Le note dolci dello Zibibbo e il sapore forte e delicato del pesce spada raccontati nel nuovo episodio di Terra di Mari
Dopo una passeggiata tra gli uliveti secolari di Seminara e l’incontro ravvicinato con la lavorazione del pesce stocco, la nuova tappa di Terra di Mari ci conduce lungo la Costa Viola, area geografica situata a nord di Reggio Calabria che si affaccia sul Mar Tirreno e sullo Stretto di Messina. Quest’area comprende i comuni di Palmi, Seminara, Bagnara Calabra, Scilla e Villa San Giovanni.
Sono due i prodotti protagonisti in questo quinto episodio: lo Zibibbo e il pesce spada.
Un racconto di promozione del territorio progettato e realizzato da Med Media con il contributo di Slow Food Italia in occasione della partecipazione della Città Metropolitana di Reggio Calabria all’edizione 2020 di Terra Madre Salone del Gusto.
Il progetto “Terra di Mari” racconta la biodiversità presente in sei aree del territorio reggino e, attraverso il format digitale dei Come si fa?, ideati nell’edizione 2020 dell’evento internazionale, permette di approfondire e riprodurre, anche da casa, le ricette e le preparazioni raccontate da ospiti d’eccezione. I nostri accompagnatori e guide sono coloro che, assieme a Slow Food, lavorano per salvaguardare tecniche e varietà autoctone dall’estinzione e di conoscere i territori, ovvero cuochi, artigiani, contadini e produttori e guide escursionistiche.
In questa nuova tappa ci troviamo nella Costa Viola, territorio caratterizzato da vigneti e terrazzamenti a strapiombo sul mare.
Qui scoviamo i segreti legati ad antiche vigne e alla loro produzione vitivinicola, ma anche la tradizione dei muretti a secco, dal 2018 considerati patrimonio dell’Unesco, fino a spostarci sul mare, verso Scilla e lo Stretto di Messina, per conoscere da vicino coloro che conservano antiche tecniche di pesca.
L’agricoltura eroica, vista mare
Partiamo dall’area della Costa Viola più vicina allo Stretto di Messina. Qui i terrazzamenti si estendono per 20 chilometri, e comprendono, ancora oggi, circa 4.000 chilometri di muretti a secco. Costruiti anticamente in zone impervie, i muretti svolgono un’importante funzione di stabilizzazione geomorfologica, fondamentale per la tutela del territorio e della sua biodiversità. La loro esecuzione non prevede utilizzo di leganti o altri materiali, ma solo blocchi di pietra disposti e assemblati.
«Abbiamo scoperto questo territorio per caso e ce ne siamo innamorati» afferma Rodolfo Passalacqua dell’azienda agricola Ceramida, situata in una piccola frazione di Bagnara Calabra. L’azienda fa parte della Cooperativa AgrìCostaViola, che dal 2003 valorizza e recupera terreni abbandonati per la produzione di vini da vitigni autoctoni, in particolare lo Zibibbo e il Nero calabrese, conosciuto erroneamente come Nero D’Avola. Si tratta di una varietà di uva originaria della Calabria e coltivata in Sicilia a partire dalla fine dell’800 in seguito alla diffusione della fillossera.
«Fin dall’inizio abbiamo puntato sulla qualità, privilegiando piante ravvicinate e minuziose tecniche di potatura – continua Rodolfo. Accorgimenti ai quali si uniscono le particolari condizioni pedoclimatiche del territorio. Clima secco, terreno argilloso e vicinanza tra mare e Aspromonte danno vita a profumi e caratteristiche organolettiche uniche».
Frutto di questo percorso di valorizzazione è la “Comunità Slow Food di Bagnara Calabra per la valorizzazione e la tutela dello Zibibbo coltivato sui terrazzamenti costieri”, progetto nato nel 2019, che al recupero dei vitigni affianca l’adozione di pratiche sostenibili, anche dal punto di vista ambientale.
Quest’angolo della Calabria presenta anche aree naturali e paesaggistiche ideali per gli appassionati di trekking. Tra i più importanti c’è Il Sentiero del Trecciolino, sospeso fra il Tirreno e gli ultimi prolungamenti montuosi del Parco Nazionale dell’Aspromonte. Il percorso, immerso nella macchia mediterranea, offre un panorama davvero suggestivo: all’orizzonte le Isole Eolie con il profilo dello Stromboli in primo piano, a sudovest la possente sagoma dell’Etna oltre lo Stretto di Messina, e a nord la Piana di Gioia Tauro, al di là della quale si staglia la sagoma di Capo Vaticano.
Il pesce spada, come una volta
La caccia al pesce spada ha origini antichissime, risalenti all’epoca dei fenici, e ha caratterizzato tutta l’area dello Stretto di Messina. Questo tipo di pesca viene praticata dai primi di maggio alla fine di agosto su un’imbarcazione chiamata luntru: una barca piccola con un equipaggio di cinque rematori e un arpioniere. Questi cambiavano a volte disposizione, ad eccezione del quinto uomo, che saliva sull’albero maestro per avvistare la preda. Oggi, nello Stretto e lungo la costa calabra del Tirreno, si utilizzano le felu che, barche a motore con un albero molto alto e una passarella molto lunga, alla cui estremità si posiziona il fiocinatore.
I territori di Bagnara Calabra e Scilla hanno fatto di questa tecnica di pesca tradizionale un vero e proprio carattere identitario, rendendo il pesce spada uno dei prodotti più rappresentativi della gastronomia calabrese.
Tonino Gioffrè e Liliana Grecu, rispettivamente titolare e chef del ristorante Santa Barbara 1789, ci raccontano tre ricette della tradizione: un carpaccio di pesce spada in cui viene impiegato il filetto, un primo con il pesce spada alla “bagnarota”, condimento realizzato con le parti meno nobili, e, infine, involtini a base di ventresca, in dialetto “surra”, e ricotta di pecora aspromontana, avvolti in foglie di vite.
Ultima tappa dell’itinerario è Torre Cavallo, una delle antiche torri d’avvistamento cinquecentesche che sorgono su entrambe le coste dello Stretto di Messina, e il quartiere di Chianalea a Scilla, dal quale possiamo scorgere l’anima marina dell’Aspromonte e quella montana, legata alla pastorizia.
Il viaggio, però, continua! In attesa di scoprire gli ingredienti al centro dell’ultima puntata, per immergervi in un territorio che non si visita, si vive.
Guarda qui il video racconto della Costa Viola