Il caffè è un prodotto agricolo. Ci avete mai pensato?

A un tavolo di sei persone difficilmente più di due prenderanno lo stesso formato. Normale, macchiato, corto, stretto, lungo, al vetro, americano.

Siamo in Italia e del caffè abbiamo fatto un culto, un’abitudine talmente radicata che quasi non ci facciamo più caso. Eppure quel gesto quotidiano alimenta un mercato globale secondo solo a quello del petrolio: il caffè è la bevanda analcolica più consumata al mondo dopo l’acqua; la sua coltivazione è fonte di reddito per oltre 25 milioni di famiglie in 50 diversi Paesi. Ed è forse l’alimento di cui conosciamo meno la storia, da dove viene, come è prodotto, che tipo di economia alimenta.

Caffè atto agricolo
Cyril Saulnier – Unsplash

L’imposizione di un gusto omologato

Perché il caffè non è solo una semplice bevanda energetica che prendiamo al volo al bar per pochi spiccioli, ma (anche se spesso lo dimentichiamo) è un atto agricolo, un prodotto che prima di arrivare nelle nostre tazzine è passato in sapienti mani e trasformato per donarci quello che – ricordiamoci – dovrebbe essere un piacere. E invece ci ritroviamo – tutte e tutti – ad adeguarci, seppur inconsapevoli, a un gusto omologato, a quel sapore forte, in cui nella maggior parte dei casi dominano amaro e bruciato, che correggiamo con generose dosi di zucchero. La realtà, potrete immaginare, è che le differenze di gusto sono tante quante le diverse colture (e culture) che portano il seme ad assumere forme, aromi e sapori tutti da scoprire.

Caffè atto agricolo
Gabriele Stravinskaite Unsplash

La produzione e le varietà in commercio

Il caffè è un frutto prezioso che cresce nei Paesi equatoriali compresi fra i Tropici del Cancro e del Capricorno. Originario degli altopiani etiopi, cresce dal livello del mare fino a 2000 metri di altitudine. Appartiene alla famiglia delle Rubiacee, genere Coffea. Se ne contano circa 70 specie diverse, fra cui due, la Coffea arabica e la Coffea canephora, nota come robusta, sono le più diffuse e commercializzate nel mondo. Anzi, arabica e robusta sono oggi diventate commodity, merci quotate in borsa che hanno origine da monocolture intensive e che ben poco rappresentano la vasta biodiversità del caffè. Ci sono specie minori* che non hanno valore commerciale ma appartengono alle tradizioni dei rispettivi Paesi produttori. E che possono regalare diverse esperienze di gusto.

Caffè atto agricolo

Caffè: un atto agricolo

Ed è a partire dal gusto, in piena filosofia Slow, che vogliamo avviare un percorso per imparare a conoscere meglio chi e cosa c’è dietro la nostra tazzina di caffè. Gusto che – come ben sappiamo – molto ha a che fare con i metodi di produzione e trasformazione. I nostri riflettori saranno dunque puntati sul modello agricolo, perché è a partire dalla terra, dal suo rispetto, dalla valorizzazione della varietà che si può costruire una filiera che rispetti tutti i suoi attori e ottenere un prodotto che possiamo definire veramente buono.

Caffè atto agricolo
Kawukha Mutwalibu Magolofa, coordinatore degli agricoltori Caffè Nyasaland Presidio Slow Food © Fellipe Abreu

Ne sono un esempio i nostri Presìdi sul caffe. Progetti che per noi rappresentano un modello di riferimento e un punto di partenza per una riflessione che sarà più ampia – che vorremmo diffondere e vi invitiamo a seguire nei nostri canali –  e che speriamo possa coinvolgere quanti più attori possibili, a partire da voi che consumate ogni giorno questa bevanda nata da una pianta straordinaria.

Come scelgo il mio caffè

Intanto, se vi chiedete come scegliere il caffè che più incontra il vostro gusto, di seguito vi lasciamo una breve guida sulle caratteristiche delle diverse zone di origine. Ma la verità è che il caffè giusto per voi sarà quello che saprà sorprendervi di più.

 

Appendice

Caratteristiche dovute all’origine

America Centrale e America Latina: grandi classici

Guatemala Antigua, Guatemala Huehuetenango, Costarica, Columbia, Panama

Caffè dotati di discreto corpo e notevole acidità, molto profumati. Si consumano come singole origini.

America Centrale e America Latina: piccoli classici

Messico Chiapas, Brasile Cerrado, Bolivia, Salvador, Honduras, Nicaragua, Perù

Offrono dolcezza anche torrefatti al grado scuro. Sono dotati di buon corpo, acidità ed equilibrio. Ottime basi per le miscele.

Africa

Kenya, Etiopia Sidamo, Tanzania, Congo

Negli arabica domina il sentore vinoso, piuttosto acido. Si avvertono note di fiori e frutta. I robusta sono corposi, gradevolmente amari e colmi di sentori di cioccolato. Entrambe le varietà rendono complesse e migliori le miscele.

Indonesia

Papua Nuova Guinea, Sumatra Mandheling, Sulawesi, Timor

I caffè del Pacifico sono ricchi di corpo e per la maggior parte di poca acidità. Suonano toni profondi, sono caffè di base che arricchiscono e caratterizzano le miscele e si sposano facilmente alle origini di ogni luogo del mondo.

India

Indian Monsooned, Malabar, Maragogype

Il corpo è sciropposo, di acidità minima: aggiungono corpo e una nota originale alle miscele.

I consumi

Ogni anno nel mondo si bevono oltre 500 miliardi di tazze di caffè (dati International Coffee Organization Ico).

Ma come sono suddivisi?

 

* Specie minori

Tra le altre specie, la Coffea liberica è sporadicamente coltivata a Giava; la Coffea excelsa, endemica del lago Chad, al confine con Nigeria, Niger, Ciad e Camerun, può raggiungere i nove metri di altezza ed è detta Kafeng Barako; la Coffea charrieriana del Camerun, è una specie priva di caffeina come la C. gallienii, la C. bonnieri e la C. mogeneti; la Coffea magnistipula, endemica di Guinea, si è adattata al suolo delle foreste pluviali. La specie che produce i semi più saporiti e profumati ma che non è disponibile sul mercato, è la C. stenophilla. È giudicata superiore all’arabica per molti aspetti: è una pianta forte, con un gran raccolto e produce una bevanda dal sapore più ricco. Originaria della Sierra Leone, scoperta allo stato selvaggio alla fine del milleottocento e introdotta nelle colonie inglesi nel tentativo di sostituire le arabica colpite dall’epidemia di ruggine, la C. stenophilla, venne presto esclusa per il fatto di richiedere nove anni per giungere a maturità e fruttificare: due anni di più dell’arabica e cinque di più della robusta.

 

A cura di Michela Marchi
m.marchi@slowfood.it