La buona lista della spesa: il pane

«Se veramente vogliamo comprare un buon pane, la prima cosa da scoprire è la provenienza della farina. Certo il massimo sarebbe se esistesse una forte relazione tra il fornaio e l’agricoltore. La migliore certificazione dovrebbe essere questa, oltre il mulino blasonato, dovrebbe esserci il rapporto tra agricoltore e fornaio, informato sul campo da cui proviene la farina che trasforma in pane».

A indicarci le nuove (o vecchie?) frontiere della panificazione è Matteo Calzolari, anima della Comunità Slow Food del Grano dell’Alto Appennino tra Bologna e Firenze e nodo importante di Slow Grains, rete di produttori e trasformatori che in tutto il mondo recuperano le varietà locali dei cereali, coltivandole e trasformandole in farina, pane e pasta. È a lui che abbiamo chiesto qualche dritta su come poter scegliere uno degli alimenti che mangiamo tutti i giorni e forse quello su cui ci informiamo meno. 

E purtroppo nel pane abbiamo davvero poche informazioni sulle materie prime che vengono utilizzate: «E invece si può aggiungere ogni tipo di sostanza senza l’obbligo di dichiararlo. Come, ad esempio, aggiuntine di glutine o di mix non meglio dichiarati, o ancora preparati pronti: il pane lievita in un attimo e noi non lo sappiamo».

Il pane si fa in campo

L’ingrediente fondamentale del pane è il grano: «La panificazione inizia in campo. Sembra una banalità dirlo, ma la farina deve essere ottenuta da una agricoltura rispettosa dell’ambiente, del suolo senza uso di pesticidi. E badate bene non è solo un vezzo. L’unico senso è che il grano sia biologico, che ai fertilizzati azotati, ai diserbanti e i trattamenti con fitosanitari si preferiscano i metodi dell’agricoltura ecologica. E quindi rotazioni, erba medica, sovescio. I grandi produttori di vino l’hanno capito: senza l’uva pulita, sana non si può fare un buon vino». 

Ora che le regole d’oro le abbiamo imparate, vediamo qualche consiglio per i nostri acquisti in panetteria. 

«Preferiamo sempre un pane di grossa taglia non un paninetto. E guardate che non sia perfetto, c’è il rischio che sia fatto con farina troppo costruita. Deve essere poi ben cotto, con una bella doratura e colore che va dal giallo al marrone, il ché significa che hai cotto il pane in un forno che ha raggiunto le temperature giuste». 

Ancor più utile che conoscere il tipo di farina è chiedere il tipo di macinatura: «Deve essere macinato a pietra è il tipo di macinatura che da il sapore al pane» spiega Matteo.

Buona lista della spesa il pane
Sementia 2020

Acquisto del pane: buono a sapersi

Il primo passo: la filiera

Come sottolineato da Matteo, ingredienti devono essere stati coltivati in modo serio e controllato. La qualità di un prodotto alimentare è soprattutto un racconto che comincia dal luogo di origine.  

La tipologia di farina.

Che cosa vuol dire integrale in Italia.

In riferimento ai cereali integrali e dei loro derivati, quindi ad esempio la farina, la legge 187 del 9 febbraio 2001 determina che una farina «può essere definita integrale quando «il tasso di minerali è compreso tra 1.3 e 1,7 su cento parti di sostanza secca» Questa legge non considera però due fattori essenziali: l’indice glicemico e il metodo con cui si ottiene la farina che, come sottolineava Matteo, dovrebbe essere macinata a pietra.

Se andiamo a vedere i prodotti definiti come integrali, come il pane appunto, la normativa dice per essere tale dovrebbe «contenere almeno il 51% di tutte e tre le componenti del seme: endosperma, crusca e germe» 

La conseguenza di questa dicitura, è che sempre più spesso troviamo prodotti che crediamo integrali ma che a ben guardare sono preparati con la farina bianca raffinata a cui sono stati aggiunti crusca o cruschello. Da farine ricomposte. 

Buona lista della spesa il pane

Come evitare?

Questi prodotti doppiamente raffinati si possono evitare con alcune strategie: osservando bene il pane, ad esempio, se ha un colore di base chiaro, in cui si evidenziano puntini scuri, è senz’altro fatto da una falsa farina integrale. Il vero pane integrale deve avere un colore scuro omogeneo 

Per approfondire le varie tipologie di farine consigliamo «Farine, integrale è meglio?» 

Attenzione! 

Da qualche anno a questa parte compaiono prodotti con nuovi ingredienti e nuove lavorazioni Come, ad esempio, mix di farine preconfezionati e pronti all’uso per la panificazione. Occhio alla composizione.  

Gluten-free: a che cosa fare attenzione

Oggi nelle etichette del pane si leggono sigle e parole sconosciute ai più. Sovente si fa uso di zuccheri raffinati, di collanti artificiali di ingredienti di sintesi e il problema si amplifica con i prodotti gluten free. Sono troppi i sostituti del glutine utilizzati per garantire un prodotto che possa competere con quelli che ne possiedono in grande quantità. Molti di questi sono di origine naturale ma la loro assunzione continuativa e massiccia potrebbe creare problemi. Inoltre, molti prodotti gluten free sono ricchi di zuccheri semplici, che si traducono in un indice glicemico elevato.  

La lievitazione

«La pasta madre è sempre preferibile, apporta anche vitamine B1 e B2. Quel che conta però è preferire prodotti a lievitazione lenta: il tempo rende il risultato più digeribile. Quando il processo dura ore, la farina si scombina, mentre invece in una baguette sfornata la sera al super, il processo fermentativo è ridotto nemmeno un’ora e quindi quello che non succede prima succede nella pancia! In mancanza di pane con lievito madre, meglio chiedere pane che abbia avuto un  processo fermentativo lungo» 

Come scegliere il pane La Buona lista della spesa: il pane
Pane di Matera, Arca del Gusto

Lievito di birra: è utile sapere che…

Utilizzato nella maniera selvaggia della panetteria classica del Secondo Dopo Guerra, è letale o quasi. Quantità spaventose, uso combinato con farne tipo 00 di provenienza industriale, quando non con farine addizionate o addirittura semilavorate (ovvero piene di additivi e “miglioratori” o sfarinati in cui sono già presenti altri ingredienti, come zuccheri, grassi o aromi); riscaldamento forzato dell’impasto dovuto a impastatrici a spirale fatte girare al massimo della velocità; spinta finale della lievitazione in camere più simili a terrai tropicali… 

Tutti questi fattori ovviamente influiscono sulla rapidità di lievitazione, che se da un lato è comoda, così il pane è subito pronoto, dall’altro si traduce nell’effetto contrario a quelli appena visti: mollica uniforme e consistenza “poliristirolosa”: sapore neutro e inesistente, se va bene, se no alcol; conservabile per qualche ora, perché prima di cena diventa un’arma contundente, e quanto alla digeribilità, meglio un mattone a crudo.  

Last but not least: conservabilità

Nel pane è fondamentale. Per questo il consiglio è di abbandonare o comunque limitare i panini. Comprando pani di grande formato lievitati naturalmente, una serie di fattori concorre alla lunga durata, che può arrivare alla settimana. Innanzitutto, la maggiore acidità data dalla pasta madre rallenta il raffermamento e combatte le muffe. Se la pagnotta è di un chilo e più, il maggiore rapporto crosta /mollica e la minore la superficie esposta all’aria, allunga la vita del pane. Stesso effetto hanno una bella crosta e una mollica umida: la crosta spessa tipica dei pani caserecci, fa da protezione rispetto all’uscita dell’umidita.  

L’alta idratazione dà non solo un pane più buono ma più lento a seccarsi. Il risultato? Meno spreco! 

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Fonti

La dieta Slow, di Slow Food Editore