«Se tutta l’umanità scomparisse, il mondo tornerebbe al profondo stato di equilibrio che esisteva diecimila anni fa. Se gli insetti scomparissero, l’ambiente crollerebbe nel caos.»

Edward O. Wilson, biologo


Gli insetti sono il gruppo di animali più diversificato della Terra e sono onnipresenti nelle reti alimentari terrestri. In tutto il mondo le popolazioni di insetti stanno però diminuendo drasticamente. Questo fenomeno è aumentato in modo significativo negli ultimi anni e sta colpendo soprattutto i paesi e le aree in cui l’agricoltura è più industrializzata.

Gli insetti – e in particolare gli impollinatori – rivestono un ruolo cruciale per il pianeta, per la tutela della biodiversità e per l’agricoltura. Sono parte integrante del nostro sistema alimentare, perché impollinano le piante coltivate che finiscono come cibo sulle nostre tavole.

Il polline è trasportato da un fiore all’altro della stessa specie rendendo possibile la fecondazione e la conseguente nascita di frutti e semi. Ciò può avvenire in diversi modi ma, nella maggioranza dei casi, è il lavoro incessante degli insetti impollinatori a rendere possibile questo miracolo.
Per questo, la riproduzione di oltre l’80% (circa 300.000 specie) delle piante selvatiche e il 75% delle nostre colture (più di 300 specie) dipende proprio dagli insetti impollinatori. Il valore di questo servizio è enorme: se gli impollinatori si facessero pagare per produrre il cibo che consumiamo, il costo per la società ammonterebbe ogni anno a circa 260 miliardi di euro.

Le api che alleviamo ci forniscono anche i loro preziosi prodotti: miele, polline, pappa reale, cera, propoli, da sempre utilizzati e apprezzati dall’uomo.

Quando sentiamo parlare di scomparsa delle api è importante sapere che non stiamo parlando solo dell’ape mellifera. Stiamo parlando di tutte le specie di apoidei presenti sulla terra che sono più di 25.000. Queste api considerate “selvatiche”, poiché non sono oggetto di allevamento, sono importantissime per l’impollinazione. La loro scomparsa è ancora più silenziosa, ma le conseguenze della loro estinzione sono altrettanto catastrofiche.

Il declino degli insetti costituisce una seria minaccia non solo per la loro biodiversità e per quella delle piante, ma anche per gli animali che si nutrono di insetti, come uccelli e anfibi, e per gli esseri umani, che rischiano di non disporre più di cibo a sufficienza.

A cosa è dovuta questa minaccia apocalittica?

Le cause sono molto complesse, collegate tra loro, e hanno alla base l’azione dell’uomo.

 

Tra le cause più importanti ci sono i pesticidi, largamente utilizzati da decenni nei sistemi agricoli convenzionali senza tenere conto delle conseguenze dirette e indirette sull’ambiente. Oggi ne conosciamo gli effetti nocivi e alcuni prodotti sono già stati messi al bando (per esempio l’Unione Europea ha vietato l’uso di alcuni insetticidi neonicotinoidi dei quali è evidente l’alta tossicità sugli impollinatori), ma, sempre rimanendo al contesto europeo, l’attuale sistema di valutazione del rischio è basato sulla mortalità delle api adulte.

Si tratta di una misura insufficiente, perché non vengono valutati gli effetti “subletali” dei pesticidi: nelle api ad esempio dosi ammesse provocano la perdita della capacità di orientamento e compromettono il sistema immunitario e riproduttore; si verificano effetti su generazioni successive di api, perché le nuove larve, nutrite anche a distanza di tempo con polline contaminato, non completano correttamente lo sviluppo, conducendo la colonia al collasso; e infine non sono presi in considerazione gli effetti su tutti gli altri insetti impollinatori selvatici.

I pesticidi, fungicidi ed erbicidi hanno una lunga persistenza nel terreno, e possono dunque inquinare acque e fioriture per anni dopo il loro utilizzo.

La crisi climatica, causata dall’aumento della temperatura media e dalla concentrazione di CO2 nell’atmosfera, sta modificando il ciclo di vita delle piante. Siccità, violenti fenomeni atmosferici, improvvise gelate e picchi di calore compromettono la capacità delle piante di fornire nettare e polline, e fioriture anticipate o posticipate possono non essere adeguatamente “servite” (impollinate) e “sfruttate” (per raccogliere alimento) dagli insetti impollinatori.

Secondo un articolo della rivista Science dal titolo “The projected effect on insects, vertebrates, and plants of limiting global warming to 1.5°C rather than 2°C”, con l’attuale previsione per il 2100 di un aumento della temperatura media di 3,2°C, si prevede che il 49% degli insetti, il 44% delle piante e il 26% dei vertebrati si riducano nelle diverse regioni geografiche di oltre il 50%.
A 2°C, il dato scende a 18% degli insetti, 16% delle piante e 8% dei vertebrati. A 1,5°C, scende a 6% degli insetti, 8% delle piante e 4% dei vertebrati.

Ricordiamo che nell’accordo di Parigi sui cambiamenti climatici, le Nazioni Unite si sono impegnate a fare tutto il possibile per limitare il riscaldamento globale a 1,5°C, mentre le precedenti aspirazioni si concentravano su un limite di 2°C.

La perdita di biodiversità, oltre a essere una pericolosa conseguenza, è anche una delle cause della morìa di api. Le distese di campi con coltivazioni agricole a monocoltura creano veri e propri deserti alimentari e un contesto ambientale in cui mancano luoghi adatti agli impollinatori per nidificare e riprodursi, rendendoli deboli e incapaci di adattarsi.

Un’altra minaccia per le api è il degrado del suolo, risorsa naturale alla base di servizi eco-sistemici che permettono e regolano la vita sulla Terra. Per formare 2,5 centimetri di suolo fertile occorrono 500 anni, tuttavia oggi fenomeni come erosione, contaminazione, salinizzazione, impermeabilizzazione, tutti – direttamente o indirettamente – causati dalle attività umane, rendono il suolo arido e sterile, mettendo a rischio gli ecosistemi di api e altri insetti. Per non parlare della cementificazione che in molte aree avanza a ritmi rapidi e costanti.

In questo contesto gli impollinatori sono sempre più indifesi e indeboliti, incapaci di adattarsi alle mutazioni repentine che l’uomo provoca all’ambiente in cui vivono. Facilitato dalla globalizzazione, l’aumento di patologie e parassiti sempre più aggressivi è causa di indebolimento, collasso e morte di intere colonie. Gli apicoltori sono costantemente impegnati in azioni di controllo, prevenzione e molto spesso contenimento delle infestazioni, ma per gli impollinatori selvatici non ci sono tutele.

Gli insetti non sono tutti pericolosi o dannosi, non sono da sterminare indiscriminatamente.

Le soluzioni

Occorre ripristinare gli habitat naturali e riprogettare l’agricoltura. Le pratiche agroecologiche non solo favoriscono gli impollinatori, ma conservano anche i nemici naturali degli insetti, essenziali per contenere le specie di parassiti. Bisogna tornare a piantumare filari, siepi e prati polifiti ai margini dei campi, e praticare la rotazione delle colture con trifoglio o altre leguminose.

È fondamentale ridurre al minimo l’uso dei pesticidi, principalmente insetticidi e fungicidi, per consentire il recupero delle popolazioni di insetti, poter continuare a beneficiare negli anni a venire del loro lavoro e mantenere vivo l’ecosistema in cui viviamo anche noi.