I magnifici 5: i migliori vini del 2016 per la redazione Slow Wine

Il 2016 si è appena concluso ed è tempo di bilanci. Ecco cosa hanno risposto i “ragazzi” della redazione di Slow Wine alla domanda: «qual è il vino “migliore” che avete bevuto lo scorso anno?»

 

Giancarlo Gariglio: «Come tutti gli anni, dal 2002 a oggi, assaggio alcune migliaia di vini all’anno, per cui segnalarne uno è impresa quasi impossibile, ma visto che si tratta di un gioco, giochiamo! Vorrei parlare di un rosso umile, di quelli che raramente, o forse mai, finiscono per essere scelti come la migliore bevuta dell’anno. La mia scelta, nasce non tanto per fare lo strano a tutti i costi, ma piuttosto per raccontare l’attimo in cui mi ha stupito. Durante le degustazioni finali di Slow Wine, in una calda giornata agostana a Bra, stavamo degustando i vini siciliani selezionati insieme al responsabile Francesco Abate e al bravissimo Nanni Cucchiara. Tutta la redazione, come sempre, era presente e stavamo assaggiando i nero d’Avola della costa orientale sicula. A un certo punto metto il naso dentro il bicchiere ed esce un’esplosione di profumo, in particolare gelso nero e poi cappero e altre sensazioni salmastre a impreziosire l’olfatto e a renderlo complesso e tipico. La bocca era un tripudio di freschezza, pareva di addentare il frutto fresco, tanto gustoso era il succo. Un vino che mi ha regalato ristoro, dopo una gran quantità di assaggi è una cosa essenziale e che è l’emblema di quanto il nero d’Avola possa regalare se ci allontaniamo dalle schifezze mediocri che ci hanno propinato per anni, fatte di marmellata condita con legno. Insomma, per farla breve, un vino da 8 euro che mi ha regalato un momento speciale, una luce accesa in un momento ripetitivo… Anche dietro un’origine umile si può nascondere un grande vino».

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Denominazione Note Nere Doc Sicilia – Feudo Ramaddini

Vitigni Nero d’Avola

Grado alcolico 13,5%

Consumo ideale 3–5 anni

Prezzo 8 €

 

 

Jonathan Gebser: «Più che incoronare un mio singolo miglior vino del 2016 vorrei rendere omaggio a un fedele compagno di viaggio durante quest’anno passato e non solo. Un vino versatile, longevo (anzi, pressoché intramontabile), ricco di carattere, magari un po’ rustico ma a mio avviso delizioso e, se non vi basta, anche leggero sulle vostre tasche. Si tratta della Vernaccia di Oristano “10 anni” dei Fratelli Serra, acquistata sfusa in cantina, spillata direttamente dalle grandi botti di castagno (rigorosamente scolme, ovviamente) in bottiglioni di plastica da 5 litri per il trasporto e successivamente imbottigliata a casa. Un vino ossidativo, che trae gran parte del suo carattere dal prolungato affinamento in botti sotto un sottile velo di flor, non sufficientemente spesso per proteggere il vino dall’ossidazione (come il caso nei Sherry Fino o Manzanilla), ma che comunque interagisce costantemente con il vino metabolizzandone diverse componenti – come zuccheri, alcol, glicerolo, ecc. –  e producendone altre per un ventaglio di aromi piuttosto complesso e intrigante. Mi piace pensare che anche l’aria marina dia un suo contributo alla componente sapida del vino. Aromi di frutta secca, noci, agrumi, legno nobile, addirittura miele e cenni balsamici si fondono con note salmastre, marine e di iodio per una trama decisa e articolata che sembra infiltrarsi così profondamente nelle papille gustative da stimolare non solo i nervi gustativi, ma anche le corde emotive. Il tutto è sorretto da una solida vena acida che anima, alleggerisce e allunga il sorso. Infatti, non serve berne molto ma nonostante i 15,5 gradi si beve con una facilità disarmante e pericolosa se siete amanti del genere. Esiste anche la versione “6 anni” (che un anno prima veniva venduta come “5 anni”), un po’ meno intensa, e in rare occasioni, purtroppo soltanto quando l’annata attualmente in vendita sta per esaurire, i due cugini decidono di imbottigliare una Riserva. Sono vini che purtroppo oggi non trovano più un grande seguito, gli stessi Sardi spesso lo utilizzano soltanto in cucina (chissà che deliziosi piatti ne vengono fuori!), ma la tipologia mi sta a cuore e vederla pian piano scomparire è triste. Non sarà il più grande vino ossidativo d’Italia ma a un prezzo di 8 €/litro è davvero un bell’affare. E state tranquilli che una giornata no, con un po’ di “Sole di Oristano” si sistema».

 

Denominazione  Vernaccia di Oristano “10 anni” Fratelli Serraimage-596-779x1024

Vitigni vernaccia

Grado alcolico 15,5

Consumo ideale

Prezzo 8 €

 

 

 

Fabio Giavedoni: «Difficile, quando assaggi qualche migliaio di vini all’anno, definire a memoria qual è “il migliore”. Può essere d’aiuto andare a riguardare i giudizi (e gli eventuali punteggi) espressi durante le degustazioni – e interpretare le tante piccole sfumature che segnano le differenze in centesimi tra un vino e l’altro – ma in fondo questa modalità si dimostra poco efficace. Sono convinto che conta di più – nella fissazione nella propria memoria di un vino straordinario – “l’effetto sorpresa”, ovvero l’improvvisa folgorazione provocata da un vino che non ti aspettavi o, meglio, che non conoscevi. E così è stato, nel corso delle lunghe sessioni di degustazione della scorsa estate, il mio primo incontro con la Ribolla Gialla di Guerila, azienda slovena della Vipavska Dolina. Non sapevo nulla di questa cantina, il cui vino rientrava per la prima volta all’interno delle degustazioni regionali friulane per la nostra volontà di aprire, per la prima volta, i confini di Slow Wine anche alle aziende della Brda (frazione del Collio in territorio sloveno), della porzione oltreconfine del Carso-Kras e, appunto, della Vipavska Dolina. Per cui la bottiglia è stata inserita nei flight di assaggio (rigorosamente alla cieca) assieme agli altri “orange wines”, accanto a vini immensamente buoni come la Ribolla Gialla di Josko Gravner o di Damijan Podversic, (per fare solo due esempi, tanto per capirci…). La Rebula di Guerila già alla prima degustazione ha sbaragliato il campo… Un vino capace di esprimere pienamente la profondità e l’eleganza che solo la ribolla sa esprimere, con un feeling immediato. Due giorni dopo questo primo incontro fulminante sono corso ad Ajdovščina a visitare l’azienda: la mattinata trascorsa nei vigneti assieme a Martin Gruzovin – braccio destro tuttofare del “patron” Zmago Petrič – mi ha dato la conferma che tanta bontà non derivava da un inconsueto e straordinario “colpo di fortuna” ma era semplicemente il frutto di un lavoro serio e meticoloso che nei prossimi anni, ne sono convinto, ci riserverà una lunga serie di questi exploit. In seguito, in particolare durante le degustazioni finali, questo primo ottimo giudizio di qualità è stato confermato e condiviso da tutta la redazione. Insomma, alla fine segnalo questo vino perché è buonissimo e soprattutto perché non mi aspettavo fosse “così buonissimo”: dopo tanti anni il mondo del vino continua ancora a sorprendermi! Forse è per questo che sono sempre più convinto di fare il lavoro più bello del mondo…    P.S. Non sono un amante sfegatato dei vini bianchi macerati, li apprezzo – quando sono veramente
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Denominazione Vipavska Dolina Rebula 2010

Vitigni Ribolla Gialla

Grado alcolico

Consumo ideale 7-10 dalla vendemmia

Prezzo 25 €

 

 

Fabio Pracchia: «Durante le serrate sessioni di degustazione estive la redazione diventa un vero e proprio collegio di degustazione con una condivisione pressoché totale degli spazi, dei momenti ricreativi e anche delle tensioni che ci sono nel produrre una massa di contenuti decenti, in così poco tempo, da mettere nella Guida. Soprattutto nelle degustazioni spesso tocca frenare il sano entusiasmo dei responsabili regionali che, in una sorta di partigianeria campanilista, tendono a sopravvalutare i loro campioni. Niente di male per carità e soprattutto un compito formativo anche per noi della redazione che non sempre riusciamo ad approfondire durante l’anno tutte le regioni italiane. Io, per esempio, ho imparato tanto dai collaboratori regionali. I responsabili dell’Abruzzo, Davide Acerra e Pierluigi Cocchini, mi hanno fatto innamorare delle riduzioni enologiche che occorrono al Montepulciano e al Trebbiano, svelandomi tutta la bellezza di una regione che quest’anno mi sono ripromesso di conoscere a fondo. Proprio dall’Abruzzo proviene il vino che quest’anno ha segnato il dopo degustazione. Eh sì, perché il lavoro me lo porto accanto al computer in una degustazione ragionata che va avanti tutto il giorno. Si tratta del Cerasuolo d’Abruzzo 2015 di Emidio Pepe. L’azienda è chiocciola della nostra guida e punto di riferimento storico per la viticoltura territoriale in Italia. Un vino delicato che non ingombra il palato, ma incede con naturalezza espressiva avvincente senza acquisire peso ma donando sapore, sale e nella deglutizione un profumo di ciliegia definito e lungo. Mi colpisce l’essenzialità abbinata alla profonda articolazione, pregio questo dei grandi vini terrestri. Mi ha folgorato la capacità di racchiudere così tanto contenuto in poca materia, un poco come cerchiamo di fare noi
xcerasuolo-abruzzo-emidio-pepe.jpg.pagespeed.ic.OFBHzYWDaCquando scriviamo la Guida».

 

Denominazione Cerasuolo d’Abruzzo 2015 Emidio Pepe

Vitigni montepulciano

Grado alcolico 14,5

Consumo ideale 3-4 anni

Prezzo 42 €

 

Davide Panzieri: «Ah, la finezza di un grande Bourgogne! Quei tannini levigati che ti invitano al secondo sorso, e al terzo, e al quarto… la bocca che freme dalla voglia di altro frutto succoso e salivante, il naso, avanti e retro, che ti stordisce di profumi variegati, sottili, nitidissimi… Eh sì, non ce n’è per nessuno, a fronte di un grande Bourgogne! Già, peccato che chi si sdilinquiva davanti al bicchiere non sapesse che il nettare strepitoso che condividevo con lui era il Brae 2014 di Maccario Dringenberg, Rossese (di Dolceacqua) in purezza e di sontuosa voluttà. E comunque a me non sembrava un Bourgogne: mi ricordava la macchia mediterranea ma solo sullo sfondo, mentre in primo piano un vivo sentore di mirtillo danzava sulla lingua, traendo ulteriore stuzzichio dalla tipica (a me sembra così) speziatura di questo vitigno che in effetti qualcosa in comune con il Pinot Noir ce l’ha: la capacità di tradurre fedelmente ogni sfumatura del suolo e del clima. E questo Brae, la vigna è piuttosto elevata, arriva in punta di piedi e si muove con una leggerezza pazzesca in bocca, capace però di lasciare una traccia aromatica e tattile profonda, consistente, travolgente. Sono arciconvinto che questa Doc sia decollata, da qualche anno a questa parte, e che il recupero delle vigne abbandonate sia un dovere di tutti noi, ciascuno per la propria parte. Nessun altro paese al mondo può vantare un vino che sa essere tanto facile e tanto complesso, di beva strepitosa fin da giovane e capace di invecchiare a lungo e alla grande. Grazie».

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Denominazione Rossese di Dolceacqua Brae 2014

Vitigni rossese

Grado alcolico 12,5

Consumo ideale 2-12 anni

Prezzo 15 €

 

 

 

 

 

Marta Menegaldo

m.menegaldo@slowfood.it