È una delle razze più antiche e importanti d’Italia. Brada, rustica, bruna o fulva e grossolana ai primi del Novecento, negli ultimi 50 anni è cambiata profondamente, trasformandosi in un bovino alto, possente (il più grande del mondo), dal manto candido e dalla testa leggera ed elegante. Allevata originariamente in Valdichiana (da cui il nome) era usata soprattutto come razza da lavoro. A partire dal secondo dopoguerra, con la meccanizzazione dell’agricoltura, è stata quasi completamente abbandonata fino a rischiare la scomparsa. Soltanto la passione di qualche allevatore ha salvato questo importante patrimonio genetico, economico e culturale. Adatta al pascolo, dalle stalle di pianura la chianina si è poco per volta spostata in montagna, passando dall’allevamento stanziale a quello brado e semibrado: le vacche sono al pascolo dal 1° maggio al 15 novembre (soltanto durante l’inverno sono rinchiuse in stalla e alimentate con i fieni raccolti nella bella stagione). Oggi la sua carne è celebre in tutto il mondo, per questo motivo è fondamentale distinguere la chianina autentica dalle imitazioni e tutelarla.
Area di produzione
Province di Siena e Arezzo, Toscana
Comunità del cibo
Originaria della montagna senese, in particolare dei boschi fra Monteriggioni, Siena, Sovicille e Casole d’Elsa, la cinta senese è l’unica razza suina toscana sopravvissuta all’estinzione. Rustica e resistente, ideale per l’allevamento brado e semibrado, nei secoli si è leggermente modificata probabilmente per incroci con i cinghiali, con la confinante razza maremmana, con il bestiame che dall’Appennino tosco-emiliano, dall’Emilia, dalla Garfagnana, dallo Stato Pontificio e perfino dal Regno di Napoli ha attraversato la Maremma senese nei periodi di transumanza. I maiali di cinta crescono liberi, oggi come un tempo, nutrendosi di erbe e di ghiande. La carne di cinta è venata di grasso in modo omogeneo, saporita e profumata. Con le varie parti si preparano rigatino, guanciale, prosciutto, salame, capocollo.
Area di produzione
Toscana
La comunità è nata all’interno dell’associazione Agricoltori custodi e si occupa di recupero, promozione e valorizzazione delle varietà locali di fagioli. Grazie alla banca del germoplasma della Regione Toscana e a un lavoro certosino di ricerca sono state recuperate 17 varietà: dai fagioli mangiatutto a quelli da sgranare, da consumare freschi o secchi, a quelli utilizzabili nei due modi. Si raccolgono a maturazione, facendoli essiccare in azienda, o in modo scalare man mano che maturano i vari palchi. Le varietà da consumare secche sono pulite manualmente e conservate con un trattamento a temperatura di congelamento per impedire lo sviluppo di larve di insetti. Tra le preparazioni culinarie in cui entrano, la zuppa alla frantoiana, la minestra di farro, la farinata, i "topi affogati".
Area di produzione
Provincia di Lucca, Toscana
La comunità del cibo dell’Uccellina si è posta l’obiettivo di conservare e valorizzare la produzione di cibo di qualità in maniera sostenibile in un’area di alto pregio, presidiando la memoria storica del territorio. Ne fanno parte piccoli agricoltori e allevatori, trasformatori di materie prime agricole, nonché persone che mantengono vive le antiche attività lavorative di supporto alla produzione agricola e le antiche tradizioni legate a queste attività. Nella filosofia di Terra Madre la comunità del cibo è anche una comunità dell’apprendimento, pertanto la comunità dell’Uccellina parteciperà attivamente alle iniziative per l’orto scolastico della scuola materna e primaria di Rispescia realizzato con il progetto Orto in condotta voluto dal Comune di Grosseto, dalla direzione didattica del IV circolo e dalla condotta Slow Food di Grosseto.
Area di produzione
Grosseto
La comunità si è aggregata intorno al progetto Orto in condotta ed è formata dai volontari della condotta che seguono le attività collaterali, dagli insegnanti delle scuole coinvolte, dai produttori che partecipano al Mercato della terra di San Giovanni Valdarno, dagli studenti degli istituti superiori che collaborano e dai cuochi dell’Alleanza Slow Food.
Si è sviluppata con il supporto della pubblica amministrazione e in sinergia con le tante associazioni che animano il territorio in nome di cultura, volontariato, proposte didattiche e ludiche, recupero di luoghi e saperi, tutela del paesaggio. Tutta la comunità interagisce, nel rispetto delle diversità e per lo sviluppo delle attivita laboratoriali.
Area di attività
Valdarno, provincia di Arezzo, Toscana
L’Aglione della Chiana si coltiva nei terreni pianeggianti bonificati della Val di Chiana ed in particolare in alcune frazioni del Comune di Montepulciano; è un aglio gigante dal caratteristico e gustoso aroma privo di alliina e dei suoi derivati. La caratteristica è data dal clima e dai terreni sciolti bonificati per colmata della Valle della Chiana. E’ di colore bianco tendente all’avorio, ha una forma quasi sferica con leggero schiacciamento ai poli, ha generalmente sei bulbilli e può raggiungere anche il peso di circa 800 grammi. Ha un gusto decisamente delicato, ideale per chi non ama particolarmente il gusto forte dell’aglio. In Val di Chiana viene tradizionalmente impiegato per preparare i Pici all’aglione.
Con l’industrializzazione degli anni ’60, si è persa la tradizione di coltivarlo a livello familiare e contemporaneamente è calata la produzione a fini commerciali tanto che oggi la produzione è quasi limitata all’autoconsumo.
La comunità ha lo scopo di ridare slancio alla produzione dell’Aglione e far riscoprire al territorio questa preziosa risorsa.
Area di produzione: Val di Chiana, Toscana
Questo piccolo dolce è nato alla fine dell’800 nel Monastero Agostiniano di Santa Cristiana nel paese di Santa Croce sull’Arno.
Si narra che la nascita di questo amaretto sia legata alla dote che le novizie portavano con loro al momento dell’entrata in clausura, overro le mandorle.
L’amaretto veniva dato in cambio di donazioni e limosine per il Monastero. Negli anni, in molti hanno continuato la produzione dell’amaretto rispettandone la ricetta tradizionale, la tecnica e i momenti di preparazione. Ancora oggi alcuni particolari della ricetta non sono stati rivelati. L’8 dicembre di ogni anno si festeggia la Sagra dell’Amaretto Santacrocese. Nel centro storico della città vengono allestite bancarelle e gli artigiani produttori dell’Amaretto organizzano le degustazioni del prodotto.
Area di produzione
Santa Croce sull’Arno, provincia di Pisa
La comunità ruota intorno al progetto Orto in condotta ed è formata da volontari che organizzano le attività all’interno dell’orto, dagli insegnanti e i bambini delle scuole coinvolte, dai produttori, ristoratori e dai cuochi dell’Alleanza che a vario titolo partecipano alla formazione degli studenti. Il progetto è nato e si mantiene grazie al supporto dell’amministrazione pubblica e in sinergia con tante altre realtà che animano il territorio in nome di cultura, volontariato, proposte didattiche e ludiche, recupero di luoghi e saperi, tutela del paesaggio. Gli obiettivi della comunità sono il sostegno del progetto Orto in condotta facendo in modo che la rete locale sia sempre più ampia, l’avvio di collaborazioni con un numero sempre maggiore di enti e associazioni che lavorano del campo del cibo, l’entrare in relazione con altre comunità che sostengono gli orti a livello nazionale e internazionale.
Area di attività
Livorno, Toscana
La comunità si è aggregata intorno al progetto Orto in condotta della provincia di Lucca e si è sviluppata con il supporto dell’associazione “Scuola ti voglio bene comune”, nata per supportare le attività didattiche nel comune di Capannori e con diversi progetti educativi all’attivo sul territorio. La comunità sviluppa laboratori con gli studenti, organizza momenti di formazione e informazione per i genitori e momenti di approfondimento per gli insegnanti sui temi legati al cibo: biodiversità, nutrizione, educazione sensoriale, etichettatura, impatto ambientale, riduzione degli sprechi alimentari, rispetto per le risorse naturali. Propone inoltre momenti di convivialità, feste, eventi, manifestazioni legate ai prodotti, ai produttori e alla cucina del territorio.
Area di attività
Lucca e provincia, Toscana
La comunità è nata attorno alla condotta Val di Chiana che nel 2013 ha intrapreso il percorso dell’Orto in condotta con il comune di Civitella in Val di Chiana e l’istituto comprensivo Martiri di Civitella di Badia al Pino. La comunità del cibo è nata proprio perché i volontari che hanno contribuito a tale progetto non si sono fermati al solo scopo di fare dell’orto uno strumento di educazione per gli alunni, ma sono andati oltre. La comunità si è data da fare nel realizzare un percorso didattico esperienziale sul pane ela biodiversità dei grani antichi: semina a mano effettuata dai bambini, mietitura, battitura, macinazione del grano, panificazione. La volontà è quella di ripetere il progetto e cercare di estenderlo anche ad altri cibi che richiedono un lungo percorso di lavorazione e hanno un grande valore didattico/educativo.
Area di attività
Val di Chiana, provincia di Arezzo, Toscana
La comunità dell’Orto de’ Pecci unisce al recupero di un orto medievale collocato a 200 metri da Piazza del Campo il recupero di soggetti svantaggiati provenienti dal disagio psichico e dalle tossicodipendenze. Le coltivazioni sono tutte biologiche. I prodotti dell’orto vengono impiegati nel ristorante interno alla struttura che ospita l’orto. La cooperativa sociale La proposta ha una produzione orticola legata all’andamento stagionale, che consente di proporre ai clienti del ristorante una dieta mediterranea variata e ricca di verdure, insieme a prelibatezze della tradizione senese. In particolare nelle attività con le scuole si organizzano dei momenti di educazione alimentare in cui, con l’aiuto di una dietista, si introducono i bambini ai temi di una sana alimentazione spiegando loro i valori nutrizionali dei cibi e le corrette abitudini nel mangiare. L’orto medievale, invece, propone il recupero di una ricca varietà di erbe aromatiche, officinali e tintorie, consentendo la riscoperta di vecchi sapori nella cottura di cibi tradizionali e delle proprietà curative di alcune piante. Tra le erbe aromatiche coltivate si prediligono alcune specie domestiche come il dragoncello senese, che si distingue per il fragrante aroma rispetto al classico estragon, qualità diffusa in Italia a partire dalla Toscana, secondo la tradizione senese importata da Carlo Magno nel 774 e coltivata inizialmente nell’orto dell’Abbazia di Sant’Antimo nei pressi di Montalcino. L’orto e il ristorante dell’Orto de’ Pecci creano così un circolo virtuoso in grado di garantire la sopravvivenza della comunità nel rispetto e nella salvaguardia di produzioni e saperi antichi.
Area di produzione
Siena
Il progetto, frutto di un’intesa siglata tra Slow Food Toscana, Fondazione Slow Food per la Biodiversità e CoSviG (Consorzio per lo Sviluppo delle Aree Geotermiche), ha l’obiettivo di dare vita nel comprensorio dell’area geotermica tradizionale toscana alla prima comunità mondiale del cibo a energia pulita e rinnovabile, individuando soluzioni appropriate per la produzione agroalimentare con sistemi e tecnologie di processo innovativi, caratterizzati dall’uso di energia prodotta da fonti rinnovabili. Questa idea è nata proprio in Toscana, dove già si utilizza la geotermia per rilanciare forme di agricoltura sostenibile, si recuperano produzioni tradizionali utilizzando energia pulita e si incentivano i produttori che potrebbero dare vita a nuove filiere produttive pulite. Il progetto si caratterizza per la qualità e la sostenibilità delle produzioni agroalimentari del territorio, dove sono state individuate soluzioni con sistemi innovativi per la riduzione dell’impatto e per lo sviluppo sostenibile, nelle fasi di allevamento di bestiame e di produzione di formaggi, salumi, prodotti orticoli.
Area di produzione
province di Pisa, Siena e Grosseto, Toscana
Il Distretto dei produttori biodinamici di Lucca nasce nel 2013 ed è composto da 12 aziende agricole dedicate alla produzione di vino e olio extravergine d’oliva, e una specializzata nella produzione ortofrutticola. In meno di 10 anni una superficie superiore a 100 ettari ha iniziato a essere coltivata con metodo biodinamico grazie alla passione di alcuni produttori per la sperimentazione di nuove forme di conduzione dell’azienda. Le caratteristiche del territorio, caratterizzato da piccole proprietà e posto al di fuori dei grandi circuiti internazionali della produzione vitivinicola in Toscana, hanno consentito di praticare con successo questa sperimentazione. Il Distretto è attivo con iniziative nei confronti dei cittadini: attraverso eventi speciali, degustazioni e l’apertura delle aziende al pubblico, si mostrano concretamente i risultati delle pratiche agricole sostenibili e i princìpi dell’agricoltura biodinamica.
Area di produzione
Provincia di Lucca, Toscana
Il Monteregio, nell’alta Maremma toscana, è un territorio vasto e variegato, che parte dal litorale tirrenico per arrivare nel cuore delle Colline metallifere, a oltre 1000 metri di altitudine. In esso sono presenti quasi tutti gli ambienti toscani, compreso il lacustre e il geotermico. Otto i comuni interessati esprimono produzioni di eccellenza che vanno dalla vite all’olivo, dal miele alla frutta, dall’allevamento alla trasformazione. La nutrita comunità raggruppa vari soggetti che coprono tutta la filiera, dalla produzione al consumo, tutti impegnati per la salvaguardia e la promozione dei prodotti del territorio.
Area di produzione
Monteregio, provincia di Grosseto, Toscana
La comunità è composta da coltivatori e trasformatori di Triticum dicoccum, una delle tre popolazioni varietali chiamate genericamente farro e progenitrici degli attuali grani duri e teneri. Insieme all’orzo, il farro è il cereale più antico conosciuto dall’uomo e, in Garfagnana, le sue caratteristiche si sono mantenute inalterate nei secoli. Viene seminato in autunno – le coltivazioni non prevedono trattamenti di nessun tipo – ed è raccolto l’estate successiva. La semina avviene come per il grano: a spaglio o a file. La lavorazione finale è la sbramatura che serve a separare il glume dalla cariosside per ottenere il tipico granello maculato. Il farro è uno dei protagonisti della cucina tradizionale garfagnina: si consuma in zuppe e minestre oppure come accompagnamento dei funghi.
Area di produzione
Garfagnana, provincia di Lucca
La coltivazione del formenton ottofile della Garfagnana e valle del Serchio è abbastanza limitata, sia per la scarsa estensione coltivabile sia per il clima molto spesso avverso. È un tipo di mais a bassa capacità produttiva, abituato a trarre il massimo profitto dalle difficoltà idriche e resistente alle avversità. La parte aerea della pianta rispecchia le vicende della vita vissuta; i caratteri distintivi della varietà sono: pannocchie frequentemente solitarie, duplici, triplici nelle terre irrigue, foglie poco abbondanti, piuttosto strette e sollevate con lamine leggermente ruvide. La lunghezza media della pannocchia è di circa 25-28 centimetri e la granella è disposta in otto file, ciascuna composta da 44-46 chicchi. La lavorazione dei terreni si effettua in primavera, si semina a fine aprile in solchi a distanza variabile fra i 60 e gli 80 centimetri. La raccolta avviene manualmente, l’essiccazione in pannocchia e la molitura si effettuano con macine a pietra. La farina così ottenuta ha una colorazione più intensa.
Area di produzione
Valle del Serchio, provincia di Lucca
La comunità è composta da sette piccole frazioni che si dedicano alla produzione dell’olio extravergine d’oliva e del fagiolo cannellino di San Ginese. I terreni sono composti da terrazzamenti sostenuti con muri di pietra, dove l’olivo era storicamente coltivato nelle parcelle più alte, e i fagioli in quelle più basse (le cosiddette fagiolaie) a ridosso dei torrenti. Questo territorio necessita di molte opere di mantenimento e questo è lo scopo principale della comunità. Al suo interno sono presenti anche i casari e artigiani che trasformando le materie prime locali producono cesti e sedie impagliate, e contribuiscono con il loro lavoro al mantenimento del territorio.
Area di produzione
Comune di Capannori, provincia di Lucca, Toscana
La patata rossa di Cetica, vecchia cultivar di Solanum tuberosum, si distingue per la forma globosa, l’intensa colorazione rossa in superficie e la polpa bianco latte con venature rosee concentriche. Citata già nel secolo scorso in ricettari e guide, si coltiva sull’Appennino toscano oltre i 500 metri di quota, preferibilmente vicino a boschi di castagno. Dal dopoguerra a oggi la rossa di Cetica è stata progressivamente soppiantata da altre varietà provenienti dal Nord Europa e dall’America. Nel 2001 è stato avviato un progetto di recupero della coltivazione e di valorizzazione in campo gastronomico di questo prodotto dal sapore leggermente salino, che regge bene la cottura ed è ideale per gli gnocchi e i tortelli di patate casentinesi.
Area di produzione
Cetica, frazione di Castel San Niccolò, e alcuni comuni del Casentino, provincia di Arezzo
Il progetto nasce per la valorizzazione dei grani antichi mediante lo sviluppo di un sistema territoriale di filiera corta. L’associazione culturale “La Piazzoletta” custodisce varietà di di grani antichi che ha riprodotto nell’alta Maremma tra le valli del Fiora e Albegna, caratteristiche da ricchezze ambientali e storiche. Gli obiettivi della comunità consistono nel ricercare e recuperare le varietà di grano coltivate sul territorio – abbondanza, autonomia, rieti e gentil rosso –, nel recuperare le tecniche di panificazione abbandonate, nel promuovere il lavoro degli agricoltori presso i consumatori che apprezzano questi prodotti perché capaci di rispondere a una particolare attenzione per l’ambiente, il mondo rurale, le tradizioni gastronomiche e la salute.
Area di produzione
Maremma, provincia di Grosseto, Toscana
Il mirtillo nero selvatico è una specie tipica dell’Appennino tosco emiliano, dove viene raccolto, trasformato e commercializzato in quantità. Per mirtillo nero selvatico dell’Abetone si intende esclusivamente la specie Vaccinium myrtillus L., che cresce spontanea su queste montagne, dove trova il suo habitat naturale partendo dai 1000 metri di altitudine fin sopra il limite della vegetazione arborea. La pianta è un piccolo arbusto di 40-50 centimetri di altezza, appartenete alla famiglia delle ericacee. L’area di produzione stimata (circa 5000 ettari) è compresa maggiormente tra le province di Pistoia, Lucca e Modena. La quantità raccolta è di circa 6000-8000 quintali annui. Il frutto, una bacca sub-sferica di colore nero-bluastro, le cui qualità, vengono apprezzate fin dall’antichità per le particolari proprietà organolettiche e terapeutiche, è utilizzato, oltre che per le preparazioni alimentari, anche per quelle farmaceutiche. La raccolta del mirtillo è effettuata da raccoglitori professionisti, autorizzati, con appositi pettini (rastrelli). Il periodo di raccolta va dalla fine di luglio fino a settembre inoltrato. Il prodotto raccolto viene separato dalle foglie e pulito per poi essere venduto fresco, surgelato o trasformato in confetture, sciroppi, succhi di frutta, frutta sciroppata e liquori. Il prodotto fresco è inoltre utilizzato dai ristoratori locali come ingrediente di alcuni piatti. La comunità del cibo, comprendente raccoglitori, trasformatori, ristoratori e commercianti, in tutto una quindicina di persone, si pone lo scopo di far conoscere e preservare il prodotto e il suo prezioso territorio.
Area di produzione
Aree montane delle province di Pistoia, Lucca, Modena
Sull’isola resistono ancora attività produttive che vantano secoli di storia. Il territorio rurale ricco di palmenti, sorgenti e terrazzamenti è stato mantenuto nel tempo, essendo l’unica fonte di approvvigionamento alimentare. Rimasto intatto nella sua struttura, è un notevole giacimento culturale, che racconta 2000 anni di storia, durante i quali l’uomo, con tenacia, ha asservito un territorio difficile per viverci in autonomia. L’attività più rilevante è la coltivazione della vite; il vitigno ansonica ha trovato nel difficile ambiente granitico un luogo ideale per dare un prodotto unico; i terrazzamenti a secco in ogni angolo di terra danno l’idea di quale successo abbia avuto in passato la coltura. Negli ultimi anni le vigne sono state abbandonate per seguire lavori più remunerativi, ma rimangono alcune persone che continuano a vinificare secondo la tradizione che ha reso celebre il vitigno. La raccolta di frutta e ortaggi e la pesca, pazientemente organizzate nell’arco di secoli, sono ancora oggi praticate dalle persone legate all’isola, che si sono riunite nella comunità che, oltre a contadini e pescatori, coinvolge artigiani, artisti e cantastorie interessati a mantenere vive le esperienze legate al territorio, in molti casi dettate dal bisogno di sopravvivenza, che oggi si vanno perdendo.
Area di produzione
Isola del Giglio, provincia di Grosseto