BianchIrpinia 2012: a casa dei grandi bianchi italiani.

La Campania del vino ha cessato, ormai da qualche vendemmia, di cercare paragoni possibili per la sua produzione enologica. I vini campani sono diventati esempi da emulare per qualsiasi territorio che abbia l’ambizione di porre la propria produzione enologica al vertice dello scacchiere qualitativo della viticoltura, non solo nazionale. I fattori di questo successo sono molteplici ma, fondamentale, è il connubio tra una vocazione millenaria alla viticoltura e il maturo e sapiente approccio produttivo di un sempre più folto numero di produttori.

 

In tale contesto, così promettente, si colloca l’egregio lavoro di comunicazione svolto da tanti professionisti che hanno saputo inquadrare l’esatto momento storico della viticoltura campana e trasmetterlo a tutti i soggetti interessati. Noi siamo tra questi soggetti e non ci siamo lasciati sfuggire l’invito a BianchIrpinia 2012, evento dedicato alla produzione bianchista irpina e tenutosi ad Aiello del Sabato in Provincia di Avellino a metà Novembre.

 

Dicevamo di alcuni professionisti che hanno saputo inquadrare il momento storico dell’Irpinia del vino… appunto tra questi spicca la Miriade & Partners, società organizzatrice di eventi che ha saputo trovare le energie necessarie per riportare alla comune attenzione i grandi bianchi irpini dopo alcuni anni di pausa dalla rassegna “Terra Mia” che fece conoscere a tanti di noi i primi vagiti di uno splendido terroir italiano quale quello irpino.

 

Se Diana Cataldo e Massimo Iannaccone costituiscono il cuore pulsante e organizzativo di Miriade, il resto del gruppo, gli & Partners, sono da ricercare in Paolo De Cristofaro, amico, collega e tra i protagonisti della corretta comunicazione del legame vino-suolo di origine, e Raffaele Del Franco (qui una sua biografia firmata dall’amico Paolo), colonna organizzativa, valente degustatore e, da questa edizione così almeno mi è parso, simpatico disturbatore da talk show.

 

Insomma queste persone ci sanno fare e me ne sono subito accorto quando arrivato in sala per la cerimonia di apertura mi sono trovato sotto i bicchieri una cartina geografica dei comuni che possono produrre Fiano di Avellino e Greco di Tufo Docg.

 

Incantenare il concetto di personalità di un vino alla collocazione geografica della vigna è il motivo che innerva la presentazione di De Cristofaro. Attenzione però, personalità non significa gerarchia qualitativa. Paolo in questo senso è molto attento con le parole. L’idea di Cru è affascinante, chiaro, ma potrebbe risultare superficiale se affrontata in un contesto storico-enologico ancora in fase di formazione e affermazione.

 

Invece l’attenzione è posta, in modo intelligente, sulla divisione in macroaree che possono generare diversità e quindi complessità e quindi fascino nei vini prodotti. Un’introduzione davvero avvincente, dove i tecnici chiamati a descrivere la suddivisione dei vari areali, hanno confermato l’eterogeneità del territorio con la conseguente diversità espressa delle uve messe a dimora.

 

Azzeccato, direi, anche il momento della degustazione. Come specificato dagli organizzatori “una collocazione temporale non casuale…. Fortemente voluta per dare piena dignità ai bianchi campani (irpini in particolare), sottolineando una volta di più quanto sia importante e per certi versi necessario confrontarsi con questi vini dopo un adeguato tempo di affinamento”. Queste parole sono apparse tanto più vere al momento della degustazione dei Fiano di Avellino 2002. Sei vini di assoluta integrità e fascino.

I due giorni di degustazione hanno visto l’annata 2011, protagonista in entrambe le Denominazioni. A lato delle singole prestazioni, salta al palato l’incredibile integrità acida di questi vini, soprattutto se collocata nel quadro generale dei bianchi italiani 2011 generalmente privi di quel nerbo acido necessario alla piena espressività. Seppure distanti dalla eccellente qualità della vendemmia 2010, i bianchi irpini hanno esibito armonia, profondità e piacevolezza in grado di ben rappresentare la straordinaria vocazione del territorio.

 

Greco di Tufo*

 

L’area del Greco di Tufo è la più piccola, in rapporto all’estensione del territorio ma non alla superficie vitata, tra le denominazioni irpine. Sono soltanto otto i comuni che possono ospitare nei propri confini vigneti di Greco a Docg e sono Altavilla, Prata Principato Ultra, Santa Paolina, Montefusco, Torrioni, Chianche, Petruro e naturalmente Tufo. La Doc fu riconosciuta nel 1970, la Docg nel 2003.

 

È una zona per molti versi omogenea, caratterizzata dall’influenza del fiume Sabato, dalla presenza di pendii ripidi, da terreni argilloso-calcarei di origine vulcanica molto difficili da lavorare, nonché dalla ricchezza minerale del sottosuolo. E’ una zona al tempo stesso molto eterogenea, nella quale si evidenziano sostanziali differenze per quanto riguarda le altitudini dei vigneti (distribuiti tra i 300 e i 700 metri), il microclima, i sistemi di allevamento, le esposizioni, le dimensioni degli impianti.

 

Variabili visibili, misurabili, confrontabili, che si trasferiscono ai singoli vini e che sempre di più sarebbe possibile toccare con mano con l’aumento del numero di cantine produttrici. Se non fosse per il fatto che la proprietà nelle zone del Greco è estremamente frazionata, e sono ancora relativamente pochi gli esempi di vinificazione in purezza di singole sottozone o addirittura di singoli vigneti. La maggior parte delle aziende, infatti, è costretta a lavorare piccole partite, e i vini sono quasi sempre il risultato di un blend di zone diverse.

 

La superficie iscritta alla Docg conta poco più di 800 ettari, rivendicata per quasi il 90%: nel 2009 – ultimi dati disponibili – le 564 denunce di produzione hanno interessato un’area di circa 700 ettari, per una produzione complessiva di 38.469,44 ettolitri e poco più di cinque milioni di bottiglie. Dati che rendono l’area del Greco di Tufo la più produttiva tra le tre Docg irpine.

 

La degustazione
Trenta sono stati i campioni di Greco di Tufo 2011 messi a nostra disposizione. Ho deciso di non pubblicare tutta la degustazione per la mia naturale antipatia alle note seriali di degustazione, preferendo una macro-divisione in conferme, sorprese, rivedibili.

Conferme

Pietracupa Greco di Tufo 2011
Il talento di Sabino Loffredo è ormai assodato e il Greco 2011 ne è un’ulteriore prova. Grintoso, puro, nobile (sembra il grido di battaglia porthosiano ma non lo è) ha nella matrice sapida-agrumata la sua sontuosa espressione gustativa.

Bambinuto Greco di Tufo 2011
A questo giro anche la vigna Picoli ha convinto e anche molto. Ma da sottolineare ancora il Greco di Tufo quotidiano, quello che berresti ogni giorno, a ogni ora. Succoso e balsamico, equilibrato e ricco di frutto. Complimenti.

Donacchiara Greco di Tufo 2011
Altra conferma. Vino di bella complessità, con un’espressione cristallina di frutta tropicale, piacevole e mai sopra le righe. Palato semplice ma di ottima armonia.

 

Sorprese


Monte Gloria Greco di Tufo 2011
Espressione naturale del vitigno, ottenuta attraverso un probabile contatto prolungato sulle fecce. Il vino lavora più sui contenuti che sulla correttezza espressiva. Ma il palato è veramente ricco di energia e sapidità.

Vigne Guadagno Greco di Tufo 2011
Grande personalità anche se l’alcol tende a coprire. Vino di bella armonia e carattere. Apre su toni gessosi, poi frutta e nota balsamica. In bocca ha spinta e dinamismo; tende ad asciugare ma l’espressività è notevole

Di Prisco Greco di Tufo 2011
Certo la sorpresa in questo caso è solo per noi. Forse troppo giovane negli assaggi estivi, appare ora in grande spolvero. Elegante, afferra il palato attraverso un sorso pieno e concentrato dove l’acidità e la materia sono perfettamente fuse. Davvero buono.

Rivedibile

Mastroberardino Greco di Tufo Novaserra 2011
Non in grande forma. Mi è sembrato eccessivamente tecnico e poco caratteriale. In bocca ha materia ma poco servita dal necessario succo.

 

Fiano di Avellino

L’area del Fiano di Avellino è la più ampia tra le denominazioni irpine, in rapporto all’estensione del territorio ma non alla superficie vitata, che è di quasi un 30% inferiore rispetto a quella del Greco di Tufo.

 

L’areale comprende 26 comuni ubicati tra la Valle del Calore, la Valle del Sabato, le falde del Monte Partenio e le colline che guardano al Vallo di Lauro. Si tratta ovviamente di una zona piuttosto eterogenea sotto tutti i punti di vista, nella quale si evidenziano sostanziali differenze per quanto riguarda le altitudini dei vigneti, i microclima, i sistemi di allevamento, le esposizioni, le dimensioni degli impianti, le scelte vendemmiali.
La Doc fu riconosciuta nel 1978, la Docg nel 2003.

 

Le altitudini oscillano dai circa 300 agli oltre 650 metri sul livello del mare, la stessa variabilità si ritrova nei terreni, di base argilloso-calcarea con elementi vulcanici, più sciolti in alcune zone, più tenaci e compatti in altre, addirittura su roccia viva in altri siti ancora.

 

La superficie iscritta alla Docg conta poco più di 550 ettari, rivendicata per oltre il 75%: nel 2009 – ultimi dati disponibili – le 362 denunce di produzione hanno interessato un’area di circa 430 ettari, per una produzione complessiva di 22.787,18 ettolitri e poco più di tre milioni di bottiglie.

La degustazione
I Fiano di Avellino sono stati 36 tra annata 2011 e 201. Qui troverete una selezione che segue quanto avevo detto per il Greco.

 

Conferme


Villa Diamante Fiano di Avellino Vigna della Congregazione 2010
L’essenza di Montefredane. Vino splendido da un’annata altrettanto splendida. Domina il frutto in questa fase in armonia a sentori affumicati e sottobosco. Il palato è ricco, estrattivo ma di grande forza acido-sapida. Versione monumentale

Ciro Picariello Fiano di Avellino 2011
Summonte non è più serva di nessuno. Il Fiano di Ciro stacca ancora una volta il biglietto per un posto in prima fila tra i protagonisti del territorio. Note affumicate e balsamiche, floreale per un palato ricco di contrasto, succo e incredibile serbevolezza.

Pietracupa Fiano di Avellino 2011
Ci ripetiamo. Fiano di grande classe, giocato apparentemente sulla sottrazione ma in realtà capace di articolarsi attraverso spinta e sapidità. Naso di grande pulizia e rigore. Versione austera e ricca di classe.

Sorprese


Cantina del Barone Fiano di Avellino Particella 928 2011
Non conoscevo Luigi Sarno, questo vino me ne ha fatto venire voglia. Umorale, materico sembra avere nella spontaneità e nel carattere naturale le sue doti migliori. Fiori gialli, semi di finocchio al naso, per un palato ampio e grasso ma non stucchevole.

Vigne Guadagno Fiano di Avellino 2011
Come nel Greco, anche nel Fiano si percepisce un’indubbia capacità interpretativa del territorio. Accenno solfureo poi intense note gessose, frutta e spezie piccanti. Bocca articolata, saporita e in piena armonia.

Feudi di San Gregorio Fiano di Avellino Pietracalda 2011
Per me una sorpresa. Prima volta che mi piace un vino dei Feudi, anzi la seconda. Era già accaduto nelle sessioni di degustazione in vista di Slow Wine 2013. Tecnico, lo ammetto, ma quanta sapienza, quanta purezza espressiva in questa mirabile prova di Fiano.

Rivedibile


Tenuta Cavalier Pepe Fiano di Avellino Brancato 2010
Se ne è parlato molto nei giorni irpini. Un vino fuori fuoco, dominato dal legno. Ci pare devii da quell’urgenza di comunicare il territorio, apparsa come il filo rosso di questa manifestazione. Un vino da ripensare proprio partendo dalla filosofia produttiva.

 

*Per questa introduzione alla Denominazione e per quella del Fiano, abbiamo utilizzato il materiale stampa fornito dagli organizzatori. Inutile cercare altre parole quando sono state già sapientemente scritte