Salame libero… da conservanti

culatello_zibelloVengono aggiunti come additivi soprattutto in prodotti a base di carne, come insaccati, prosciutti e carni in scatola, ma anche in pesci marinati e a volte in prodotti caseari.

Si tratta di nitriti e nitrati, sostanze addizionate agli alimenti, soprattutto industriali, per preservarli da contaminazioni microbiche ma anche per migliorarne l’aspetto e la consistenza. Se venissero utilizzati solo per aumentare la conservabilità del prodotto, il dosaggio sarebbe molto inferiore a quello attuale: il loro scopo, pertanto, è anche quello di alterare artificialmente alcune caratteristiche dei prodotti, come ad esempio il colore delle carni. L’utilizzo massiccio di conservanti nei salumi è solo uno dei tanti sintomi dell’industrializzazione della produzione alimentare. I nitriti, ad esempio, consentono di produrre salumi utilizzando scarti di lavorazione – dove la contaminazione batterica è molto più alta rispetto alla lavorazione delle intere mezzene – mantenendo il colore rosso della carne.

Tutto ciò a discapito non solo della qualità del prodotto, ma anche della salute dei consumatori. I nitriti, infatti, in ambiente acido (soprattutto nello stomaco) danno origine alle nitrosamine, molecole potenzialmente cancerogene. Mentre i nitrati, che di per sé sono innocui per la salute, in determinate condizioni tendono a trasformarsi in nitriti una volta a contatto con la flora batterica della saliva.

Per questa ragione l’Associazione italiana per la ricerca sul cancro (Airc) sostiene che «il consumo eccessivo e prolungato di insaccati con conservanti è associato ad un aumento del rischio di sviluppare un tumore allo stomaco e all’esofago».

In Italia, le attuali normative di legge, che sono tra le più stringenti in Europa, regolano l’uso dei nitriti come additivi alimentari consendendolo solo in piccole quantità (il limite massimo di nitriti ammissibile per la legge italiana è di 150 milligrammi per chilogrammo di prodotto alimentare).

Oggi sembra imprescindibile e scontato l’utilizzo di questi additivi, tuttavia si dimentica che i salumi sono stati prodotti per secoli utilizzando solo conservanti naturali come sale, pepe, peperoncino, spezie, fumo.

Se dal dopoguerra in poi la pratica dell’utilizzo dei nitriti si è diffusa al punto che perfino molti laboratori artigianali li ritengono indispensabili, esistono ancora (anche se sempre meno numerosi) produttori che realizzano salumi senza conservanti, commercializzati non solo nei propri punti di vendita ma in tutta Italia, senza problemi di conservazione.

culatelloMassimo Pezzani, gestore di Antica Ardenga, una piccola azienda che produce salumi nella Bassa Parmense è uno di loro. L’azienda, che fa parte dei 13 produttori che danno vita al Consorzio del Culatello di Zibello, Presidio Slow Food, ha da poco lanciato il “salame libero”, prodotto senza uso di nitriti né di nitrati.

«Ho tentato di fare un prodotto il più naturale possibile» dice Massimo, «partendo dal presupposto che ormai la stragrande maggioranza dei salumi prevede un uso massiccio di nitriti, nitrati e antiossidanti. Il lavoro che c’è dietro è notevole e la filosofia produttiva completamente diversa, ma sono sacrifici ripagati da un’elevata qualità del prodotto».

«Innanzitutto, i maiali, macellati a 14 mesi di vita e intorno ai 260 chili di peso, sono nati e cresciuti in azienda e alimentati con mangimi privi di Ogm. Ciò significa che, rispetto a un allevamento industriale, la carne lavorata è di qualità superiore, e contiene meno acqua poiché gli animali sono alimentati in modo più sano ed equilibrato. Così facendo si riduce il rischio di proliferazione dei batteri e, con un buon lavoro di asciugatura tramite l’utilizzo di celle frigorifere, si può evitare l’utilizzo dei conservanti. Si tratta di un modo diverso di produrre, che prevede tempi più dilatati e una stagionatura più lenta».

Nel disciplinare dei propri Presìdi, Slow Food segnala che i nitriti vanno evitati, mentre l’utilizzo dei nitrati dovrebbe essere limitato. I consumatori possono capire quali livelli di nitrati siano stati impiegati leggendo l’etichetta e privilegiando quei prodotti che vi ricorrono meno, o che non ne utilizzano affatto.