Gli incendi in Sardegna hanno devastato 20 mila ettari di boschi, pascoli, uliveti e vigne. A monte c’è l’abbandono delle campagne, politiche miopi e la crisi climatica che ci ostiniamo a non voler vedere. Le testimonianze della rete Slow Food.
«È la terza volta che vedo bruciare la mia terra, ma mai come questa volta. Si accendeva la terra sotto ai nostri piedi». Giampaolo Mura è un allevatore di razza sardo modicana a Santu Lussurgiu, aderente al Presidio Slow Food
Giampaolo ha visto divampare l’inferno, in quel giardino dell’Eden che è stato il Montiferru, regione della Sardegna che unisce il cuore dell’isola alla costa. Uno scrigno di pascoli, boschi di querce e lecceti che arrivano a lambire il mare.
«Non si è fatto male nessuno, non è morto nessuno; non possiamo lamentarci» è il mantra che ci ripete Giampaolo, lui che è riuscito a salvare parte dei suoi pascoli e il bestiame contenendo il fuoco con l’acqua. A rischio della sua stessa vita: «Appena ho visto le fiamme alzarsi ho portato le bestie in stalla. Ho chiuso tutto, bagnato tutte le vie e pensato al fienile. La mia azienda è pulita e in ordine, ero abbastanza tranquillo. Ma il fuoco è arrivato lo stesso, c’era troppo vento. A me l’ha insegnato mio padre, mi sono messo dentro la stalla con gli animai, pronto a intervenire ogni volta che una scintilla penetrava dalle fessure».

Non è la prima volta che Giampaolo vede bruciare il Montiferru: «Il bosco si era ristabilito dopo l’incendio del 1994, ora ci vorranno altrettanti anni. I pascoli andranno seminati, lavorati. Speriamo nelle piogge, ora è tutto polvere e cenere». E Giampaolo fa un appello: «Non ho visto un elicottero, un canadair, niente di niente che venisse a spegnere le fiamme nella mia azienda. Le misure antincendio vanno potenziate. E ci serve una legislazione che capisca bene morfologia ed esigenze del territorio. Le montagne erano abitate, ci passavano le vacche, con un sentiero potevi entrare nel bosco. Ma senza sentieri nemmeno con i mezzi di oggi si riesce a entrare, senza sentiero dove vuoi andare?».
Il risultato lo conoscete: 20.000 ettari di foreste, pascoli, allevamenti, vigne e uliveti centenari sono bruciati per giorni. Un fuoco che non si riusciva a controllare, spinto dallo scirocco, dal caldo torrido, dalla rottura dell’equilibrio tra pastore e ambiente che assicurava quel controllo e pulizia che avrebbe potuto limitare i danni.
«Si aggiunga che lo spopolamento delle zone interne come il Montiferru ha portato a uno stato di abbandono anche i boschi. Sin dal Neolitico il patrimonio naturalistico della nostra isola era antropizzato. Oggi si registra un inselvaggiamento della terra» ci spiega Nicolò Migheli, sociologo originario del Montiferru, esperto di sviluppo rurale e comportamento organizzativo.
«Nelle campagne mancano sempre più i presìdi umani: abbiamo rinchiuso le bestie in stalla. I ruminanti, dei quali noi sardi spesso ci vergogniamo, hanno avuto un ruolo di primaria importanza per la Sardegna proprio in funzione dello sfruttamento dei pascoli, inclusi quelli arborati. Oggi li alimentiamo con amidi e proteine cosmopolite, una follia che serve a produrre e inquinare di più e guadagnare meno. Abbiamo importato vincoli forestali assurdi che limitano la pulizia dei boschi, il pascolo e il presidio in genere. Abbiamo accettato le sovvenzioni in cambio del non far nulla, in primis per l’ambiente. Il risultato è evidente: la sostanza secca non utilizzata da animali e uomo è il materiale combustibile che crea gli incendi infernali, mai visti, nemmeno da un albero millenario» ci racconta Michele Virdis, agronomo e allevatore barbaricino.
In Sardegna in quei giorni si sentiva l’odore del fumo a chilometri di distanza. E dove non arrivava il fumo era il colore del cielo a incupire l’anima. Si impara presto, sin da bambini, che cosa significhi quel celeste ceruleo nonostante il cielo sgombro, l’afa, l’aria densa, il caldo penetrante che porta un solo terribile messaggio: fuoco.
Eppure questa volta si sentiva che era diverso. Ancora più terribile se possibile. Le cronache di questi giorni, gli incendi in Siberia, in California. Gli ettari andati in fumo in Calabria, in Sicilia. Le alluvioni in Germania, le temperature spaventose in Canada non ci lasciano dubbi. Abbiamo poco tempo, quanto ancora dovremmo aspettare prima di deciderci ad agire?
La solidarietà parte dal basso
Intanto noi abbiamo sentito i produttori dei Presìdi Slow Food presenti nell’area colpita, e per fortuna i danni sono contenuti. Per quanto gravi. E proprio dalla rete dei Presìdi arriva la prima iniziativa di solidarietà per sostenere i produttori colpiti. L’idea di Nicola Solinas, agronomo e titolare dell’azienda Masoni Becciu di Villacidro (Vs) produttore del Presidio dell’extravergine, è di donare ulivi a chi è stato danneggiato dal fuoco.
Nicola sta mobilitando le associazioni di categoria, i comuni e gli enti regionali che si stanno occupando della valutazione dei danni e del censimento delle aziende con l’intento di supportare coloro che sono stati effettivamente danneggiati con olivi della varietà autoctona Bosana. « A novembre abbiamo previsto di organizzare delle giornate per mettere a dimora gli ulivi. La maggior parte degli oliveti non è irrigua e la ricostruzione di un oliveto prevede costi enormi per il trasporto dell’acqua. Novembre è il mese migliore per l’attecchimento delle piantine» ci spiega Nicola. «Con il solo passaparola, sono state già acquistate 4 mila piante». Una raccolta informale a cui vogliamo dare seguito.
Il messaggio del Consiglio direttivo di Slow Food
«Slow Food è “comunità” ed essere comunità vuol dire sentirsi compagni di strada in un destino comune. Quando una parte di questa comunità soffre, è nostro dovere agire. Quanto sta accadendo in Sardegna tocca infatti ciascuno di noi e coinvolge Slow Food nella sua totalità. Per questo motivo, abbiamo deciso di porre in essere un’iniziativa concreta per supportare la “ricostruzione” dopo la devastazione degli incendi.
C’è chi, come Nicola Solinas, si è subito rimboccato le maniche e non ha atteso un solo istante per ripartire. Ed è per questo che Slow Food è al suo fianco. Mentre Nicola si è attivato e insieme alla rete Slow Olive della Sardegna sta già aiutando i produttori colpiti dall’incendio, noi devolviamo al suo progetto l’intero incasso delle vendite della Guida agli Extravergini di Slow Food Italia che da oggi effettueremo attraverso le nostre Condotte e Comunità. È vero, è solo una goccia nel mare, un piccolo gesto ma un gesto che contribuisce a seminare il futuro» dichiara il consiglio direttivo di Slow Food Italia.
Per acquistare la guida potete rivolgervi alle Condotte e Comunità Slow Food vicino a voi.
Questa è la prima delle iniziative che abbiamo potuto mettere in campo.
Michela Marchi
m.marchi@slowfood.it