Per una birra

Premessa: questo articolo non è obiettivo. Non lo può essere, perché parla della mia città e di un posto cui sono particolarmente affezionato.

Sono nato e cresciuto a Cuneo e mi ostino a vivere, e ad amare profondamente, in questo sperduto e isolato angolo di Piemonte meridionale, dove – com’è noto – si viene solo per fare il militare (se si è uomini di mondo, ovviamente …).

Cuneo Piazza GalimbertiPer gli appassionati di birra in realtà Cuneo dovrebbe essere un nome ben noto: non solo perché è in questa provincia che nel 1996 Teo Musso ha avviato la produzione nel celebre Baladin, ma perché nella “Granda” possiamo vantare un’eccellente selezione di birrifici. Solo per fare i nomi più importanti, oltre al Baladin di Piozzo: il Troll di Vernante (a proposito: l’impianto di produzione è appena ritornato a fianco del locale di mescita, la nuova struttura costruita da Alberto “Albi” Canavese merita sicuramente la visita…), Pausa Cafè nel carcere di Saluzzo, Trunasse a Castelletto Stura (locale di mescita ufficiale a Centallo), Kauss a Piasco e Birrificio della Granda a Lagnasco (con mescita a Saluzzo). Roba da fare invidia – al di là dei campanilismi – a molti altri territori italiani e nomi di cui essere sinceramente orgogliosi.

Però. Chi vive o conosce bene queste zone ha imparato che – al di là di alcune, pur notevoli, eccellenze – la realtà quotidiana, il livello medio dell’offerta birraria con cui un cuneese deve confrontarsi è davvero molto basso. Difficilissimo trovare un caffè, un pub o un qualunque locale che abbia un assortimento decente (non dico enorme, ma almeno sufficiente) da cui scegliere. Per tacere del livello medio di preparazione degli addetti ai lavori, pesantemente insufficiente, da tutti i punti di vista (conoscenza del prodotto, capacità di gestione delle spine, comunicazione al cliente, ecc.). Ovviamente anche qui ci sono alcune eccezioni, ma si contano letteralmente sulle dita di una mano.

Per una birra LogoÈ in questo panorama poco allegro che – poco più di quattro anni fa, nel 2010 – Davide Signori (ma tutti lo chiamano sempre Dade) ha aperto a Cuneo il beershop “Per una birra”.

In pieno centro storico, al civico 6 di via Armando Diaz, una bella traversa della centrale via Roma, ancora pavimentata con l’antico e affascinante sistema di lastroni e ciottolato, orami sempre più raro. Via tranquilla e poco trafficata, che quando cala la sera assume un fascino particolare.

Il beershop è quasi al fondo della via, sulla destra arrivando da via Roma, già in vista dei baluardi di Gesso. Un locale semplice, né piccolo né grande, ma accogliente perché “vero”. L’arredo, in gran parte realizzato personalmente da Dade – una vita da publican, con esperienza al White Rabbit prima e al Jimmy James poi, nomi che i cuneesi conoscono bene – dà immediatamente l’impressione di essere in un posto speciale, diverso dal solito.

L’assortimento delle birre non è enorme (un beer-geek troverebbe molte lacune), ma è intelligente. Si parte da giusta rappresentanza di birrifici italiani, con comprensibile attenzione al territorio (Baladin, Troll, Trunasse, Granda si trovano sempre), poi alcuni grandi classici belgi (in ordine sparso: Dupont, De Ranke, Rodenbach, Rulles, Boon, Westvleteren, Liefmans, Drie Fonteinen, Rochefort, De Dolle, Orval, ecc.), meno ampia ma presente la finestra tedesca (Schneider, Schlenkerla) mentre sempre più agguerrita è la truppa “anglosassone” (Moor, BrewDog, St.Peters, Harviestoun, Wild, Sierra Nevada, ecc.). Lista di birrifici e birre che è sempre in divenire: Dade – giustamente – compra in base a prezzi, disponibilità, scadenze e risposta della sua clientela.

Per una birra InternoDal 2012, oltre alle bottiglie, è presente anche una piccola mescita. Un piccolo banco, due spine, una mensola per i bicchieri e un frigo per le bottiglie (se proprio le spine non bastano).

Non serve altro. Semplicità allo stato puro (il Macche – se vuoi sapere cos’è leggi qui – sembra un locale complesso, in confronto).

Le due spine ruotano sempre; ogni volta che si va da Dade ci sono due birre nuove, spesso mai attaccate prima, e lui le racconta a tutti, con semplicità, senza menate, ma facendo sempre capire bene, con poco parole, di che cosa si tratta. I clienti assaggiano, valutano con i propri sensi, senza che qualcuno dica loro in anticipo se quello che assaggiano deve piacere oppure no.

Un posto che, forse anche grazie a questa semplicità, sta cambiando molto – lentamente, non sarà un caso se i piemontesi sono chiamati bugia nen (letteralmente “non ti muovere”) – il modo di approcciarsi alla birra da queste parti.

Per una birra DadeI clienti di Dade sono sempre di più e per loro la birra non è più la stessa. Attorno al Beershop si sono creati gruppi di appassionati. Alcuni sono ottimi homebrewer, altri hanno irrimediabilmente preso la via della cultura birraria ed è, come è noto, una strada di non ritorno. Forse è anche un po’ merito – o colpa, dipende dai punti di vista… – di queste mura e degli aperitivi prolungati se presto rivedrà la luce uno storico marchio cuneese, Birra Riccardi (ma questa è un’altra, che vi racconterò…).

Birrai, publican, giornalisti, assaggiatori, hanno passato gli ultimi vent’anni – dalla nascita della birra artigianale – a combattere per far crescere (o forse sarebbe meglio dire “per far nascere”) la cultura birraria in Italia. Si sono spese moltissime parole a parlare di stili birrari, di tecniche di degustazione, di scelta del bicchiere, di modalità di servizio, di modalità di abbinamento col cibo, di cultura in generale. Tutte cose fondamentali, che non vanno assolutamente abbandonate, perché la battaglia contro l’ignoranza (nel senso etimologico del “non conoscere”) è un lavoro che non potrà mai avere fine.

Penso, però, sia anche arrivato il momento di “togliere” qualcosa, di alleggerire un pochino il tono. Anche per evitare di incappare in eccessi di forma, di “fanatismo” e di intransigenza, che invece purtroppo molto spesso accompagnano la birra artigianale, rischiando di allontanare il curioso invece di avvicinarlo.

È forse arrivato il momento di recuperare quel senso di leggerezza e di semplicità che sono sinonimo stesso di tante birre e che, a parer mio, costituiscono uno degli aspetti più belli del meraviglioso mondo birrario. Senza, ovviamente, rinunciare a servire le birre nel modo giusto, con le parole adeguate, cercando sempre di “fare cultura”. Questo è un posto perfetto, per farlo.