riproporremo nuovi termini, ripartendo dalla A.

 

 

B COME BAG-IN-BOX

 

 

Ne ho parlato varie volte su questo sito, iniziando con un post del 23 gennaio 2014 (che si può leggere cliccando qui): credo che il Bag-in-Box sia un ottimo contenitore per commercializzare i vini, meglio ancora se biologici o “naturali”.

Tento di spiegare perché dico questo, iniziando dalla prima inevitabile questione: cos’è un Bag-in-Box?

La definizione di Wikipedia è perfetta: il Bag-in-Box – tradotto letteralmente “sacca nella scatola”, abbreviato anche in B-i-B – è un contenitore composto da una sacca costituita da più film di materiali accoppiati (generalmente materiale plastico e alluminio), dotata di un apposito tappo e/o rubinetto/dispenser, posizionata dentro una scatola in materiale rigido, tipicamente cartone.

In questa maniera si ha il vantaggio di un contenitore a tenuta stagna e buon isolamento rispetto alla luce e al calore, grazie alla sacca interna, e di una moderata rigidità del contenitore, fornita dall’involucro esterno (in modo da essere trasportato e stoccato in maniera più agevole rispetto ad una semplice sacca).

Negli anni la mia convinzione sulla bontà dell’utilizzo dei Bag-in-Box per contenere dei buoni vini si è fatta progressivamente più ferma; il periodo di emergenza sanitaria che viviamo da più di un anno, con i conseguenti lunghi mesi di lockdown e di forzata “chiusura in casa”, hanno definitivamente rafforzato il mio convincimento.

Mi spiego, come peraltro avevo già fatto poco tempo fa: in questi mesi il fatto di bere vino perlopiù a casa ha rimesso in gioco certe formalità che circondano il mondo del vino. La bottiglia di vino da 0,75 litri gioca un indubbio ruolo simbolico sulla tavola del ristorante, che non si estende però necessariamente al tavolo di casa. Tra le mura domestiche si bada più alla sostanza che alla forma e quindi conquistano terreno altri contenitori adatti al vino. Per questo nell’ultimo anno è evidente la domanda crescente di Bag-in-Box di vino di qualità, non destinato all’Horeca ma al consumo casalingo.

Vedo assolutamente di buon occhio questa tendenza perché considero il Bag-in-Box un contenitore efficace, comodo e impareggiabile per conservare al meglio un vino di consumo casalingo e quotidiano. Meglio ancora se è un vino biologico o naturale, in genere più sensibile ad una cattiva conservazione: nel Bag-in-Box questi vini – che in genere hanno dosi bassissime di solforosa – si mantengono perfettamente, anche per un mese dalla prima spinatura, senza l’insorgenza di ossidazioni o perdita della freschezza iniziale.

Evidentemente non sono il solo a pensarla in questo modo: sta funzionando molto bene infatti l’impresa di Alessandra Costa che ha creato SFUSOBUONO, ovvero una piattaforma di commercio online di Bag-in-Box che contengono il vino di tanti piccoli vignaioli artigianali. Consiglio a tutti di “fare un giro” sul suo sito – https://sfusobuono.com – che rendersi conto della bontà delle offerte.