Desertificazione, Italia sempre più a rischio. Dov’è finito il giardino dell’Europa?

La perdita di biodiversità dovuta alla globalizzazione e alla industrializzazione dell’agricoltura rischia di trasformare l’Italia da giardino dell’Europa a paesaggio desertico.

Italia e desertificazione. Basta guardarla su una mappa, per intuire la straordinaria condizione dell’Italia: nel cuore del Mediterraneo, collegamento naturale fra la penisola iberica e quella balcanica, lunga e stretta, aggrappata all’arco alpino e protesa verso le calde regioni africane. Il giardino d’Europa, l’hanno definita viaggiatori illustri come Goethe e Stendhal. E ancora oggi possiede il più importante serbatoio di biodiversità del continente, conservando circa la metà delle specie vegetali e un terzo delle specie animali presenti in Europa. 

Valle d’Itria – © Filomena Giorgino

Ogni ecosistema, anche il più piccolo e fragile (un’isola, una valle montana) ha generato una fitta trama di saperi. Generazioni di contadini hanno selezionato le colture più adatte e le razze più rustiche, escogitatsistemi per coltivare pendii scoscesi e terre sotto il livello del maretrasformato e conservato le materie prime grazie a tecniche raffinatissime. 

La diffusione di ibridi e varietà internazionali

Un patrimonio di biodiversità, sapienza, paesaggi, chenegli ultimi sessant’anni, è stato pesantemente intaccato. Non esiste un monitoraggio nazionale della biodiversità legata al cibo. Solo studi parziali, analisi regionali e, spesso, dati discordanti. Ma è possibile capire quel che sta succedendo partendo da alcuni casi. Alla fine del secolo scorso, in Italia, si coltivavano oltre 400 varietà di frumento, ma già negli anni 90 solo 8 varietà rappresentavano l’80% del seme impiegato e oggisoprattutto per il frumento tenero, gran parte delle varietà sono brevettate di poche multinazionali. 

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Olio Evo dei paesaggi indigeni dell’Egeo © Doga Darnegi

 

Globalizzazione dei mercati e miglioramento genetico sfrenato hanno determinato una forte erosione nel panorama varietale deglalberi da fruttoUn’analisi realizzata su sei specie (albicocco, ciliegio, pesco, pero, mandorlo e susino) ha registrato una perdita del 75% delle varietà locali. 

Sfogliandi cataloghi delle imprese sementieresi scopre che negli anni ’40 offrivano solo varietà locali, negli anni ’60 compare un numero eguale di varietà straniere, e negli anni ’90 si propongono tutte varietà internazionali e ibridi. Oggi le varietà locali e tradizionali si trovano solo presso vivai molto piccoli che riescono con difficoltà a mantenere una rete di agricoltori impegnati nella produzione del seme. 

Chinotto di Savona © Alberto Peroli

Varietà locali a rischio estinzione

La situazione delle razze animali di interesse agricolo è ancora più grave. A partire dagli anni ’50 sono state abbandonate le razze locali a duplice o triplice attitudine, adattate agli ambienti più vari e impervi, a vantaggio di razze cosmopolite specializzate per la sola produzione di latte o di carne.

Alcune decine di razze ancora presenti agli inizi del 900 sono ormai estinte e le superstiti sono in grave riduzione. Dodici razze bovine contano meno di mille femmine, sette (Sardo Bruna, Siciliana, Agerolese, Garfagnina, Bianca Val Padana, Pisana, Pustertaler) sono minacciate e cinque (BurlinaCabanninaCalvana, Montana e Pontremolese) sono in una situazione critica. Delle 53 razze autoctone di polli censite dalla Fao, il 67% è estinto e le 18 sopravvissute sono a rischio di estinzione o in situazioni critiche: da un lato 1000 allevatori hanno in totale 54 mila capi di razze autoctone, dall’altro, 4600 aziende allevano industrialmente 135 milioni di ibridi commerciali. 

Razza Sardo Modicana © Giuseppe Fassino

Italia e desertificazione: Slow Food e l’impegno nella salvaguardia della biodiversità agricola

Certo, va segnalato lo sforzo di tante realtà per salvare la biodiversità agricola: il ruolo importante degli agricoltori custodi, ad esempio, l’Arca del Gustogli oltre 340 Presìdi di Slow Food (comunità di produttori impegnati a salvare oltre 100 varietà vegetali, 40 razze animali e centinaia di prodotti trasformati collegati)il lavoro delle associazioni del biologico, che hanno portato l’Italia a raggiungere il 15,8% della superficie agricola destinata a produzioni certificate, realtà come le reti dei “semi rurali” e dei mercati contadini (e tra questi, i Mercati della Terra di Slow Food).  

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Mercato della Terra Viterbo e Tuscia Azienda agricola Agriland – Il Giardino di Filippo

Il giardino d’Europa rischia la desertificazione

Ma ci sono almeno tre fattori che rischiano di decretare l’inesorabile declino di quel che fu il giardino d’Europa. 

  • Il primo: solo il 3,5% degli addetti ha un’età inferiore ai 35 anni e la maggior parte della biodiversità coltivata e dei saperi tradizionali ad essa associati è custodita da aziende condotte da persone sopra i 65 anni. 
  • Il secondo: secondo il rapporto dell’Ispra, il suolo sigillato dal cemento avanza al ritmo di 2 metri quadrati al secondo. 
  • Il terzo: le politiche agricole europee continuano a rafforzare modelli agricoli industriali che, anche in Italia, trasformano i paesaggi rurali in deserti, attraverso la perdita della fertilità dei suoli e il collasso dei servizi ecosistemici (insetti utili e biodiversità in primis). 

 

Serena Milano
s.milano@slowfood.it
Da La Repubblica del 18 febbraio 2021