Barba di becco, un vero cult della gastronomia di montagna

Vi presentiamo oggi un’erba molto nota e consumata in Piemonte, ma che, viste le sue caratteristiche organolettiche, meriterebbe più attenzione anche altrove. In questo periodo e fino a maggio si troverà nei campi di tutta la penisola. È la barba di becco, nelle due varietà Tragopogon porrifolius e T. pratensis, rispettivamente dai fiori rosa e gialli, di cui però si consumano ora i primi getti, con le foglie avvolte al fusto, o le radici. Al loro interno hanno un copioso lattice bianco con cui bisogna fare attenzione a non macchiarsi soprattutto se si hanno vestiti chiari. Il sapore è piacevolmente amarognolo e ricorda un poco la nocciola, più la noce se parliamo delle radici. Le parti aeree hanno una texture godibile, mentre le radici invece sono più robuste e carnose. I fusti sono poco ramosi, cavi, ingrossati ai nodi, le foglie lanceolate. Possono raggiungere il metro di altezza, ma è meglio coglierli ora, appena nati.

IN CUCINA

Nelle zone montane e pre-montane cuneesi sono un vero culto gastronomico, dove le radici vengono cucinate lessate, condite con olio, limone e burro fuso, sale, pepe e prezzemolo tritato. Si usano anche accompagnandole a creme di formaggio mentre per i fusti è sufficiente una passata in padella e un condimento con burro.

Potrebbe essere un’ottima idea preparare un delizioso flan. Dopo averli stufati brevemente, si tritano finemente e si incorporano con besciamella, uova, burro e parmigiano grattugiato, più un po’ di pan grattato per dare giusta consistenza. Messi i composti nelle formine, si infornano a 150° per un’ora e mezza e a bagno maria. La radice può anche essere tagliata a dischetti ed essiccata per essere conservata sotto vetro: sostituisce benissimo i funghi secchi nei loro impieghi culinari.

DOVE SI TROVA

Si trovano al mercato ma andateli a cercare, sono molto diffusi: in piemontese si chiamano barbabuch, ma i tanti nomi locali ne dichiarano la presenza da Nord a Sud e nelle isole. Si va da basapret, bossiei, erba da lat, sparagi de pra’ al Nord, passando per sessefrica, belle bimbe, papacciole e papaline al Centro, fino a latti d’oceddu, minna di vacca e varva di beccu al Sud e isole.

 

Carlo Bogliotti
c.bogliotti@slowfood.it

da La Stampa del 24 marzo 2018

www.slowfoodeditore.it