Essere Franciacorta

Trovarsi una sera d’inverno, in un salotto, con giovani amici produttori della Franciacorta, per dibattere e conversare su argomenti legati al mondo del vino, ricorda scene d’altri tempi.

Eppure, questa atmosfera creata dalle persone, qualche sera fa nei locali di “Al Malò” di Rovato, è sembrata molto attuale per la modalità con cui si è svolta e per i contenuti emersi, spesso spigolosi ma trattati con molta trasparenza ed onestà intellettuale.

Avvolti da archi di pietra, seduti su poltrone colorate con i bicchieri schierati per la degustazione, il tema della serata è ruotato attorno all’annata 2022, calda e siccitosa, che ha richiesto un’attenta analisi ed un’accurata interpretazione da parte dei viticoltori. L’eterogeneità delle uve di partenza, del lavoro svolto in vigna e in cantina ha trovato riscontro nell’assaggio delle cuvée destinate al futuro “Franciacorta Brut”. Vitigni, suoli, tipologia di allevamento, esposizione ed età dei vigneti. Ma non solo: anche l’andamento climatico dell’annata ha contribuito ad imprimere certe sfaccettature alle uve e ai vini, nonostante le difficoltà.

 

 

Il quadro che ne esce è molto confortante e di grande fiducia nei confronti delle persone e del loro lavoro. C’è un gruppo di produttori virtuosi, innovativi, coesi e liberi di potersi esprimere nella creazione di quello che vuol essere, e deve essere, un vino territoriale. Certi che il vino concepito solo secondo standard di prodotto e senza personalità, possa rappresentare alle volte un limite e non sempre un vantaggio.

Questo non significa togliere spazio alla tecnica, anzi, ma aumentare le possibilità e le diversificazioni nell’utilizzo dei contenitori e dei metodi di vinificazione, sviluppando la sensibilità delle persone e consolidando quell’unione tra uomo e terra che, non dobbiamo avere paura a dirlo, si ritrova nel concetto di “terroir”.

Questo termine, che non ha traduzione nella lingua italiana, trova una completa spiegazione nelle parole di Armando Castagno, persona di spicco nel panorama enologico internazionale e Professore di Storia dell’Arte dei territori del vino e Geografia del Terroir presso l’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo: “Il terroir è uno spazio geografico delimitato, abitato da una comunità umana e caratterizzato da una attività agricola. Il prodotto agricolo è messo in valore nel corso del tempo dal lavoro della comunità, determinato dall’attitudine del luogo, custodito dal vigore della sua biodiversità e qualificato dalla virtuosa interazione tra luogo e cultivar. La comunità umana discute, elabora e adotta un patrimonio collettivo di regole produttive di base, condivise e accettate; pone a disposizione di tutti l’esperienza accumulata lungo tale percorso di conoscenza in ogni modo possibile. Nessun terroir viene a crearsi per mera iniziativa individuale, o per via progettuale, opportunistica o politica”.

Questi concetti, calati in ogni territorio, significano essere quel territorio. Ed allora, diciamolo con convinzione, che in Franciacorta c’è un gruppo, anche emergente, di persone che sente di essere Franciacorta e che sposa fino in fondo il concetto più alto di terroir.