Napoli è stata per un giorno la capitale italiana della cucina regionale di tradizione. Nella magica cornice della sala Italia di Castel dell’Ovo si sono ritrovati, lunedì 3 dicembre, i 192 osti che hanno ricevuto il prestigioso riconoscimento della “chiocciola” attribuito dalla guida Osterie d’Italia. La chiocciola contrassegna, come recita la guida, i locali che ci piacciono in modo speciale, per l’ambiente, la cucina, l’accoglienza. Alla cerimonia di consegna dell’attestato sono intervenuti l’assessore alla cultura del comune di Napoli Giulia Parente, l’assessore provinciale all’agricoltura Vincenzo Falco, il vicepresidente di Slow Food Giacomo Mojoli, e la curatrice della guida Paola Gho. L’eccellenza delle osterie italiane secondo Slow Food, si è incontrata per ribadire la vitalità della cucina di tradizione e l’importanza della scelta delle materie prime utilizzate nella cucina contro l’omologazione e l’appiattimento del gusto.
L’osteria non è una moda, la parola osteria richiama solidi contenuti, osti che sanno parlare di vino, cucine che manipolano materie prime del territorio, tavoli e banconi che invitano ai salumi e ai formaggi degli artigiani locali, ricette tradizionali rigorosamente rispettate oppure saggiamente rilette, senso dell’ospitalità e, non ultimo, gradevoli ambienti accortamente ristrutturati. Insomma, le osterie sono rinate e molte di quelle già esistenti hanno ripreso vigore.
Dopo la cerimonia, i premiati si sono ritrovati nell’affascinante Certosa di San Giacomo a Lauro (Av) dove alcune osterie (Ristorante Certosa San Giacomo di Lauro, Trattoria Valleverde Zi’ Pasqualina di Atripalda, Antica trattoria Di Pietro di Melito Irpino, La caveja di Pietravairano, Osteria ‘E Curti di Sant’Anastasia) insieme a Il Gastronomo dal 1908 di Panteromito e la Pasticceria Carraturo di Napoli hanno presentato specialità campane.