Il 30 giugno, Stefano Berta, vicepresidente del Consorzio del Vermouth, è stato il protagonista dell’appuntamento “sperimentale” presso La Banca del Vino di Pollenzo, in collegamento con altre due sedi delle cinque: quella di Bologna e quella di Belluno.
L’esperimento si è concluso con esito positivo: Il Vermouth di Torino, dopo quattro assaggi… ha messo tutti d’accordo, portando domande e curiosità tra i partecipanti.
Il Vermouth di Torino: rievocazione di una storia iconica e indimenticabile
Il vermouth nasce nel 1700 a Torino grazie ai Savoia che, imparentati con la casa regnante di Vienna, diedero vita a una serie di scambi gastronomici: dolci, tartufi, spezie, liquori, tra questi il signor Vermouth. La bevanda liquorosa venne così importata in Italia, a Torino, ma mantenne il nome Wermut in tedesco “assenzio”, la spezia primaria, tanto da diventare la più diffusa e coltivata nelle campagne adiacenti la città originaria.
L’antica storia del Vermouth è ricca di rivoluzioni e innovazioni. La prima rivoluzione della bevanda fu da amara e medicinale, con doti “curative”, a godereccia e ricercata. Nei secoli, i liquoristi adattarono il Vermouth ai gusti della società ed ai nuovi stili di vita che danno l’idea del tempo e delle mode che cambiano e tornano.
Nel XVII secolo i liquoristi torinesi modificarono la ricetta, aumentando la gradazione alcolica e lo zucchero per ammorbidire la punta amara dell’ assenzio. Alla ricerca di un equilibrio che rappresenta il più ambito traguardo da raggiungere in ricetta.
L’export del Vermouth ebbe inizio verso la fine dell’800 e lo portò ad essere una bevanda popolare di successo, conosciuta ed apprezzata in tutto il mondo. Nel 1833, il Giornale di Milano parlò per la prima volta di “vero vino balsamico detto Vermouth di Torino”. La fama portò i primi produttori a creare nuove ricette e versioni… nacque infatti il Vermouth rosso, colorato con il caramello come richiedeva il mercato americano.
Nel 1894 il bianco, che pare fosse apprezzato particolarmente dalle dame nei bar e venne definito come “delizia per le signore”, mentre nel 1915 nacque il dry.
Nuovamente oggi il 90% del vermouth viene proposto nella versione originale a base di vino bianco: la moda ritorna e non tramonta.
Vermouth: il culto del demodé che non passa mai di moda!
A metà dell’800, in contemporanea alla grande fama del Wermut, nacque “l’ora del Vermouth”. Prima della cena, donne e uomini, si riunivano nelle osterie e, centellinando, conversavano di argomenti quotidiani: nacque così ciò che attualmente la famosa e anelata “ora dell’aperitivo”
In seguito, il vermouth fu abbinato al cibo e, per meglio unire i conviviali spesso con differenti gusti, ebbe inizio il cosiddetto “piatto di rinforzo” con la specifica funzione di accontentare non solo la generalità dei palati ma far meglio apprezzare la bevanda esaltandone le caratteristiche. Dopo aver spopolato a Milano e Roma, il ritrovo dell’aperitivo uscì dai confini italiani e divenne abitudine quotidiana anche in Spagna e America Latina.
Anche quest’anno il consorzio ha proposto l’antico/moderno format a 20 locali di Torino, che hanno sposato l’iniziativa abbinando a diverse tipologie di Vermouth, servito rigorosamente freddo ad accarezzare l’equilibrio dolceamaro, a piattini sfiziosi.
Regole ed estro
L’unione europea ha riconosciuto l’IGP (Indicazione geografica protetta) ed un disciplinare di produzione che indica le regole condivise da rispettare nella produzione. Nel 1993 è stata stipulata la normativa italiana riguardante il vermouth che fornisce le indicazioni generali al fine di caratterizzare il prodotto (gradazione alcolica minima, tenore zuccherino, percentuale in volume del vino base e delle sostanze aggiunte). Il primo Regolamento comunitario che individua le Indicazioni geografiche per i vini aromatizzati è il Regolamento CE n. 1601 del 10 giugno 1991, che per la prima volta riconosce e tutela il Vermut di Torino. Nel 2019 nasce il consorzio, che rappresenta il 95% della produzione totale. L’organismo s’impegna nel progetto di tutela e promozione della bevanda IGP sia in Italia che all’estero. I produttori all’interno del consorzio sono, ad oggi, 27 e producono più di 50 etichette differenti, ognuna con le sue peculiarità e tonalità di colore.
Nonostante il produttore debba attestare alle regole del Consorzio per aderirvi, la firma nella produzione è caratterizzata dalle spezie, coltivate in Piemonte come da Disciplinare.
“L’artista è e rimarrà sempre il produttore” afferma Stefano Berta.
Chi lo produce detiene l’arte di miscelare. Lo scopo è ottenere un profumo ed un colore costante, due elementi chiave nella qualità del Vermouth. L’assenzio è la spezia fondamentale, ma sono 90 le ammesse e ne vengono usate dalle 15 alle 30. La preferenza di alcune erbe rispetto ad altre, oltre che a valorizzare il territorio, determina la ricetta che è ovviamente… segreta! L’estrazione delle spezie e l’affinamento del vino sono i tratti della bevanda. La concentrazione di alcol influisce sulla concentrazione degli aromi: la quantità di zucchero è parte del segreto. Ognuna di queste variabili stabilisce una nuance ed un profumo differente. Le spezie utilizzate sono così segrete che l’organismo di certificazione, durante i controlli, ha unicamente la possibilità di verificare la presenza di artemisia (assenzio), ma non di conoscere le altre.
Il produttore è l’artista poiché deve essere abile nell’intrecciare l’aspetto tecnologico con quello sensoriale, in bocca: l’amaro ed il dolce. I due sapori si contrappongono: più il vermouth è dolce e maggiormente è presente l’aromatizzazione intensa a livello di amaro.
L’ora del Vermouth in degustazione:
- Casa Cinzano 1757 Vermouth di Torino Extra Dry
Il colore è scarico o meglio, trasparente. Al naso il bouquet è ricco di erbe e spezie. In bocca i fiori ed i frutti sono intensi con un sentore agrumato/fresco, mentre lo speziato sparisce (tipico di quelli bianchi). Tipologia di vermouth sempre più nota ed importante nella mixology.
- Antica Torino Vermouth di Torino Bianco
Colore più intenso rispetto al precedente dry. Il colore tradizionale della bevanda di Torino è bianco. Il naso è aromatico con un mondo floreale e fruttato di vaniglia ed un aroma intenso di moscato. Essendo così prevalente la sensazione dolce, quella amara è meno presente. In bocca persiste la nota dolce e l’equilibrio è spostato verso questo sentore: come in origine. È il profumo del vermouth che caratterizza l’800!
- Tosti Vermouth di Torino Sup. Riserva Taurinorum;
Al naso forato e speziato, ma colore ambrato. Nonostante anche in questo caso l’equilibrio dolceamaro è spostato verso il dolce, potrebbe corrispondere (sia per aroma che colore) al vino aromatizzato dell’800.
- Chazalettes Vermouth Rosso della Regina
Al naso sono presenti profumi floreali e fruttati, ma l’erbaceo domina. È rouge con tonalità che implicano l’utilizzo di vino rosso. La sensazione amara è evidente: lo zucchero è sempre uguale, ma la presenza di assenzio è superiore. Il Vermouth rosso è utilizzato per lo più nei cocktail
foto courtesy of Consorzio del Vermouth di Torino