Come sono andate Basilicata e Campania su Slow Wine 2019?

BASILICATA

Certo i numeri sono abbastanza chiari: in questa piccola regione di poco meno di 600.000 abitanti la coltivazione della vite è in netta ritirata. Non prendiamo come riferimento gli anni d’oro, basta dare un’occhiata agli ultimi dieci: rispetto al 2009 la superficie vitata è passata da 4500 a 1800 ettari, dimezzandosi in provincia di Potenza (da 3000 a 1400) e riducendosi di due terzi nel Materano (da 1500 a 500 ettari). La produzione di vino è attestata, secondo gli ultimi dati relati al 2016, a 86.000 ettolitri, mentre nel 2009 erano 144.000 e ben 267.000 nel 2005.
A mitigare i riscontri di queste cifre impietose, c’è il fatto che oggi circa i due terzi delle etichette commercializzate sono a denominazione, e che il vino da tavola è passato, sempre dal 2005, da 206.000 ettolitri a 29.000. Ma è anche vero che negli ultimi undici anni la quantità complessiva di vino Doc e Igt è rimasta pressoché la stessa.
Facili, dunque, le conclusioni: la viticoltura di quantità, ultimo scampolo dei favolosi anni Venti, quando la Lucania dissetava l’Italia e in parte anche la Francia, è in via di estinzione, ma quella di qualità non riesce a conquistare nuove fette di mercato, in una parola si difende.
Senza insistere troppo sulle ormai consuete analisi (ritardo clamoroso nell’organizzare un consorzio, divisioni tra i produttori, difficoltà logistiche e assenza di un mercato regionale interno, sostanziale rinuncia alla produzione di bianchi e rosati), preferiamo piuttosto parlare degli assaggi positivi in cui ci siamo imbattuti durante le visite e le degustazioni. Ebbene sembra che finalmente sia stata abbandonata l’interpretazione del vitigno principe, l’aglianico, che appesantiva il vino attraverso surmaturazioni, concentrazioni ed eccessi nell’uso dei legni di affinamento. Finalmente stanno tornando sulle tavole vini più bevibili e slanciati, e parallelamente l’esibizione muscolare della grande etichetta in bottiglie pesanti è sempre più circoscritta. Inoltre si sono anche sviluppate forme associative nuove, capaci di rapportarsi all’esterno in modo più dinamico ed efficace.
Nonostante le difficoltà, noi continuiamo a pensare che questo territorio esprima solo in minima parte le sue straordinarie potenzialità: la sua bellezza incontaminata, la magia dei monumenti, delle chiese, dei borghi antichi, del paesaggio: tutto questo insieme di eccellenze ha tante carte da giocarsi in un mondo sempre più uguale e omologato, e Matera Capitale della Cultura nel 2019 è sicuramente un’opportunità che i produttori devono saper cogliere.

 

VINO SLOW

Aglianico del Vulture Daginestra 2015, Grifalco

Aglianico del Vulture Serra del Prete 2015, Musto Carmelitano

Aglianico del Vulture Teodosio 2015, Basilisco

Aglianico del Vulture Titolo 2016, Elena Fucci

 

GRANDE VINO

Il Lascito s.a., Cantine del Notaio

 

CAMPANIA

Con una produzione di poco superiore a 1.200.000 ettolitri, la Campania rappresenta una piccola nicchia nel mondo del vino italiano, ben lontana dai livelli quantitativi raggiunti da altre regioni. L’interesse dell’appassionato è però accesso dalla poliedricità della viticoltura campana, espressione delle sue profonde differenze antropologiche e territoriali, oltre che erede di una tradizione antichissima che ancora oggi ha il suo peso concreto. Tanto per cominciare la torta produttiva si può dividere a metà tra bianchi e rossi (quasi inesistenti i rosati), tutti da vitigni autoctoni. Una biodiversità che si è riuscita a esprimere e valorizzare anche a livello commerciale, e dunque che sopravvive alle abitudini dei contadini.
La luminosità, il suolo vulcanico, la gestione dei vigneti quasi esclusivamente in collina, anche sino ad altezze che superano i 600 metri, e l’abbondanza di acqua sono le condizioni naturali che coniugate al progresso tecnico e nelle conoscenze in vigna e in cantina regalano vini originali e interessanti, capaci, come l’Aglianico e il Fiano di Avellino, di sfidare il tempo oltre ogni immaginazione.
Proprio il Fiano di Avellino è quello che regala maggiori soddisfazioni anche negli assaggi di questa edizione della guida, grazie alla decisione di una pattuglia sempre più nutrita di produttori di aspettare un anno in più prima di uscire in commercio. Anche nel Cilento, unico territorio non vulcanico della regione,  ne abbiamo trovato ottime espressioni. Il caldo e la stagione siccitosa sembrano aver fatto bene a quei vitigni che sono allocati nelle aree più torride della regione, parliamo di falanghina e di piedirosso dei Campi Flegrei, che ormai sono delle vere e proprie chicche grazie a una straordinaria capacità di interpretarli in chiave moderna, che però ha radici antiche. Due vitigni che costituiscono la base della viticoltura del Vesuvio, in decisa crescita. Con Aglianico e Falanghina è risultata in ottimo spolvero anche la locomotiva Sannio, dove si produce più della metà del vino campano, l’unico territorio anche ben organizzato con un Consorzio che funziona bene e che adesso è seguito dal Vesuvio, dal Salernitano e finalmente anche dall’Irpinia. E se il Greco di Tufo è apparso un po’ in affanno in degustazione con il millesimo 2017, vogliamo sottolineare con gioia la nuova voglia di investimento che nel Casertano abbiamo riscontrato sull’Asprinio d’Aversa, il vino di cui cantò le lodi Mario Soldati, in parte allevato con le vigne ad alberata: un patrimonio colturale e culturale su cui il territorio si è molto impegnato nella tutela in questi ultimi anni.
Insomma, la Campania è una regione che, anche grazie al suo enorme mercato interno di residenti e turisti, conserva una buona tonicità complessiva, e nella quale c’è sempre qualcosa da scoprire per l’appassionato in cerca di novità, come la ripresa del Gragnano, le sperimentazioni biodinamiche sul Vesuvio e nel Cilento, l’uso parsimonioso del legno in alcuni Fiano. Una regione in cui persino la cronica scarsa organizzazione favorisce a modo suo il fascino dell’esplorazione.

 

VINO SLOW

Aglianico del Taburno Vigna Cataratte Ris. 2010, Fontanavecchia

Aorivola 2017, I Cacciagalli

Campi Flegrei Falanghina 2016, Contrada Salandra

Campi Flegrei Falanghina 2017, Agnanum – Raffaele Moccia

Cilento Fiano Pietraincatenata 2016, Maffini

È Iss Prefilloxera 2014, Tenuta San Francesco

Fiano di Avellino Ape 2016, Petilia

Fiano di Avellino Serrapiano 2016, Torricino

Fiano di Avellino Tognano 2015, Rocca del Principe

Greco di Tufo Torrefavale 2016, Cantine dell’Angelo

Sabbie di Sopra il Bosco 2016, Nanni Copè

Taurasi Libero Pensiero Ris. 2008, Villa Diamante

Taurasi Puro Sangue Ris. 2013, Luigi Tecce

 

GRANDE VINO

Costa d’Amalfi Fiorduva 2016, Marisa Cuomo

Fiano di Avellino Stilema 2015, Mastroberardino

Fiano di Avellino Ventidue 2016, Villa Raiano

Greco di Tufo 2017, Pietracupa

Taurasi Macchia dei Goti 2014, Antonio Caggiano

 

VINO QUOTIDIANO

Bacioilcielo Bianco 2017, Viticoltori De Conciliis

Campi Flegrei Falanghina 2017, La Sibilla

Falanghina Campanelle 2017, Casa Setaro

Falanghina del Sannio Alexia 2017, Fattoria Ciabrelli

Falanghina del Sannio Guardia Sanframondi 2017, Corte Normanna

Falanghina del Sannio Preta 2017, Capolino Perlingieri

Falanghina del Sannio Taburno 2017, Nifo Sarrapochiello

Falanghina del Sannio Taburno 2017, Torre Varano

Falanghina del Sannio Taburno Macére 2017, Torre del Pagus

Sannio Greco Trois 2017, Cautiero

Vesuvio Falanghina Verso Bio 2017, Sorrentino

 

Potrete incontrare i responsabili delle aziende segnalate qui sopra, e assaggiare i loro vini, durante la presentazione di Slow Wine 2018, prevista sabato 13 ottobre a Montecatini Terme. Per informazioni e prenotazioni sulla grande degustazione clicca qui.