Lima: un’altra occasione persa

«Riunire le delegazioni di 195 Paesi per discutere di clima e uscire dopo due settimane con un documento debolissimo che rinvia l’appuntamento a Parigi 2015 vuol dire aver perso un’occasione adesso, rimandando di un ulteriore anno interventi tardivi già decenni fa». È questo il commento di Gaetano Pascale, presidente di Slow Food Italia, sulla conferenza Onu di Lima sui cambiamenti climatici (Cop20) che dopo giorni di dibattito si è conclusa ieri a notte fonda, con l’ennesimo compromesso. ghiaccio che si scioglie

Il motivo di queste continue insicurezze, accordi tampone e temporeggiamenti è noto ormai da anni, raggiungere un equilibrio tra i tetti di Co2 emessi dai Paesi del Nord del mondo e quelli delle industrie in via di sviluppo: «I Paesi industrializzati devono assumersi le proprie responsabilità e accettare il maggior peso derivante dalla riduzione di gas serra a disposizione, accompagnando le industrie del Sud del mondo in una crescita sostenibile», continua Pascale. «Tuttavia voglio concludere con un messaggio positivo, auspicando che si arrivi a Parigi 2015 con un accordo che non sia il frutto di un compromesso ma che impegni i Paesi a prendere provvedimenti davvero seri e quantificabili».

Ed effettivamente così dovrebbe essere dato che, sulla base dell’accordo sottoscritto a Lima, i Paesi dovranno presentare all’Onu entro il 1° ottobre 2015 impegni «quantificabili» ed «equi» di riduzione delle emissioni, oltre a una dettagliata informazione sulle azioni da seguire. È poi previsto che gli esperti della convenzione del cambiamento climatico (Ipcc) esaminino l’impatto di tali misure per ogni singolo Paese per verificare se sono sufficienti affinché la temperatura non salga oltre i due gradi in più rispetto a prima della rivoluzione industriale. Sulla base del documento approvato, i Paesi firmatari s’impegnano a rispettare una serie di azioni in vista di Cop21, il cui obiettivo è l’adozione di un accordo universale e vincolante per limitare il riscaldamento climatico a 2 gradi.

«Con Lima è la ventesima volta che le delegazioni si incontrano per discutere di cambiamenti climatici, senza tuttavia giungere a interventi significativi e risolutivi. È un segnale della lentezza con sui si procede nel prendere provvedimenti sul clima. È anche vero che Lima è nata come un appuntamento di transizione perché si punta tutto su Parigi», commenta Luca Mercalli, climatologo e presidente della Società Meteorologica Italiana Nimbus.

Come ormai da anni accade, il nodo da sciogliere è il rapporto tra le emissioni dei Paesi industrializzati, quelli che storicamente hanno inquinato per decenni senza alcuna regola, e quelli in via di sviluppo, che per crescere a un ritmo incalzante hanno impiegato le nostre macchine antiquate e altamente inquinanti: «Adesso è necessario, da un lato definire limiti accettabili per ciascun Paese e dall’altro investire affinché anche chi sta cominciando a produrre adesso possa usufruire di tecnologie adeguate e non così impattanti sull’ambiente», prosegue il climatologo.

Andando oltre la più stringente attualità, e analizzando questo 20 anni di incontri, «L’accordo dei sogni adesso non è più realizzabile, avrebbe avuto senso se fosse andata bene la conferenza di Rio del 1992, invece ogni anno non si fa altro che aggravare la malattia climatica», continua Mercalli. «Quello che possiamo fare adesso è investire le nostre risorse di cittadini e governi in vista di Parigi 2015 affinché il documento che ne uscirà sia buono. C’è da considerare che siamo già oltre e possiamo solo salvare il salvabile».

Il vertice di Lima è cominciato il 1 dicembre 2014, a 9 anni dagli accordi di Kyoto. Intanto, nonostante gli sforzi degli ultimi anni e gli investimenti sulle energie rinnovabili, la crescita delle emissioni di Co2 è aumentata.

Questo, però, non significa che non sia possibile un’inversione di tendenza, come afferma Christiana Figueres, segretario esecutivo della Convenzione delle Nazioni Unite sul clima, che non chiude a una speranza per la Terra: «Mai prima d’ora i rischi del cambiamento climatico sono stati così evidenti e gli impatti così visibili. Mai prima d’ora abbiamo visto un tale desiderio a tutti i livelli della società di agire per il clima, e mai prima d’ora la società aveva tutte le politiche e le risorse tecnologiche intelligenti per ridurre le emissioni di gas a effetto serra e favorire la resilienza».

Fonte: Misna.it, Corriere.it, Repubblica.it

Elisa Virgillito
e.virgillito@slowfood.it

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