Quando trent’anni fa abbiamo iniziato a muovere i primi passi, la nostra chiocciolina veniva presentata come alternativa alla frenesia della fast life. Per il recupero di una sana lentezza, di un piacere gustativo e della convivialità a questo legata. Di tempo ne è passato e negli anni sono nati tantissimi progetti a tutela di questo piacere come i Presìdi Slow Food, gli Orti in Africa, le tantissime attività educative. La nostra rete è divenuta internazionale per diffondere in maniera ancora più forte un messaggio: possiamo cambiare il mondo a partire dal cibo.
E questi trent’anni ce l’hanno dimostrato, possiamo farlo davvero! Grazie ai progetti Slow Food abbiamo visto la rinascita di varietà vegetali, specie animali, tradizioni e luoghi.
Oggi il messaggio è sempre più imperativo: dobbiamo cambiare il mondo a partire dal cibo, perché il troppo tardi è già arrivato e stiamo mettendo a rischio un patrimonio immenso dal quale dipende il nostro benessere.
Allora anche oggi dovremmo rallentare e riflettere. Sulle nostre scelte di acquisto, sul nostro stile di vita, sugli effetti che i nostri gesti quotidiani hanno sull’intero ecosistema. Non solo sull’ambiente ma anche sulle persone che quell’ambiente cercano di tutelarlo. È giunto il momento di riappropriarci della biodiversità di prodotti e di luoghi, di sapori ma anche di tecniche antiche che resistono all’appiattimento e alla frenesia produttiva. Solo conoscendole ne possiamo apprezzare il valore, e solo preservandole possiamo salvare l’identità dei luoghi e delle loro comunità. E, insieme a questi, le economie di borghi, campagne e colline dimenticati da una società sempre più globalizzata e omologata dal modello capitalista.

Per questo con il progetto dei Presìdi Slow Food abbiamo deciso di tutelare non solo i prodotti, ma anche i mestieri, i saperi e le tradizioni che appartengono a quei luoghi e ne rispettano gli equilibri. E possiamo dire con orgoglio che in questi trent’anni tantissimi sono i borghi diventati celebri proprio perché sede di un Presidio.
E sono tante le tecniche tutelate: piccole comunità di pescatori, antichi metodi di produzione o sistemi di coltivazione, tutti perfettamente inseriti nei rispettivi ecosistemi, a loro volta tutelati da pratiche rispettose e metodi sostenibili. Spesso, proprio perché antichi, questi mestieri e saperi vengono custoditi dagli anziani del luogo. E allora emerge la necessità di salvaguardarli per poter passare il testimone ai più giovani e non disperdere questo grande patrimonio di conoscenze. Fare educazione per far sopravvivere i saperi tradizionali. Ecco perché diventano fondamentali i progetti educativi come gli Orti in Condotta e gli Orti in Africa. Il dialogo tra i nonni ortolani, o tra gli anziani della comunità, è in questi casi il mezzo impescindibile affinché qualcosa di davvero importante non si perda.
Sono ancora molti i mestieri e le tecniche che possiamo riscoprire e preservare per sostenere le economie di periferie, montagna e campagna. Angoli di Italia che sono l’anima del nostro Bel Paese. Salviamo insieme i nostri saperi, continuiamo a rallentare contro un mondo che rincorre frenesia e omologazione.
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