Un aggiornamento sulla Valtenesi e sul Groppello

Per una fotografia puntuale della Valtenesi, territorio collinare sulla sponda bresciana del Lago di Garda, possiamo far riferimento ad un articolo scritto un paio di anni fa – ancora attuale – didascalico e utile a inquadrare tanto la storia quanto gli elementi ambientali e tecnici che danno origine ai vini prodotti in questo distretto vitivinicolo.

L’articolo – disponibile se cliccate qui – riporta alcuni riferimenti puntuali circa le caratteristiche del Groppello, l’uva principale della Valtenesi, oggetto dell’approfondimento che vorremmo qui riportare.

Le attività di degustazione e di visita del territorio condotte quest’anno, in vista della nuova edizione di Slow Wine, rese possibili dalla preziosa collaborazione con il Consorzio Valtenesi, ci hanno consentito di rafforzare alcune convinzioni e di aprire a nuove proiezioni di critica e giudizio di insieme.

La convinzione emersa – per alcuni scontata -, è di quanto il territorio debba insistere con coraggio nell’esaltazione massima del groppello, oggi più che mai sinonimo di Valtenesi. Crediamo profondamente nelle potenzialità espressive di questo vitigno, nel suo essere ingrediente di distintività, strumento di “pulizia” da una certa e radicata confusione ampelografica che ha portato le colline moreniche gardesane ad essere anche terra di vini per noi non più molto attuali.

Attenzione! Nessun veto alla libera interpretazione delle aziende nel portare avanti produzioni personali, commercialmente di successo, per giunta annoverate nell’ambito delle DOC locali. Altrettanto, il nostro suggerire di rincorrere con fermezza il groppello, non vuole essere l’annebbiamento della storia locale di impiegare uve complementari, come barbera, marzemino, sangiovese, rebo. Tuttavia, rimaniamo convinti che la strada debba essere quella, non fosse altro per l’esito delle degustazioni e delle visite alle cantine, ma non solo. Tre lustri di Slow Wine non sono pochi; in questi anni abbiamo vissuto diverse occasioni di assaggi, anche informali, di Groppello nelle diverse letture di stile, con esiti il più delle volte sorprendenti rispetto alla tenuta nel tempo e alla capacità di raccontare le finezze espressive del territorio.

 

 

Quanto allo stile, o meglio agli stili del Groppello, lanciamo un ulteriore sasso verso un nostro personale giudizio. Il Chiaretto è la strada, ma anche l’identificazione stessa del Valtenesi che, nell’idea consortile, diventerà sinonimo di versione “rosa”. In questo noi crediamo. I numeri esigui, se pur in crescita, rappresentati dal Valtenesi Chiaretto (in futuro solo “Valtenesi”), se rapportati a quelli degli altri principali distretti “rosa” italiani (Bardolino, Abruzzo, Salento), sono la fotografia di una generale compattezza di visione sul territorio, occasione rara per costruire insieme un’identità forte attorno a questo vino.

A ciò si aggiunge la volontà, ancora timida ma in via di affermazione, di lavorare sull’affinamento del Valtenesi (Chiaretto). Anche a questo noi crediamo. Crediamo, in particolare, al prodotto che ne deriva, più spigliato, espressivo e svincolato da rigidità tecniche dovute alla foga di uscire sul mercato, a condizione che non si sfoci in versioni caricaturali, eccessivamente estrattive o ossidative che fanno perdere il tratto fresco e gioviale della tipologia. Ci crediamo, inoltre, quale occasione – come si diceva prima – di rimarcare la libertà che il territorio, in quanto piccolo, ha più di altri.

Sulla versione di Groppello in rosso, restituiamo una nostra visione generale sulla tipologia. Abbiamo riscontrato che sono ancora significative esecuzioni che spingono su muscolosità, potenza, il più delle volte offuscate da eccessi di legno e frutto troppo maturo. Crediamo nella risposta, ci auguriamo in crescita, di inseguire il percorso intrapreso da tante denominazioni italiane, vale a dire togliere, sottrarre, ridurre. Arrivare all’essenza del Groppello, rincorrere quel disegno di “semplicità difficile a farsi” che abbiamo ritrovato in alcune etichette dalla bevibilità disarmante, ma al tempo stesso complesse e profonde, non per forza timide nell’ormai inevitabile fattore alcolico, ma sostenute da grazia e leggiadria.