Potrete incontrare le cantine premiate e assaggiare i TOP WINES della Campania durante la grande degustazione che si terrà a Milano sabato 8 ottobre 2022!
Il costo del biglietto d’ingresso è di 49 euro (39 euro per i soci Slow Food), e comprende anche una copia della guida Slow Wine 2023:
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A partire dalle 14 – e fino alle 20 – negli ampi spazi di Superstudio Più, in via Tortona 27, si apriranno i banchetti di assaggio con la presenza diretta dei produttori, a cui si aggiungerà una mega enoteca suddivisa per regioni gestita dai sommelier della Fisar: in definitiva ci saranno più di 1.500 vini da assaggiare, per la gioia di ogni palato.
La manifestazione si terrà in contemporanea con la prima giornata della Milano Wine Week, la fantastica manifestazione con cui Slow Wine ha stretto una proficua partnership.
Per saperne di più su tutti gli eventi previsti a Milano dal 8 al 16 ottobre clicca qui.
LA CAMPANIA PER SLOW WINE 2023
I RICONOSCIMENTI ALLE CANTINE
LA LISTA DEI TOP WINES DELLA REGIONE
INTRODUZIONE
“Autoctono è bello” è più di un semplice slogan se si pensa alla Campania del vino: l’immenso patrimonio viticolo della regione è letteralmente esploso negli ultimi anni, di pari passo con l’interesse per quei vitigni capaci di raccontare, più di altri, le specificità dei mille e più microterritori all’interno della Campania Felix.
A fianco alle produzioni di aglianico, piedirosso, fiano, greco e falanghina, si sono fatte largo uve minori, talvolta sconosciute ai più, che sono state riscoperte e salvaguardate, a cominciare da quelle che troviamo nel Casertano. Le terre del Volturno, la zona del Massico e infine quella dell’Asprinio pullulano di nuove e vecchie realtà vitivinicole impegnate nel recupero e nella valorizzazione di varietà allevate solo e soltanto in quei territori: c’è grande fermento, e più volte lo abbiamo detto in questi anni. Valeva perciò la pena provare a darne conto, pur non in modo esaustivo, nel box dedicato tra le pagine della regione.
Puntano sugli autoctoni rari anche i distretti della Costa d’Amalfi e del Vesuvio, dove sono sempre più numerose le interpretazioni di rilievo di vitigni caratteristici: tintore e moscio, ginestra, pepella e ripoli in Costiera, cascaveglia, fosso, canciello e uva del conte dalle parti del Vesuvio, solo per citarne alcuni.
È di tutta evidenza la vocazione bianchista della regione, con Fiano di Avellino e Greco di Tufo vere e proprie punte di diamante dell’enologia regionale: vini di straordinaria complessità, che si esprimeranno al meglio dopo almeno un paio d’anni dalla vendemmia. In grande spolvero anche i bianchi da uve falanghina, varietà trasversalmente presente in tutta la regione. Soffermandoci sui due areali di maggiore vocazione, se la 2021 ha restituito nel Sannio vini con importanti strutture e tenore alcolico, purtroppo qualche volta – ma ci auguriamo sempre meno – appesantiti da residui zuccherini quantomeno anacronistici, la Falanghina dei Campi Flegrei si è contraddistinta per slancio e mineralità.
Non è un paese per rossi? Se il Taurasi resta all’apice della piramide qualitativa, specie quando prodotto secondo determinate idee, grossi passi avanti ci pare di poter cogliere nella nutrita pattuglia di Irpinia Aglianico e Irpinia Campi Taurasini. Sempre sul fronte Aglianico, ci fa piacere dare conto di buone performance sia nell’ambito della Docg Aglianico del Taburno, dove si intravvedono finalmente i frutti di una più oculata gestione del legno e dei tannini, sia nelle denominazioni salernitane, Cilento in primis, dove l’annata 2020 si ricorderà per rossi di ottima fattura, di grande materia e nel contempo provvisti di interessante intreccio acido-sapido.
Anche il Piedirosso continua il proprio exploit, sia nelle versioni più semplici, sia in quelle più complesse, che beneficiano di un misurato uso del legno. Così pure i vini rosa, in grande crescita, sempre più centrati: da uve aglianico, ma anche piedirosso e primitivo, ce n’è davvero per tutti i gusti. Insomma, a bere vino in Campania ci si può divertire in tanti modi diversi.