C’è stato un tempo in cui i boschi, luoghi di tranquillità e pace, brulicavano di voci e canti. Non parliamo di boschi qualsiasi, ma di quegl’insiemi di alberi maestosi e longevi che per millenni hanno fatto la fortuna delle aree interne d’Italia: i castagneti.
Dal Piemonte all’Emilia-Romagna, passando per il Lazio fino in Calabria, tante comunità montane basavano la loro economia sul castagno che radunava attorno a sé uomini, donne e bambini, ciascuno con il proprio ruolo.
E gli uomini e questi alberi dipendevano, gli uni dagli altri. Se la pianta portava legna, ma anche sostentamento e merce di scambio coi suoi frutti, al pari un castagneto senza cura si spegne, silenziosamente, inselvatichendosi. È quanto accaduto in tante aree d’Italia, oggi protagoniste di una nuova potente rigenerazione della civiltà del castagno.
Due giovani e un castagneto: la storia di Linda e Stefano
Come quella che sei anni fa ha avviato Linda Orlandini nell’Appennino bolognese. Un bisnonno castanicoltore, un fazzoletto di bosco, una laurea e un lavoro; poi la scelta di scommettere, insieme al compagno Stefano, su quella tradizione tanto antica che prima di loro qualcuno aveva deciso invece di abbandonare, magari per spostarsi verso la città.
Eppure «Quando ripulisci il bosco per la prima volta percepisci la potenza della vita – racconta Linda -. Vedi rinascere questi alberi centenari e insieme a loro le fragoline, i mirtilli e tutto il resto delle piante attorno».
Un vero e proprio «progetto di vita» lo chiama lei, con l’obiettivo di invertire la rotta della dimenticanza e far rinascere, proprio dalla castagna, nuove opportunità per i più giovani. «Questo frutto – continua la produttrice – costituisce ancora oggi una risorsa eccellente e versatile perché ha un grande apporto energetico e la sua farina non contiene glutine. Ma va riscoperto, e per quello ci stiamo impegnando a farlo conoscere anche ad altri ragazzi».
Per esempio organizzando corsi di cucina per far scoprire nuovi usi della castagna, e facendo ricerca costante per preservare al meglio la tradizione. L’impegno ha valso alla coppia il riconoscimento tra le migliori farine di castagne essiccate con metodo tradizionale nell’ambito della Rassegna Farine di Castagne d’Italia.
«Questa parte del lavoro è opera di Stefano – commenta Linda -. È emozionante che un giovane di trent’anni venga premiato per una pratica che ha secoli alle spalle».
I due giovani produttori infatti, all’inizio dell’attività hanno acquistato un essiccatoio, la tradizionale struttura in pietra dal tetto in lastre di arenaria utilizzata per seccare le castagne. «Quello della mia famiglia era venuto giù, così ne abbiamo comprato un altro che non veniva utilizzato da trent’anni. Eppure proprio qui i bambini imparavano il mestiere, stando con le donne che erano addette a questa fase e che qui si ritrovavano, condividendola con le altre famiglie. Si stava insieme, c’era aggregazione».
La forza rigeneratrice che parte dalla comunità
Un senso di comunità che oggi torna a vivere: insieme ad altri castanicoltori, la coppia ha dato vita a un’associazione – il Consorzio castanicoltori Alta Valle del Reno, da alcuni anni divenuto anche Comunità Slow Food e oggi animano la rete nazionale dei Castanicoltori di Slow Food, presentata ufficialmente lo scorso settembre a Torino in occasione di Terra Madre. «La rete è un veicolo di conoscenza. Noi ci siamo riscoperti uniti dalla stessa passione per questo albero straordinario e potente e, oggi, ci diamo fiducia e coraggio a vicenda».

E lo fanno non solo per tutelare un mestiere antico, ma per salvaguardare l’ecosistema che i castagni hanno per lungo tempo presidiato. Un bosco tenuto bene garantisce una corretta regimazione delle acque, aiuta a combattere il dissesto idrogeologico e costituisce una sicurezza per la montagna e chi la abita.
«La rete dei castanicoltori di Slow Food – afferma Federico Varazi – lavora per recuperare e diffondere la castanicoltura da frutto come patrimonio collettivo, valorizzandone gli aspetti economico, ambientale e sociale. Un lavoro prezioso e silenzioso quello dei guardiani dei nostri boschi che con la loro opera proteggono la natura anche per noi».
Appuntamento il 19 marzo alla cineteca di Bologna
Il vicepresidente di Slow Food Italia sarà presente il 19 marzo alla cineteca di Bologna per l’iniziativa “Montagna, castagno e città – Insieme è rigenerazione”. Una giornata per riscoprire la civiltà del castagno e ascoltare la voce dei suoi ultimi tenaci portatori di rigenerazione. In questa occasione, che vede protagonisti i castanicoltori di Slow Food, verranno proiettati alcuni filmati brevi e il film “Innesti” che racconta l’affascinante storia di trent’anni di vita di un castanicoltore delle Alpi Liguri.