Tra i monti della Carnia, un gruppo di allevatori si confronta sull’allevamento che rispetta animali e ambiente
Malborghetto è un piccolo centro friulano della Val Canale, a pochi chilometri dal confine con l’Austria, che ha ospitato l’11 e il 12 maggio scorso un incontro organizzato da Veterinari Senza Frontiere (Vsf), Università degli Studi di Perugia e Slow Food nell’ambito del progetto europeo Ppilow.
Per due giorni veterinari e una ventina di allevatori avicoli estensivi hanno discusso e si sono confrontati sui sistemi di allevamento all’aperto e su come garantire il benessere animale degli avicoli. Dal gruppo di lavoro è così nato il primo nucleo della rete di allevatori avicoli slow, impegnati ad allevare i loro animali con rispetto, garantendo anche qualità ambientale e nutrizionale.
Nell’incontro, che prevedeva anche una parte in campo presso un’azienda avicola che produce uova da galline “al pascolo”, Cesare Castellini, dell’Università degli Studi di Perugia, ha spiegato come dagli anni ’50 a oggi la selezione genetica, ricercando prestazioni sempre più elevate, abbia modificato la struttura e la fisiologia del pollo. Il petto è triplicato come dimensioni, diventato ipertrofico, e oggi anche oggetto di malformazioni (striature), l’ossatura si è indebolita perché incapace di reggere il peso del corpo. Le razze ovaiole commerciali hanno un’elevatissima produttività (oggi una gallina può produrre più di 300 uova l’anno, contro le 160-180 circa delle razze tradizionali), ma richiedono un grande investimento metabolico, che indebolisce gli animali meno resistenti e condiziona il loro benessere, non a caso il ciclo vitale di questi animali è più breve rispetto alle razze avicole tradizionali. Per queste ragioni sono poco adatte all’allevamento estensivo perché incapaci di sfruttare adeguatamente il pascolo a loro disposizione e di rispondere agli stimoli ambientali.
L’allevamento all’aperto con razze a lento accrescimento, migliorate grazie all’incrocio con razze tradizionali più forti e rustiche, potrebbe essere una buona soluzione, in grado di fornire carni e uova di qualità rispettando, allo stesso tempo, i bisogni etologici degli animali. La ricerca del progetto Ppilow svolta dall’Università degli Studi di Perugia si concentra infatti su questo obiettivo.
One Welfare e permacultura: due approcci, mille benefici
Pietro Venezia, di Veterinari Senza Frontiere, ha spiegato cosa significa allevare con rispetto secondo l’approccio One Welfare adottato dal progetto Ppilow, che vede l’azienda agricola come un ecosistema in cui il benessere degli animali, di chi li alleva e lo stesso contesto ambientale devono essere in equilibrio. Durante l’incontro è stata anche segnalata la app Ebene, prodotta da ITAVI, uno dei partner del progetto Ppilow, che consente agli allevatori di valutare in autonomia il benessere dei polli.
Venezia ha illustrato anche la tecnica della permacultura, frutto di una progettazione accurata che valuta attentamente ogni scelta in base alle condizioni ambientali in cui è collocato il pollaio: dalla piantumazione di alberi alla rotazione dei parchetti per il pascolo, dal riciclo delle acque piovane all’uso di energie pulite, il tutto tenendo conto della disposizione dei terreni, della forza dei venti, collocando nel migliore dei modi le strutture, per il migliore benessere degli animali, della terra e anche dell’allevatore.
Uno dei principi che guidano la permacultura è che l’azienda non deve produrre scarti, perché ogni scarto può essere una risorsa utile da destinare ad altra funzione.
Ad esempio gli scarti delle orticole lasciati sul terreno in serra, come fa l’azienda agricola Vuerich che ha ospitato la visita, durante l’inverno alimentano le galline che, allo stesso tempo, razzolandovi sopra, concimano il terreno fertilizzandolo per la coltivazione primaverile.
L’esempio di Malborghetto
L’azienda di Malborghetto gestita da due giovani sorelle, Ilaria e Federica, alleva all’aperto circa 400 galline ovaiole, oltre a bovini da carne, ovini e cavalli usati anche per l’attività di fattoria didattica.
I due pollai mobili sono collocati sui prati nei pressi del torrente e le galline possono razzolare liberamente nella porzione di prato delimitata dalle reti elettrificate anti predatori, alla ricerca di insetti, larve ed erbette. L’allevamento avicolo nelle aree di montagna può essere una risorsa molto interessante come integrazione al reddito. Trovandosi nei pressi dei boschi che coprono i versanti ripidi delle montagne, l’azienda è molto esposta ai predatori e infatti, nelle due giornate si è discusso anche di come evitare le predazioni, in particolare da parte delle poiane che in certi periodi attaccano quasi ogni giorno le galline. Alcuni cani da guardiania appositamente addestrati a scacciare gli uccelli predatori, come ad esempio il pastore della Sila, potrebbero essere di aiuto.
Una nuova rete per un nuovo modello di allevamento
L’incontro si è concluso con un dibattito tra gli allevatori e i tecnici sugli aspetti che un allevamento rispettoso degli animali e dell’ambiente dovrebbe prevedere. Da quello che doveva essere un incontro formativo, è nato qualcosa di più: gli allevatori friulani, veneti ed emiliani riuniti a Malborghetto hanno avviato la creazione di una rete di allevatori slow che si ritroverà ancora e lavorerà, nei prossimi mesi, alla realizzazione di un manifesto.
A Cheese, dal 15 al 18 settembre a Bra (Cn), si incontreranno con altri allevatori, impegnati come loro ad allevare con consapevolezza ambientale e rispetto per gli animali. Perché, come ha detto un allevatore in chiusura della giornata «l’allevamento intensivo ha generato grandi problemi, ora tocca a noi dimostrare che un altro sistema di allevamento, diverso da quello praticato negli ultimi anni, è possibile, che esiste».