La cima e la Liguria legame indissolubile. Aldo Acquarone, poeta genovese ne tesse le lodi e ne descrive in rima ingredienti e preparazione nella sua poesia «A çimma pinn-a”: “bòggi e tritolla, ma non troppo fin, do magro de vitella, do lacetto, mëzo cervello, Sbatti in tè ‘n tiänin sei êuva fresche, grattighe ûn tocchetto de parmixan, azzònzi puïsci e infin remescia, chêuxi e versa in tè ‘n sacchetto de scorsa de vitella con l’oëxin serròu e ben cûxio con do spaghetto…». La cima era originariamente un piatto povero, ma appetitoso e digeribile, preparato con ingredienti di recupero. Era un classico delle feste e del pranzo pasquale: per l’occasione si aggiungono uno o due uova sode che la rendevano al taglio ancora più invitante. Oggi la “cima alla genovese” si è trasformata in una pietanza gustosa, un piacere non solo per il palato, ma anche per gli occhi, merito di tutti i colori dei vari ingredienti. Consiste in un buon pezzo di vitello, possibilmente il petto, che viene aperto a tasca e farcito. Gli ingredienti della farcitura variano leggermente in base alla disponibilità stagionale, ma la maggiorana è fondamentale e immancabile per la riuscita di questo gustoso piatto perché gli dona profumo e fragranza. La preparazione della cima è complessa e delicata, quasi un rituale, perché esiste il rischio che possa “scoppiare” in fase di cottura facendo fuoriuscire la farcitura. Bisogna pertanto, sapere dosare bene gli ingredienti della farcia, cucire con cura la tasca e durante la cottura nel brodo, avvolgerla in un telo per evitare appunto che si crepi. La tradizione vuole che riposi sotto un peso per fare uscire il brodo assorbito e attribuirle la tipica forma pressata. La cima va servita a fette e fredda. Essendo legata alle tradizioni locali ne esistono diverse versioni che hanno principalmente differenti modi di cottura. In alcune zone della Liguria ad esempio invece che lessata, viene cotta al forno. Oggi la cima viene preparata anche industrialmente e distribuita in quasi tutta l’Italia, ma vi lasciamo da provare per vostro piacere la ricetta della scià Maria, veterana delle ostesse genovesi de La Trattoria Maria di Genova.
Ed ecco a voi la ricetta
Ingredienti per 4 persone: una tasca di vitello di circa sette etti e mezzo, un etto di polpa di vitello, mezzo cervello, un’animella, due testicoli, qualche pezzetto di filone, mezz’etto di poppa, tre uova, lattuga, erbe di stagione, pinoli, maggiorana, uno spicchio d’aglio, brodo vegetale, parmigiano reggiano, mezz’etto di burro, sale, pepe e noce moscata.
Fatevi aprire la sacca il vitello, tenendo un bordo di due centimetri. Preparate il brodo vegetale. Liberate le frattaglie dalle pellicine, sbollentatele e aggiungetele alla polpa ridotta a dadini rosolata nel burro. Scolate e tagliate a pezzetti cervello, schienali e granelli; tritate la polpa e l’animella. Versate tutto in una terrina aggiungendo le verdure tagliate a liste, la maggiorana, i pinoli, l’aglio tritato. Battete le uova con il parmigiano e unitele al composto, regolate di sale, pepe e noce moscata. Riempite la sacca per due terzi, premendo bene. Cucite la tasca e avvolgetela in telo, fermandola con una legatura. Pungete l’involucro da entrambi i lati. Immergete la cima nel brodo in ebollizione. Lasciate raffreddare, togliete il telo e mettetela tra due piatti pressata da due o tre chili di peso.
Carlo Petrini
c.petrini@slowfood.it
Da Repubblica Sera
Foto: genova.mentelocale.it