Ricordo la prima volta che fui invitato a partecipare a Terra Madre nel 2006. Mi colpì nel profondo un particolare del discorso di benvenuto alle comunità di Carlo Petrini che ci parlò della potenza simbolica del gesto e della necessità di liberarlo. Questa sottile quanto potente riflessione, è stata la leva che mi ha spinto nel percorso iniziato un anno prima, quando avevo iniziato a mettere insieme le mie riflessioni di agronomo e cuoco sul potere del cibo. Mi riferisco al potere simbolico che ha un cuoco nel definire l’identità di un territorio e di una cultura attraverso il cibo. Di come un gesto in cucina possa cambiare la realtà di un luogo, e della capacità che noi cuochi abbiamo nel riconoscere il lavoro e l’identità contadina. E al potere che ciascuno di noi ha – con semplici gesti quotidiani – di influenzare il futuro del pianeta.
Crediamo in una società dove il lavoro contadino è giustamente riconosciuto, dove la diversità della nostra cultura venga riconosciuta come la forza che è e dove non c’è motivo di ignorarla, segnarla come criminale o nasconderla come questo governo sta facendo.
In Colombia stiamo marciando perché l’imperfezione di questa “democrazia” ha cessato di rappresentare la nostra voce, perché crediamo che una società in cui le persone dissentono pacificamente sia una società sana.
Eduardo Martinez,
cuoco e attivista di Slow Food Bogotá, membro della Alleanza Slow Food dei Cuochi in Colombia.
Avrete sicuramente (e purtroppo) letto e sentito delle proteste che hanno portato migliaia di colombiani in piazza per manifestare il loro dissenso verso il governo del presidente Iván Duque.
E avrete letto e sentito come queste manifestazioni pacifiche siano state represse con la violenza.
Leggiamo sulla Bbc che sono almeno 42 le persone che sono state uccise durante la protesta, secondo il Colombia Ombudsman Office (Ufficio del difensore civico colombiano). I gruppi in difesa dei diritti umani temono numeri più alti. Ai morti si aggiungono le violenze: secondo una raccolta dell’organizzazione per i diritti umani Temblores, sono almeno 2.387 i casi di violenza da parte della polizia riportati.
«Iniziata il 28 aprile, la protesta pone al centro una riforma fiscale dannosa per i colombiani. Ma questo, non è purtroppo l’unico motivo. L’origine delle proteste va ricondotta alla grave crisi politica, sociale ed economica che destabilizza il Paese, causata da un Governo sordo alle esigenze di pace, equità e giustizia sociale del popolo colombiano. Una situazione certo aggravata dalla pandemia e dalle misure adottate per contenerla» ci racconta Liliana Marcela Vargas Vásquez, referente dei progetti Slow Food in Colombia
«A protestare ci sono anche i contadini, tra i più colpiti dalle restrizioni dovute alla pandemia, tra cui il divieto d’accesso ai mercati nei centri urbani. Non solo.
I contadini colombiani pagano (e a prezzo piano) gli accordi di libero scambio che minano le loro già fragili economie: è netta la loro posizione di svantaggio rispetto ai prodotti agricoli importati e commercializzati nel Paese a prezzi più bassi.
Non solo. Sono sempre i contadini a soffrire del rischio latente di ritorno delle fumigazioni aeree di glifosato, già annunciate dal governo», spiega Liliana. Lo Stato minaccia di riprendere l’irrorazione aerea – fumigazione con glifosato sui campi di coca – che fino al 2017 era stata vietata e dal 2018 si parla di riprendere l’irrorazione.
Come purtroppo sappiamo, fin da subito il Governo ha reagito con misure repressive e violente. Al momento della stesura di questo articolo (il 21 maggio), la campagna “Defending Freedom Is Everyone’s Business” ha registrato 49 morti, 87 vittime di violenza di genere, 578 feriti, 846 denunce di abuso di potere, autorità, aggressione e violenza, e 1.460 persone detenute. La maggior parte di queste persone è soggetta a misure arbitrarie. [1]
Numeri non molto distanti da quelli riportati dalla Cnn ma le cui differenze ci fanno capire quanto difficile sia dare conto della gravità della situazione.
Anche Slow Food in Italia si stringe a tutta la rete colombiana. E sarà inutile dirlo, ma non vediamo l’ora che questa violenza cessi.
Riportiamo il comunicato che Slow Food Colombia ha diramato ai media locali.
Noi, membri della rete di Slow Food in Colombia e attivisti per il diritto a un cibo buono, pulito e giusto per tutte e tutti dichiariamo il nostro pieno sostegno alle mobilitazioni nel nostro Paese. Vogliamo sottolineare e far informare la comunità internazionale che le marce e le proteste dei cittadini colombiani si sono svolte in piena autonomia. I manifestanti, così come quelli che, a causa della pandemia, non hanno potuto esprimersi nelle strade, rifiutano pubblicamente le politiche regressive del governo nazionale che colpiscono, tra i tanti settori della nostra società, la transizione verso la sostenibilità dei sistemi alimentari. Condanniamo la crudele repressione con cui le forze di sicurezza hanno cercato di mettere a tacere la protesta nazionale.
Le richieste dell’attuale mobilitazione nascono da un senso di malcontento della popolazione colombiana che risale al 2019, quando il Paese si è mobilitato chiedendo la protezione dei nostri leader sociali e ambientali, rifiutando le mostruose disuguaglianze generate dall’attuale modello economico (diseguale, escludente e insostenibile) e rivendicando i nostri diritti fondamentali alla salute, all’istruzione e alla piena attuazione degli accordi di pace. Ora, però, si aggiungono nuove questioni che ci costringono a mobilitarci, anche in mezzo a un nuovo picco della pandemia che minaccia le nostre vite come non mai.
No, non è una mano nemica o terrorista che promuove le marce o le paga. È la necessità di fermare l’ingiustizia e l’indolenza dei potenti.
La proposta di riforma fiscale, basata sugli sforzi delle classi medie e basse, ma compiacente verso i più potenti, ha cercato di imporsi in un momento di crisi economica generalizzata in Colombia.
Secondo le ultime cifre pubblicate dal Dipartimento Nazionale di Statistica (DANE), entro il 2021 più di 21,02 milioni di persone vivranno con meno di 331,688 dollari al mese, un importo che, secondo il DANE, costituisce la soglia di povertà in Colombia. Peggio ancora, 7,47 milioni di colombiani vivono con meno di 145,004 dollari al mese, che costituisce la soglia di povertà estrema, e, naturalmente, questo reddito non è sufficiente per ottenere una salute ottimale e condizioni di vita dignitose. Secondo le statistiche ufficiali della DANE, 2,4 milioni di famiglie (1,6 milioni in più di un anno fa) non riescono a consumare tre pasti al giorno.
Nel frattempo, i programmi statali continuano a privilegiare un modello di agro-esportazione, lasciando al loro destino i nostri contadini, che non hanno il sostegno minimo per nutrirsi o per soddisfare la domanda dei colombiani. D’altra parte, ritorna la minaccia delle fumigazioni con glifosato, persiste l’importazione di prodotti alimentari e si intensifica la deforestazione del territorio per la realizzazione di allevamenti intensivi e miniere estrattive.
Di fronte a questa situazione, esigiamo, con la comunità internazionale come testimone, la garanzia dei nostri diritti fondamentali:
Per la protezione della vita dei manifestanti e il rispetto dell’esercizio del diritto alla protesta e alla mobilitazione sociale, esigiamo la cessazione delle azioni delle forze statali al di fuori degli standard dei diritti umani.
Rifiutiamo gli atti di violenza che delegittimano il diritto alla protesta.
Esigiamo il diritto alla vita e al giusto processo che tutti i cittadini colombiani meritano.
Esigiamo l’attenzione essenziale dello Stato ai diritti sociali, economici, culturali e ambientali, specialmente il diritto al cibo, attraverso un reddito di base universale che permetta alle famiglie di superare le drammatiche difficoltà che stanno vivendo nell’attuale situazione di crisi.
Esigiamo un’attenzione immediata da parte dello Stato ai contadini che oggi più che mai costituiscono il supporto fondamentale per la sopravvivenza, la salute e l’autonomia alimentare della nostra popolazione.
Esigiamo che il governo entri immediatamente in un dialogo reale con le forze sociali che stanno manifestando e risponda alle giuste richieste dei milioni di colombiani che si stanno mobilitando.
Chiediamo alla comunità internazionale di accompagnarci monitorando i dialoghi proposti e seguendo gli accordi che ne verranno siglati.
Infine, invitiamo tutte le organizzazioni che lavorano per il diritto al cibo, la sicurezza alimentare e la sovranità alimentare, e l’opinione pubblica in generale, a contribuire con azioni che ci permettano di superare la crisi attuale e costruire le condizioni per vivere in un Paese pacifico ed equo con garanzie sufficienti affinché tutte le persone possano avere accesso a un cibo buono, pulito e giusto.
Liliana Vargas
[1] defenderlalibertad.com/boletin-informativo-12-paronacional