Nei prossimi anni brinderemo con vino biotech senza saperlo?
Questo è quanto si prospetta se il 21 dicembre il Consiglio dei Ministri dell’Agricoltura d’Europa approverà una modifica alla direttiva 68/193/CEE, che vuole la libera commercializzazione dei materiali di moltiplicazione vegetativa della vite.
Slow Food rivolge il suo appello a tutti gli “addetti ai lavori” – viticoltori, ristoratori, enotecari – e a tutti i consumatori che vorranno difendere il loro diritto all’informazione, alla tutela della salute, al rispetto della cultura.
Circa 200 mila cartoline con la scritta “Il vino transgenico non ci va giù” (il logo della campagna è stato ideato da Bobo, al secolo Sergio Staino) saranno distribuite in questi giorni a produttori e operatori di tutta Europa, mentre sarà possibile firmare on line sul sito web di Slow Food (www.slowfood.com) l’appello rivolto al Presidente della Commissione europea on. Romano Prodi affinché si lavori per la tutela di un’economia, quella vinicola, che è il fiore all’occhiello di molti paesi europei.
La scarsa informazione che ha circondato questa proposta, quasi a tenerne all’oscuro i diretti interessati, ovvero i produttori vitivinicoli, è ciò che ha spinto Slow Food a promuovere questa campagna di protesta e di sensibilizzazione: la modifica proposta è fondamentale per l’economia e la cultura di tutta l’Europa perché, nel nome del progresso scientifico e della conservazione della biodiversità, potrebbe far entrare in vigore un regolamento che verrebbe a mettere sullo stesso piano i vitigni storici, che hanno fatto grande l’enologia europea, con quelli modificati.
Di fronte ad un cambiamento così epocale, perché tanto silenzio, perché tanta fretta e perché tanto mistero?
Le viti GM saranno etichettate come tali, quindi coloro che le acquisteranno ne conosceranno la provenienza; la direttiva 90/220/CEE impegna i paesi membri a prendere tutte le misure opportune per evitare rischi per la salute umana e per l’ambiente; il regolamento CE n. 258/97 prevede che l’autorizzazione alla vendita verrà data solo sulla base di una serie di regole da rispettare e notificare all’autorità competente di ogni stato membro: ma da nessuna parte si dice che si conoscono con certezza gli effetti nel lungo periodo degli alimenti derivati da OGM, e per quanto riguarda in particolare il vino, non appare alcun obbligo ad indicare IN ETICHETTA che quel prodotto è stato vinificato da uve transgeniche.
La sensazione che si ha è che si stia innalzando una ennesima cortina di parole per impedire a produttori, operatori e consumatori di avere informazioni chiare e sicure.
Se l’Europa, anziché tutelare il proprio patrimonio agroalimentare originario, va verso la ricerca di nuove varietà transgeniche contrabbandandola per mantenimento dell’identità delle varietà stesse, tocca ai produttori che privilegiano la qualità e ai consumatori unirsi per dire no e per ottenere garanzie.
Per informazioni, Ufficio Stampa Slow Food, Valter Musso e Alessandra Abbona, tel. 0172 419615, fax 0172 421293, v.musso@slowfood.it, s.abbona@slowfood.it
L’APPELLO
Viti transgeniche in discussione a Bruxelles:
un appello per la sicurezza alimentare e la tutela della cultura europea
Il Consiglio dell’Unione Europea ha formulato una proposta di modifica alla direttiva 68/193/CEE relativa alla commercializzazione dei materiali di moltiplicazione vegetativa della vite, ovvero delle barbatelle franche e delle barbatelle innestate oltre a parti di piante di vite. La discussione di questa proposta il 24 ottobre scorso è stata rinviata al 21 dicembre prossimo dal Consiglio dei Ministri dell’Agricoltura Europei.
Se in tale data questa modifica dovesse venire approvata verrebbe eliminato qualsiasi ostacolo alla produzione e commercializzazione di varietà di vite geneticamente modificate.
Questo significherebbe non solo l’immissione sul mercato di vitigni geneticamente modificati, ma anche la non obbligatorietà di etichettare come transgenici i vini prodotti da questi vitigni.
I consumatori europei hanno già dimostrato di non gradire i prodotti OGM e rivendicano, in ogni caso, il loro diritto ad una dichiarazione in etichetta dell’origine transgenica del prodotto.
I vitigni attualmente in produzione, frutto di anni di ricerche applicate in vigna e in cantina, verrebbero così equiparati a quelli geneticamente modificati: uno schiaffo alla tradizione vitivinicola europea e al diritto del consumatore all’informazione.
Per quale motivo non ci si concentra sullo studio delle migliaia di varietà esistenti e non ancora conosciute, anziché cercare di inventarne di nuove senza che si conoscano ancora le conseguenze ecologiche e sanitarie dell’utilizzo di OGM nella produzione di uve e di vino?
Per questo
chiediamo
al Presidente della Commissione europea on. Romano Prodi di intervenire per ricondurre il dibattito sull’agricoltura europea nell’ambito dei principi enunciati a Biarritz: qualità, diversità e sicurezza, dove per diversità si intendeva la valorizzazione e la tutela del patrimonio agroalimentare esistente e non certo la “creazione in laboratorio” di nuove varietà transgeniche di cui nessuno sente la necessità tranne chi ne possiederà i brevetti.
Diciamo no alle viti e al vino geneticamente modificati.
Slow Food, via della Mendicità Istruita n. 14, 12042 Bra (Cn) Italia. Telefono ++39 0172 419611 Fax ++39 0172 421293 E-mail: info@slowfood.