Scarti al posto del prosciutto Dop, così le frodi mettono in ginocchio l’agroalimentare

prosciuttoSulla carta erano ritagli di prosciutto crudo stagionato, venduti alle aziende per la lavorazione di pasta ripiena e salumi. Nella realtà si trattava di semplici scarti di lavorazione che sarebbero dovuti essere avviati allo smaltimento.

Non è una notizia che arriva dalla Cina o da qualche industria del junk food degli Stati Uniti, ma dal cuore di una delle migliori aree di produzione salumiera italiana: parliamo infatti di un’operazione dei carabinieri del Nas di Bologna portata a termine ieri in provincia di Parma, dove l’amministratore delegato di un’azienda che produce e commercializza prosciutti è stato denunciato perché ritenuto responsabile di frode in commercio, vendita di sostanze alimentari non genuine e detenzione di alimenti in cattivo stato di conservazione.

Analoghi reati vengono contestati ai rappresentanti di due aziende delle province di Bologna e Modena, per aver messo in commercio tranci di prosciutto crudo etichettati impropriamente come Dop. Nel corso dell’operazione i militari hanno sequestrato oltre 40 tonnellate di prosciutto crudo, per un valore superiore ai 500mila euro.

Le frodi alimentari sono un fenomeno in crescita che ha portato nel 2015 a sequestri per 78,7 milioni nella filiera della carne, stando ai dati raccolti da Coldiretti. Solo pochi mesi fa il comandante dei Nas Claudio Vincelli, nel corso di un’audizione davanti alla Commissione agricoltura del Senato, ha ricordato come dai circa 120mila controlli effettuati negli ultimi tre anni (che hanno portato fra il 2012 e il 2015 a sequestri per due miliardi di euro) sia emerso che un prodotto alimentare su tre presenta anomalie o non conformità.

prosciutto2Un quadro di illegalità endemica, che secondo il sesto rapporto sulle frodi alimentari di Fareambiente produce un giro d’affari da 60 miliardi (considerando anche l’italian sounding) e mette a rischio 300mila posti di lavoro.

Gli illeciti – distinti dalla legge in frodi sanitarie e frodi commerciali – sono di vario genere: la contraffazione consiste nel sostituire un alimento con uno di minor pregio (è il caso delle truffe sui marchi di prosciutto Dop), la sofisticazione nell’aggiunta di sostanze estranee che simulano la genuinità del prodotto (quando ad esempio si aggiunge anidride solforosa alle salsicce per renderle più rosse), l’adulterazione nella sostituzione di elementi propri dell’alimento con altri estranei (per esempio la miscelatura di olio di semi nell’olio d’oliva) e infine l’alterazione nella modifica delle caratteristiche nutrizionali (come quando si altera la data di scadenza in etichetta).

Il primato negativo nelle frodi va ai formaggi Dop, seguiti dalle creme spalmabili e appunto dai salumi. Tra le categorie più colpite ci sono i prodotti della tradizione locale e regionale (nel 32% dei casi), i prodotti Dop e Igp (16%) e i semilavorati come insaccati, sughi e conserve (12%). Come si vede, insomma, le denominazioni di origine pagano un prezzo molto salato all’illegalità: un problema per tutta la filiera alimentare, dal momento che i prodotti Dop e Igp italiani rappresentano il 40% dell’intera produzione a denominazione europea. Nel settore suinicolo, in particolare, il 70% degli animali allevati nel nostro Paese viene impiegato per produrre i salumi che hanno ottenuto il riconoscimento di denominazione d’origine.

 

Andrea Cascioli

a.cascioli@slowfood.it