Nbt, ecco perché le nuove tecnologie genetiche non convincono Slow Food

Da un paio d’anni a questa parte il dibattito attorno al tema delle manipolazioni genetiche in ambito agricolo è stato occupato principalmente dalle Nbt (New breeding techniques), tradotte in italiano in Tecnologie di evoluzione assistita (Tea). Sono la prossima frontiera del progresso in agricoltura? Queste nuove di tecniche di manipolazione genetica sono davvero una soluzione o sono invece potenzialmente dannose, come gli Ogm?

La legislazione europea

Slow Food: Nbt non convincono. Il dibattito attorno a questa nuova tecnica è molto accesso e le pressioni di molti stati membri sull’Unione europea per la loro liberalizzazione sono forti. Nei prossimi mesi (probabilmente ad aprile), in seguito a sollecitazioni di Paesi e aziende private, la Commissione europea pubblicherà i risultati di uno studio su queste tecnologie. Slow Food e molte altre organizzazioni della società civile criticano le modalità con cui si sta conducendo questo studio. A partire dal fatto che si basa, ad esempio, su un questionario molto parziale, dove si trascurano aspetti fondamentali per una decisione obiettiva.

In attesa degli sviluppi (che seguiremo da vicino su queste pagine, anche grazie al lavoro dell’ufficio Slow Food a Bruxelles), cerchiamo di chiarire la posizione di Slow Food sul tema. L’argomento merita però un approfondimento e per questa ragione stiamo preparando un position paper che toccherà in maniera esaustiva tutti gli aspetti che riteniamo necessario prendere in considerazione.

Nbt: il no di Slow Food è coerente alla sua storia

La posizione di Slow Food sul tema ha salde radici nei suoi trent’anni di storia di conservazione del patrimonio culturale, di varietà, di razze, di saperi tradizionali e di sistemi agroalimentari che ci hanno portato oggi a sostenere politiche attive in decine di paesi nel mondo. Sempre la stessa visione, con le dovute innovazioni e con molti approfondimenti in più, ma sempre quella.

Slow Food Nbt
Il produttore Francesco di Gesu in campo durante la raccolta del pomodoro siccagno nostrale di Villalba. Foto scattate presso l’azienda agricola Calafato. Presidio del Pomodoro Siccagno – Villalba (Caltanisetta) Sicilia.

 

Non c’è nessun atteggiamento dottrinale nella posizione associativa sul tema delle Nbt, c’è solo coerenza e riflessione che si basa sulla conoscenza del mondo della produzione e sulla necessità di continuare a insistere per quel cambio di paradigma di cui oggi (finalmente) tanti riconoscono l’urgenza. Ci chiediamo, piuttosto, cui prodest? Perché crediamo sia utile fare una vera riflessione su quale sia oggi la spinta che porta a considerare le Nbt un’opportunità.

È indubbio, a nostro avviso, che le Nbt oggi diventino lo strumento per nascondere la polvere sotto il tappeto, laddove la polvere è il disastro che l’agricoltura industriale ha determinato attraverso modelli di produzione indifferenti ai temi dell’ambiente e del cambiamento climatico.

Paradossalmente, noi oggi sentiamo dire che le varietà modificate con Nbt siano indispensabili per poter consentire una produzione agricola che soffre del cambiamento climatico. E addirittura servirebbero per produrre in modo sostenibile: è evidente che questo non è un cambio di paradigma, ma è solo l’ennesima soluzione (innovativa, non c’è dubbio) portata avanti con le stesse logiche responsabili dei danni che oggi dobbiamo riparare.

Slow Food ha grande rispetto per la ricerca scientifica

Affrontare questo tema per Slow Food significa anche ribadire con forza che con le nostre posizioni non abbiamo posto veti specifici sulla sperimentazione, finanche in tema di Ogm. Slow Food ha un grande rispetto per la ricerca scientifica, purché condotta in modo sicuro e non guidata da mero scopo di lucro.

Non siamo, per fortuna, di fronte a uno strumento meccanico in cui il funzionamento può essere previsto e pienamente predeterminato. È demagogico, e probabilmente anche tecnicamente errato, considerare che la trasformazione di una pianta con l’inserimento di un solo gene, per quanto afferente alla medesima specie, sia attribuibile a una routine da laboratorio così semplice. Ed è normale che sia così, trattandosi di organismi viventi.

Le sementi ibride: tomba della relazione tra agricoltore e varietà autocotone

La degenerazione delle relazioni tra uomo e risorse genetiche ha origini antiche, già con la nascita e lo sviluppo degli ibridi commerciali selezionati per l’orticoltura e la cerealicoltura. Un ibrido commerciale di fatto è la ‘tomba’ delle relazioni tra agricoltore e varietà in un determinato ambiente, tra agricoltore e tradizione sementiera, tra agricoltore e contrasto al cambiamento climatico.

Slow Food Nbt

Un ortaggio frutto di un miglioramento genetico privo di qualsiasi legame con il territorio, dal quale non può più essere recuperato il seme anno dopo anno, rappresenta in definitiva la perdita di tante relazioni che nella visione di Slow Food stanno alla base della conservazione della biodiversità dei saperi, delle tradizioni, delle culture.

Quindi una perdita culturale ancor prima che delle semplici varietà. Oggi gli agricoltori del mondo orticolo industriale hanno perso anche il ricordo delle proprie varietà, tranne coloro che con ogni forza le hanno recuperate perché alla fine hanno compreso che sono quelle che resistono davvero, quelle che comunque danno reddito in ogni contesto, che sono adattate all’ambiente senza la necessità di input esterni (prevalentemente acqua e chimica).

Il grano Creso: un caso di miglioramento genetico dal percorso complesso

A sostegno della tecnologia legata al miglioramento genetico viene spesso richiamato il caso del grano Creso (e tanti altri se ne potrebbero portare). Esso sostiene ampiamente la tesi che sta alla base delle posizioni assunte da Slow Food negli anni, non solo adesso su Ogm o Nbt. Non c’è una posizione prevenuta sull’argomento, come invece spesso si vuol fare credere.

L’origine del grano Creso è molto più complessa di un semplice irraggiamento (irradiato con neutroni veloci, raggi gamma e raggi X), perché deriva da una ibridazione in cui l’irraggiamento c’entra solo in una parte. Ma alla fine degli anni ‘60 l’irraggiamento gamma era una scoperta che sembrava di grande innovazione e, al tempo, era una specifica modalità utilizzata dai breeder (orticoltori e frutticoltori) in giro per il mondo per creare variabilità genetica. Una variabilità non guidata, non controllata, ma sul modello spay and pray, cioè fai qualcosa per creare diversità e spera che nella generazione che ne deriva si determini qualcosa di buono. Con gli incroci classici i tempi per creare variabilità erano più o meno gli stessi, ma si partiva da una scelta di parentali con obiettivi chiari.

Slow Food Nbt

La parte rilevante, però, veniva dopo l’incrocio. Le selezioni derivanti da irraggiamento, così come quelle derivanti da incrocio classico, attraversavano un periodo di valutazione in campo con quel processo di osservazione e prova in natura che viene definita “nel tempo e nello spazio”. Questo protocollo ha da sempre caratterizzato il miglioramento genetico vegetale a garanzia della correttezza del risultato, della validità dello stesso e, soprattutto, della stabilità dello stesso. Di certo non a vantaggio del costitutore ma a vantaggio dell’agricoltore. Perché sulla stabilità di un prodotto da miglioramento genetico si è sempre giocato ogni reale vantaggio per l’agricoltore.

Ogm, tecnologia obsoleta e abbandonata dai più

È vero che può esserci una difficoltà a riconoscere ex post le varietà Nbt: vogliamo davvero considerare questo aspetto un pregio? Dove finirà la nostra biodiversità tramandata per anni dagli agricoltori e da generazioni di produttori? E che ne sarà di tutto questo patrimonio appena cominceranno a cedere le resistenze?

Oggi, gli Ogm in molti Paesi vengono abbandonati perché le resistenze agli erbicidi delle varietà Gm non sono garantite, perché la flora spontanea, al contrario, sta diventando resistente agli erbicidi, perché le resistenze sono spesso soggette a perdersi, soprattutto quando sono frutto di “introduzione” senza il consolidamento che deriva dalla lenta selezione negli anni, ecc.

Se scientificamente si sa tutto questo, la spinta alle Nbt non è dunque legata all’industria della genetica e alla futura proliferazione di tante tipologie varietali destinate con ogni probabilità a fallire nel tempo con buona pace per tanta biodiversità? E a fare nel breve un favore alle multinazionali coinvolte nel processo tecnologico? La riflessione va naturalmente oltre il piano tecnico.

Perché le Nbt quando c’è la Mas che aiuta a ridurre i tempi del miglioramento genetico?

Cosa c’entra tutto questo con le Nbt? Il tema è certamente lo stesso e il rischio oggi di perdere risorse genetiche tradizionali e adattate da anni, e anno dopo anno, nei diversi territori, è altissimo.

Esiste oggi una tecnologia in grado di accompagnare e ridurre moltissimo i tempi del miglioramento genetico senza necessariamente passare per queste tecniche di modificazione del Dna ‘a piacimento’. È la Mas, la Marker Assisted Selection (Selezione Assistita da Marcatori), cioè l’uso dei marcatori molecolari per verificare se l’incrocio classico è stato efficace nel trasferire un determinato carattere ricercato. Quindi, a chi dice che le Nbt servono a evitare decenni di selezione si risponde che esistono metodi per accorciare molto questi decenni rimanendo però in campo, con la pressione ambientale e magari con una relazione partecipativa che preveda il coinvolgimento degli agricoltori.

Abbiamo perso la vocazione ambientale dell’agricoltura

Abbiamo progressivamente sminuito il ruolo centrale della vocazionalità ambientale. Non è bene fare casi singoli, magari ci sono mille eccezioni, ma se guardiamo al paesaggio agrario del nostro Paese vediamo che, grazie alla chiamata dell’industrializzazione, l’agricoltura si è spinta in areali probabilmente meno vocati e la produzione è stata estremamente legata all’uso di elementi in grado di sostenere crescita e produzione, chimica in primis ma non solo. Anche coperture, anche lavorazioni eccessive per il controllo della flora, produzioni meno di qualità con correzioni durante le trasformazioni.

La risposta alla crisi agricola è l’agroecologia

Invece di fermarsi ai proclami e a ipotetici cambi di paradigma, è necessario al più presto tornare ai modelli dell’agroecologia, sostenere la transizione ecologica, rispettare la vocazionalità ambientale e intraprendere una strada che riporti l’ambiente al centro delle politiche e delle produzioni. Fare, insomma, ciò che è giusto per chi verrà dopo.

Le Nbt servono a fare ora e subito ciò che serve a pochi oggi, indipendentemente da cosa troverà chi verrà domani.

Fatto salvo qualche sincero agricoltore che spera in soluzioni  innovative, le Nbt sono acclamate dal mondo dell’agricoltura industriale che preferisce soluzioni tecnologiche all’agroecologia e alla relazione con la natura.

Mentre noi siamo perfettamente convinti che l’innovazione più importante si trovi in natura, nelle soluzioni che permettono alla natura di stare al centro del mondo della produzione. Tutto difficile nella situazione creata oggi ma se non si avvia una vera transizione non si potrà mai raggiungere alcun risultato. Cambiare paradigma non significa aggiustare di poco il tiro, significa creare un cambiamento epocale che deve coinvolgere produttori, consumatori, politica, distribuzione, società tutta.

Nbt e brevetti: per Slow Food non è una questione marginale

Slow Food Nbt
Zoe Schaeffer Unsplash

 

In ultimo: non è possibile trattare il tema della brevettualità come secondario perché fa parte della necessità di continuare a battersi per una propagazione libera, per un libero scambio di semi e varietà. Strumenti che davvero hanno contribuito a rafforzare la biodiversità e a sostenere la sovranità dei nostri agricoltori. Così come il tema delle denominazioni varietali a seguito di miglioramento genetico sul quale poco si discute ma che, in assenza di regole condivise e certe, rischia di contribuire alla perdita della memoria della storia agricola del nostro Paese.

Non includere questi temi nella grande riflessione sull’argomento delle risorse genetiche e del miglioramento genetico significa in qualche modo tradire decenni di impegno a favore del mondo agricolo, soprattutto di quello di piccola scala.

Francesco Sottile
f.sottile@slowfood.it