Nel ripercorrere il primo decennio del pontificato di Papa Francesco sono convinto che la punta di diamante del suo pensiero sia e sarà – perché rimarrà nella storia – l’Enciclica Laudato Si’.
Purtroppo però, proprio quando la forza dirompente di questo documento stava iniziando a essere metabolizzata tanto dal mondo cattolico come da quello laico, ecco arrivare prima la pandemia e subito dopo il conflitto tra Russia e Ucraina. Due eventi che hanno scosso l’umanità intera, depotenziando l’impatto del percorso e dell’impegno che il pensiero bergogliano stava poco a poco mettendo in essere.
La Laudato Si’ è un testo politico e poetico straordinario. È lucidissima nel descrivere la portata del danno che come specie umana abbiamo arrecato all’ambiente, agli esseri viventi e persino ai nostri pari e a noi stessi, impostando i modelli di sviluppo in maniera dissennata; lasciando che la politica fosse schiava dell’economia e l’economia della tecnologia. A quasi otto anni dalla pubblicazione (complici le due crisi, bellica e pandemica), la portata del suo contenuto non è stata compresa appieno.
Attraverso l’introduzione del concetto di “ecologia integrale”, che è una sorta di bandiera del documento, Papa Francesco cambia nel profondo lo scenario del discorso ambientalista e sociale, andando a evidenziare forti interconnessioni fino a quel momento poco esplorate. Non c’è infatti attivismo ambientalista senza attivismo sociale; ciò significa che non è possibile affrontare nel profondo le enormi questioni della salvaguardia ambientale se non le connettiamo strettamente al problema della disuguaglianza sociale.
La gioia del cambiamento
Anche lo stile espressivo di Bergoglio – lucido e dalla prosa educata e ferma – è vincente. Sul finire sostiene infatti di aver compiuto una «riflessione insieme gioiosa e drammatica». Seppure i presupposti siano profondamente dolorosi, alla fine è però la gioia a prevalere. La gioia di poter credere in un cambiamento rivoluzionario, e in una nuova umanità. Sottolineare questo spirito proattivo è sommamente importante.
Chi vuole far credere che la crisi ecologica vada affrontata con il magone – e qui mi riferisco a alcuni politici (anche italiani), così come ai giganti della finanza, dell’industria fossile o delle multinazionali del cibo – sta in realtà cercando di inibire il cambiamento perché in contrasto con i loro interessi. L’angoscia frena la spinta trasformativa, mentre la gioia permette di capire che siamo di fronte all’opportunità di liberarci dal giogo di un vuoto consumismo che ci sta portando dritti al baratro.
Una (non così) sottile differenza: conversione ecologica anziché transizione
Soffermandosi sullo spirito che deve animare il cambiamento il pontefice fa capire che non ci riconcilieremo con la terra e non ci sarà ecologia in assenza di un’adeguata antropologia, ossia di un nuovo umanesimo, un nuovo paradigma da sposare e inseguire. Ecco perché Papa Francesco utilizza con avveduta lungimiranza il termine conversione ecologica, anziché transizione. Quest’ultima può infatti facilmente ridursi a una corsa all’avanzamento tecnologico (da solo non sufficiente), che consente di essere un po’ più sostenibili non mettendo in discussione il paradigma capitalista; causa prima dei gravi problemi dell’attualità.
La conversione ecologica invece introduce l’urgenza di un ribaltamento del modo in cui noi esseri umani abitiamo il pianeta.
Parla di un’ecologia che parte innanzitutto dalle nostre coscienze facendoci guardare senza filtri al depauperamento che abbiamo causato alle risorse naturali, alle possibilità future che ci neghiamo, allo svilimento del nostro esistere. Se faremo la conversione, allora poi potremo attuare anche una corretta transizione, intesa come mutamento radicale dell’uomo e delle cose fatte dall’uomo affinché queste siano volte a un benessere umano pieno e condiviso, e non più al perseguimento di un bieco profitto.
È proprio in questa prospettiva che la Laudato Si’ assume anche una valenza politica, intesa nella sua accezione più vera e profonda di “res pubblica” (che coinvolge quindi tutti i cittadini), dirompente. In un momento storico in cui i governanti sono incapaci di prendere decisioni di ampio respiro e di immaginare un futuro oltre le scadenze elettorali, le parole del Papa ci fanno capire come anche nel nostro quotidiano si può incidere sulle iniquità umane ed ecologiche ambendo all’essere di più, piuttosto che al possedere di più. Sarebbe bello che il decennale di Papa Bergoglio si contraddistinguesse per un movimento globale di cittadini di buona volontà che si impegnano a ridare risonanza e sostanza ai contenuti dell’enciclica. Il cambiamento riguarda il nostro essere, e le azioni che ne dovrebbero seguire vanno – come ricordato – dalle nostre scelte quotidiane relative all’avere, fino a generare un’onda che costringa chi ha più potere a mettere in atto tutte le iniziative necessarie a cambiare rotta.
Carlo Petrini, c.petrini@slowfood.it
su La Stampa dell’13 marzo 2023
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