La battaglia di Slow Food per difendere i formaggi naturali riguarda il latte crudo, ma anche i fermenti industriali.

I fermenti sono batteri che aiutano le varie fasi della trasformazione del latte in formaggio. Quelli spontanei si trovano naturalmente nel latte e nell’ambiente circostante: sulle mammelle degli animali, sugli attrezzi in legno, sul secchio di mungitura (come accade per il vino).

Oggi, però, la maggioranza dei casari non munge più a mano, il legno è spesso bandito dai caseifici, il latte passa in tubi di acciaio: attraversa un ambiente igienicamente perfetto, che riduce anche la flora batterica utile per la caseificazione (batteri lattici).

Questo è un problema in particolare per i produttori artigianali di alcuni Paesi, dove normative iperigieniste, pensate per l’industria casearia, non aiutano a salvaguardare la flora naturalmente presente negli ambienti di lavorazione.

Così, spesso, bisogna aggiungere fermenti selezionati anche al latte crudo, proprio come accade dopo la pastorizzazione.

Con l’uso dei fermenti, inoltre, è più facile ottenere formaggi senza difetti.

Le multinazionali ne producono diverse versioni, adatte a ogni tipo di formaggio. Perfino sugli alpeggi, sempre più spesso, i casari aggiungono al latte le bustine di fermenti industriali.

Più che una necessità, sono diventati una scorciatoia comoda, che omologa il gusto e spezza il legame dei formaggi con il territorio.

Cosa c’è nelle bustine?

Ceppi di batteri estratti dal latte, selezionati e moltiplicati da laboratori specializzati.

Ma se proprio non si riesce a produrre formaggio senza fermenti, queste bustine sono l’unica soluzione? 

Assolutamente no. Esistono alternative che rispettano la biodiversità e non omologano il gusto. Tecniche riconducibili all’antica tradizione della “madre”.

Come per il pane e l’aceto, è possibile preparare la “madre del formaggio”, l’innesto, che può essere ricavato dal latte o dal siero.
È una pratica abbastanza semplice, ma richiede lavoro, attenzione, scrupolo e controllo dei tempi e delle temperature.

Perché questa pratica non è così diffusa? Perché quasi nessuno la insegna e la promuove?

Dietro l’uso delle bustine c’è un mercato forte, ci sono aziende potenti che finanziano anche gli istituti di ricerca.

Inoltre, la fatica in più di chi produce formaggi naturali non è adeguatamente remunerata. I fermenti sono considerati coadiuvanti tecnologici (né ingredienti, né additivi) e, di conseguenza, non è obbligatorio indicare la loro presenza sull’etichetta. Così, i consumatori non hanno gli strumenti per distinguere e scegliere.

I consumatori non hanno quasi mai le informazioni necessarie per distinguere i formaggi naturali.

I fermenti, infatti, sono considerati coadiuvanti tecnologici e non ingredienti né additivi; quindi non è obbligatorio indicare la loro presenza in etichetta. Anche tra gli esperti, la conoscenza di questo tema è molto limitata.

Come si fanno i formaggi naturali? 

I formaggi naturali sono prodotti con latte crudo e senza fermenti industriali selezionati. Quali sfide e rischi produttivi affronta chi compie la scelta di produrre formaggi naturali? Quali i vantaggi? Giampaolo Gaiarin, tecnologo alimentare della Fondazione Edmund Mach, illustra i passaggi produttivi che consentono di ottenere formaggi naturali con fermenti autoprodotti e Igino Morini racconta l’esperienza del Parmigiano Reggiano Dop, i cui caseifici producono formaggi naturali con siero innesto.

La formazione, dedicata ai produttori della rete Slow Food, è stata realizzata durante Terra Madre 2020 con il supporto del Consorzio Parmigiano Reggiano Dop