Una lettera di Carlo Petrini alla rete Slow Food

Nella vita di un movimento il congresso è sempre un passaggio politico  significativo. Si tratta del momento in cui tracciare le prospettive di azione e di pensiero per gli anni a seguire, di valutare il percorso fatto e di ripensare priorità, strategie, strumenti e metodi.

E questo nostro prossimo congresso che ci apprestiamo a vivere dal 16 luglio, sarà una tappa storica per diversi ordini di motivi.

IIIV Congresso internazionale

Il contesto

Innanzitutto non possiamo trascurare il complesso periodo all’interno del quale si inserisce. Il mondo e la socialità sono stati stravolti da due anni di pandemia. In molteplici angoli del globo si stanno consumando drammatici conflitti. I flussi migratori si stanno facendo più intensi e i segnali del cambiamento climatico diventano sempre più tangibili e inequivocabili; mentre noi ne ignoriamo il carattere d’urgenza e la stretta interrelazione con le altre crisi.

Proprio all’interno di questo scenario, sta emergendo in maniera sempre più forte e chiara il ruolo del cibo come principale responsabile dello sconquasso ambientale. Ragion per cui il nostro movimento, che da trent’anni si impegna per garantire cibo buono pulito e giusto per tutti, deve avere il coraggio di assumere un ruolo politico di primo piano nel frenare questa deriva dai risvolti catastrofici.

Gli effetti del sistema alimentare industriale

Il sistema alimentare nel suo complesso è il principale emettitore di Co2 in atmosfera. Fa un uso massivo di plastica monouso che finiamo poi per mangiarci sotto forma di microplastiche. E consuma centinaia di migliaia di ettari di suolo e metri cubi d’acqua destinati non al consumo umano, bensì ad alimentare uno spreco di cibo di proporzioni inaudite, ma che le logiche perverse del mercato giustificano come fisiologico al sistema.

Tutto ciò è inaccettabile, ed è nel contrasto a queste situazioni che a mio modo di vedere si gioca la partita del nostro futuro. Non possiamo più esimerci dall’affrontare la questione ambientale, dobbiamo andare oltre la gravissima inerzia di chi ci governa e affermare che il cibo è, e sarà uno degli snodi politici decisivi per rigenerare la nostra relazione con la Terra e garantire un futuro di pace.

L’eredita di Chengdu

La seconda peculiarità del prossimo congresso è che porterà a compimento gli stimoli e le indicazioni che sono nate in seno a Chengdu rispetto alla necessità di rendere il nostro movimento più aperto ed inclusivo. Questi slanci politici hanno bisogno di una struttura adeguata a raccogliere la sfida, superando forme burocratizzate e rigide per arrivare a dare vero e definitivo compimento alla forte dimensione di rete che ha distinto l’operato di Terra Madre fin dalla sua nascita, e che nei fatti ha già rivoluzionato il nostro movimento.

IIIV Congresso internazionale

Ecco allora giustificato il cambio di pelle che stiamo per affrontare. Questo ci consentirà di abbracciare e promuovere la diversità dei modi di aderire alla nostra rete e praticare il proprio attivismo. Una diversità che sarà forma e sostanza dello Slow Food “a vivere”; affinché l’appartenenza e l’operatività della nostra rete non si limiti al rigido modello associativo tipicamente occidentale, ma includa anche quello più antico e ancestrale delle comunità.

La forza della comunità

Le comunità d’altronde sono l’unità di base con cui la natura ha sostenuto la vita sul pianeta per miliardi di anni. A cominciare dai primi batteri che si sono sviluppati 3 miliardi di anni fa attraverso la formazione di colonie fino ad arrivare alle società più complesse; ogni forma di vita ha trovato nell’aggregazione e formazione di comunità una chiave evolutiva di successo. Questo perché le comunità sono contraddistinte dalla capacità di saper condividere problemi, risorse, conoscenze e obiettivi. E anche perché sono palestre di intelligenza affettiva e austera anarchia: i due elementi portanti per il perseguimento di un bene comune universale – il diritto al cibo buono pulito e giusto per tutti – ma comunque sempre nel rispetto delle libertà e diversità territoriali e individuali.

Un nuovo modello organizzativo

Stiamo vivendo tempi complessi, e se vogliamo incidere profondamente sulla trasformazione del sistema alimentare dovremo aprirci a modelli organizzativi più fluidi; non avendo paura di contaminarci, di incrociare strade che non sono le nostre e di ascoltare voci che suonano diversamente. Oggi per Slow Food essere attivisti per il cibo significa infatti stringere alleanze con tutti coloro che come noi credono che il cibo sia un nodo cruciale per l’avvenire dell’umanità. La trasformazione in fondazione di partecipazione ci permetterà di accogliere e riconoscere formalmente queste diversità nei modi di far parte della nostra rete, garantendo così quell’evoluzione che tutti i movimenti e le associazioni devono avere a cuore.

E nel nostro caso quest’evoluzione si caratterizzerà e consoliderà anche attraverso la transizione verso una governance che lascia spazio alle nuove generazioni.

Dobbiamo infatti avere la capacità di saper coniugare il nuovo con la storia. Di avere coscienza che il percorso fatto fino a oggi ha permesso il conseguimento di obiettivi apparentemente irraggiungibili; permettendoci di essere ciò che siamo. Il mondo di oggi è però profondamente diverso da quello che ha visto gli inizi del nostro movimento. C’è quindi bisogno di farci affiancare e indirizzare dalla creatività e dall’intuizione di soggetti nuovi capaci di interpretare il presente, per poi delineare la traiettoria che consentirà il raggiungimento di traguardi futuri.

Il cambiamento come rigenerazione

Ci apprestiamo a vivere un periodo di profondo cambiamento che invito ad affrontare con gioia e soddisfazione. Il cambiamento è infatti sinonimo di rigenerazione, di capacità di assecondare il naturale processo di evoluzione andando ad estendere il ciclo di vita fisiologico (nascita, crescita e declino) a cui nessuna realtà può sottrarsi.

Spero che questo mio invito giunga ancora più forte e caloroso a tutti coloro che non potranno essere presenti fisicamente all’appuntamento congressuale, ma che sentono le mie parole come proprie. Perché il cambiamento sarà sostanziale e duraturo solo se permeerà la nostra comunità planetaria a partire dalle realtà locali che da sempre sono l’humus vivo della nostra rete: luoghi dove si realizza il nostro presente e dove risiede la nostra possibilità di futuro.

Carlo Petrini