Le notizie che ci arrivano in questi giorni dalla rete di Slow Food in Sudafrica sono molto preoccupanti.
Violenti disordini a Durban, Johannesburg e in alcuni tratti dell’autostrada principale tra Johannesburg e Durban hanno causato danni per miliardi e oltre 200 morti. Da quando i disordini sono iniziati, in seguito all’incarcerazione dell’ex presidente Jacob Zuma per oltraggio alla corte, decine di camion di merci sono stati presi di mira da folle scatenate, spogliati del loro carico, e il più delle volte incendiati o smantellati. L’ex presidente Jacob Zuma, implicato in una vasta indagine per corruzione, è stato accusato di oltraggio alla corte e condannato a 15 mesi di prigione per il suo ripetuto rifiuto di partecipare al processo.

I disordini vanno avanti da metà luglio, con più di 200 centri commerciali saccheggiati lunedì 12 luglio, della scorsa settimana e i rivenditori hanno perso circa 2 miliardi di euro. I saccheggi non si sono verificati alle città più grandi, ma hanno coinvolto soprattutto l’arteria di trasporto tra la costa e Johannesburg. In alcune città più piccole non c’è un solo negozio, un distributore di carburante o una farmacia che non sia stato saccheggiato o raso al suolo. In alcune città, i saccheggi hanno riguardato centri medici e scuole, tanto che il governo ha schierato 25 mila soldati per arginare le violenze.
«Ora che le acque si sono calmate, sappiamo che le conseguenze saranno di lunga durata», spiega Arnold Tanzer, chef dell’Alleanza Slow Food. «In alcune aree coinvolte nella rivolta, fame e scarsità di cibo erano già un problema a causa dei blocchi dovuti al Coronavirus. Ora la situazione rischia di essere esacerbati dal caos. Il Sudafrica ha uno dei più alti tassi di disoccupazione del mondo: secondo alcune stime circa il 74% dei giovani è disoccupato privo di alcun barlume di speranza per il futuro. Anni di corruzione hanno dato origine a una nazione con il più grande divario tra chi ha tanto e chi niente».
Probabilmente il Sudafrica ha vissuto il più duro lockdown del mondo, che ha portato molte persone a perdere il lavoro, con tantissime imprese costrette a chiudere definitivamente. E sono pochi e niente i sussidi o l’assistenza di un Governo impegnato a ricostruirsi dopo 8 anni di corruzione.
La ricostruzione sarà lunga, mentre nelle piccole città c’è urgente bisogno di beni di prima necessità.
Chef with Compassion, organizzazione di soccorso alimentare basata sul volontariato, e l’Alleanza dei cuochi Slow Food in Sudafrica hanno ancora una volta unito le forze (come già era stato durante il lockdown del 2020) e inviato circa 6 tonnellate di beni di prima necessità e cibo alle comunità locali.
«Speriamo di raccogliere altri fondi e di poter supportare le comunità con altri prodotti» si augura Steven Maresch, uno degli chef di Slow Food coinvolti nel progetto. «Qui le comunità devono fronteggiare il Covid e ora anche le rivolte. Uno dei problemi più urgenti è la carenza di cibo e molte famiglie iniziano a non sapere se arriverà il prossimo pasto. Abbiamo bisogno di raccogliere fondi per coinvolgere le comunità a coltivare i propri orti in modo da poter cercare soluzioni integrative» conclude Ntuthuko Tshabalala, chef di Soweto. Slow Food ha risposto all’appello ,e attraverso la sua Fondazione, ha deciso di fare una donazione per sostenere la rete di orti in quella zona.
Chi volesse dare una mano può farlo attraverso questo link cwc.org.za/donate