Ogni anno il benessere di milioni di animali allevati per la loro carne, il latte e le uova è seriamente compromesso.
Da anni, Slow Food sottolinea la necessità di introdurre misure che tengano conto del benessere degli animali, sostenendo gli allevatori che scelgono di migliorare i propri standard al di là di quanto richiesto dalle leggi nazionali. Una questione cara al progetto Ppillow, che ha presentato durante l’evento internazionale Cheese, Considera gli animali, alcune attività.
L’approccio industriale ha trasformato l’allevamento degli animali in “zootecnia”, cioè nella scienza dello sfruttamento della produzione animale, e gli allevatori in “imprenditori agricoli”. Non si tratta solo di un’osservazione di stile, lessicale, ma di un cambiamento di sostanza che ha avuto risvolti capaci di sconvolgere il senso del rapporto con gli animali, snaturandolo. Un approccio che ha trasferito in questo settore i principi industriali delle economie di scala e della meccanizzazione. Ma gestire gli allevamenti come catene di montaggio è inumano e inoltre costa caro. Un conto salato che paghiamo tutti, non solo in termini di benessere animale, ma anche di malattie, pessima qualità del cibo, danni all’ambiente e crisi climatica.
La rete degli allevatori appartenenti ai progetti dei Presìdi Slow Food è protagonista già da tempo di scelte virtuose: gli allevamenti di riferimento dei produttori sono di piccola scala, semi-estensivi o estensivi, biologici o comunque a basso input. Spesso conservano razze autoctone di valore. Altri produttori della rete devono fare ancora un percorso di miglioramento, alla ricerca di nuove soluzioni più adeguate a garantire agli animali una vita degna.
«Il sistema attuale – spiega Jacopo Goracci, zootecnico della Tenuta di Paganico, durante una conferenza a Cheese 2021 – rappresenta una grande minaccia per la sussistenza degli allevatori di piccola scala che non riescono a tenere il passo con la concorrenza di produzioni enormi e i bassi prezzi dati dalle economie di scala implementati nel settore zootecnico. Inoltre, il rapporto tra gli agricoltori e il loro bestiame, sviluppatosi nel corso di migliaia di anni, è stato completamente sbilanciato».

Anche da questi presupposti si è quindi sviluppato il progetto Ppillow: finanziato dall’Unione europea, mira a costruire soluzioni per migliorare il benessere del pollame e dei suini allevati in sistemi di allevamento biologico e all’aperto a basso impatto ambientale.
Due le peculiarità del progetto. La prima è l’approccio partecipativo, che coinvolge tutti gli attori della catena di produzione dagli allevatori ai consumatori (inclusi allevatori, incubatoi, fornitori, trasformatori, dettaglianti…), cittadini, scienziati e politici, per proporre e studiare leve di miglioramento del benessere. La seconda la capacità di fornire una combinazione di soluzioni pratiche per il miglioramento del benessere che possono essere applicate su base paneuropea con adattamenti specifici a seconda del mercato di destinazione.
Al di là di facili slogan sul benessere animale, dunque, non c’era palco migliore per il progetto, se non quello di Cheese 2021, Considera gli animali, per organizzare alcuni momenti di riflessioni più approfondita sul tema.
La macellazione in azienda
Uno dei temi trattati nella conferenza Prima dei salumi, considera gli animali è stata la sperimentazione della macellazione in azienda, un progetto della Tenuta di Paganico, dove il direttore Jacopo Goracci ha partecipato ai lavori della Task 1 del progetto, collaborando in vari focus groups e NPGs. Grazie a una collaborazione con la Facoltà di Agraria di Pisa e al supporto della Regione Toscana, l’azienda ha realizzato un trailer attrezzato – costruito in Germania – per effettuare la macellazione in azienda dei suini di razza Cinta senese e incroci, allevati dalla Tenuta di Paganico allo stato semi-estensivo.
Grazie quindi a un protocollo di autorizzazione temporanea concordato con gli enti pubblici di controllo sanitario, in azienda possono avvenire le fasi di stordimento e iugulazione, mentre i cicli successivi di depilazione, eviscerazione, divisione in mezzene e controllo igienico sanitario post-mortem avvengono al macello.
Questa operazione consente di evitare ai suini lo stress del trasporto e della macellazione operata da operatori sconosciuti, in un luogo non noto agli animali e dove non può essere garantito, purtroppo, il rispetto di questa cruciale fase di vita, specialmente in soggetti decisamente poco inclini a movimentazioni e meccanizzazione. I risultati attesi includono ovviamente un aumento della qualità delle carni, trasformate poi direttamente in azienda. Un’esperienza che Slow Food intende diffondere ulteriormente nella sua rete affinché sempre più allevatori possano adottarla.
Il benessere animale nell’analisi dei disciplinari di produzione delle Ig europee
L’evento internazionale è stato anche l’occasione per presentare l’ultima ricerca di Slow Food sulle indicazioni geografiche europee dei salumi: un’analisi dei disciplinari di produzione di 176 Dop/Igp della filiera suinicola. Focus principale della ricerca, infatti, sono le indicazioni geografiche che dovrebbero proteggere e sostenere i prodotti alimentari tradizionali europei, difendere la diversità e premiare la qualità. Un attento sguardo però, concentrato per lo più sulle specifiche di prodotto, rivela molte aree grigie, e in definitiva un quadro scoraggiante quando si tratta di sostenibilità, benessere degli animali e salute dei consumatori.
«I regolamenti europei saranno rivisti, e la nostra speranza è che i nuovi disciplinari siano più rigorosi sugli aspetti legati alle modalità di allevamento e alimentazione degli animali, se vogliono puntare su sostenibilità e qualità e distinguersi nel mercato globale, – ha dichiarato Raffaella Ponzio, coordinatrice della campagna Slow Meat – Proteggere un prodotto tradizionale significa garantire le condizioni di produzione che ne hanno determinato la fama e l’identità. Non dobbiamo dimenticare che il benessere degli animali e la loro alimentazione sono fondamentali per dare identità ai salumi e garantirne la qualità sensoriale, tanto quanto le competenze legate alla loro lavorazione».
Slow Food ha ribadito con questa ricerca non solo l’importanza dell’utilizzo di razze locali e autoctone, ma anche di protocolli di produzione che includano specificamente indicazioni su come vengono allevati gli animali, con un maggior rispetto del loro benessere; mangimi di qualità superiore e di provenienza locale; macellazione in prossimità dell’allevamento.
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PIGLOW, una app per valutare il benessere animale
Durante l’ultima giornata dell’evento internazionale si è tenuta una tavola rotonda in cui una cinquantina di allevatori, tecnici, esponenti delle istituzioni, si sono confrontati – anche in presenza del pubblico – su cosa significa benessere animale. Nel corso dell’incontro è stato presentato ufficialmente il progetto Ppilow e la app di valutazione del benessere dei suini PIGLOW.
«Il benessere animale – ha spiegato Anna Zuliani, veterinario dell’Associazione Veterinari Senza Frontiere (VSF) e consulente di Slow Food per i progetti di allevamento e la campagna Slow Meat – non può essere valutato come dato a sé, a prescindere dal benessere dell’uomo e del contesto ambientale in cui si alleva. Tutto il progetto Ppilow è infatti ispirato ai principi del OneWelfare, che vede il benessere come il risultato di una relazione ottimale tra questi soggetti. Lo sviluppo di una app intende contribuire al monitoraggio e quindi al continuo miglioramento del benessere animale in azienda. Queste applicazioni ovviamente sono uno strumento, non ancora perfetto probabilmente, ma fondamentale per dare maggior consapevolezza agli allevatori della propria situazione aziendale e uno spunto su eventuali miglioramenti da attuare. È basato non sulla valutazione delle strutture di allevamento ma sull’osservazione di indicatori animal-based (zoppie, lesioni alle orecchie e alla coda, pulizia degli animali, comportamento ecc..)».
Perché quindi scaricare l’app e fare quest’analisi?
«Per osservare gli animali, – conclude la Zuliani – fotografare la situazione aziendale, progettare azioni di miglioramento, avere maggiore consapevolezza dei metodi di valutazione del benessere (per allinearsi anche sui controlli fatti dagli enti preposti e saper interloquire con chi è addetto alle verifiche), raccontare il proprio impegno verso il benessere animale ai consumatori che sempre più sono interessati a questo argomento».
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Alla conferenza ha partecipato anche la presidente di Federbio, Maria Grazia Mammuccini.
«Abbiamo siglato un accordo di collaborazione con Slow Food su molti temi sui quali le nostre posizioni sono vicine. Uno di questi è la zootecnia e il benessere animale. È fondamentale – ha spiegato Maria Grazia Mammuccini – non solo monitorare le aziende, ma anche aiutarle nel cammino verso un più consapevole benessere animale.
Tale benessere infatti non è solo relativo a quanto stanno bene gli animali allevati in un dato allevamento, ma significa anche prevenzione delle malattie, maggior legame con la terra e rispetto del pianeta in generale.
I sistemi agricoli e gli animali sono sistemi viventi, complessi e fortemente integrati con l’ambiente di coltivazione e di allevamento. L’illusione di poter forzare questi cicli semplificando su vasta scala tali relazioni e ignorandone le conseguenze, come se l’agricoltura fosse una fabbrica a cielo aperto, deve finire. C’è un problema di impatto ambientale, di diffusione di malattie, di qualità del cibo, ma anche di crudeltà e disumanità sugli animali che è intollerabile. Bisogna proporre modelli alternativi concreti. Il cambiamento climatico ci ha violentemente fatto prendere coscienza di tutto questo. Abbiamo l’esigenza di tenere saldi i principi e i valori che fanno percepire l’agricoltura biologica come un’agricoltura moderna che concilia sostenibilità ambientale e sociale con sostenibilità economica. Serve certamente molta innovazione anche tecnica, ma fortemente ancorata ai principi che sono sanciti nella normativa europea, per mantenere una chiara distintività dei prodotti biologici certificati rispetto a quelli dell’agricoltura convenzionale, proprio a partire dalla genetica delle piante e degli animali. Questo significa avere terreni non più desertificati dall’agricoltura chimica, ma ricchi di sostanza organica e vivi perché dotati di microrganismi utili, in modo da sviluppare l’agricoltura e l’allevamento in ambienti densi di biodiversità caratterizzati da una variabilità genetica adatta alle condizioni locali e alle nuove situazioni alle quali dobbiamo far fronte».
«In questo preciso momento storico – ha dichiarato Marcello Volanti, veterinario e consulente Ecor NaturaSì – gli animali si trovano come in una sorta di sfera economica, fanno parte di un sistema di produzione che non li riconosce più. Dobbiamo ritrovare il giusto equilibrio tra uomini e animali, tra umanità e pianeta, in generale, oltre che tra esigenze di specie e esigenze economiche. L’esperienza sul campo sicuramente è fondamentale e gli allevatori – consapevoli – sanno quando i loro animali così come l’intera loro azienda sta bene».
«Slow Food si adopererà per il pieno riconoscimento del benessere animale come elemento delle future strategie sulla sostenibilità del sistema alimentare – ha concluso Raffaella Ponzio – Già in passato Slow Food ha partecipato a diverse campagne, europee e non, come End of Cage che ha raccolto un milione e mezzo di firme per il bando delle gabbie e si impegna in futuro a combattere su temi come trasporto degli animali, oltre che, a livello di progetti associativi, nella salvaguardia della biodiversità animale, nella riduzione dei consumi di carne e nella valorizzazione di chi alleva in modo sostenibile con la campagna Slow Meat».