Slow Wine Scouting – Vitale Girardi, Malga Ribelle

I mesi primaverili ed estivi sono quelli in cui effettuiamo la maggior parte delle visite alle aziende per la redazione di Slow Wine; oltre a ritornare nelle cantine già presenti nelle passate edizioni della guida andiamo a visitare anche nuove realtà, scovate setacciando a fondo i vari territori vitivinicoli d’Italia, che ci piacciono parecchio ma che per vari motivi non riusciamo a inserire in guida.

Spesso anche solo perché non c’è posto, e quindi poniamo queste aziende “in osservazione” prima di operare delle sostituzioni.

In molti casi però si tratta di aziende che meriterebbero davvero di essere conosciute e valorizzate, e allora cominciamo a farlo segnalandone una a settimana all’interno di questa rubrica, con la pubblicazione di una scheda simile a quelle redatte per la guida.

Poi, forse, troverete queste aziende anche in Slow Wine 2019… staremo a vedere!

Redazione Slow Wine

 

 

VITALE GIRARDI – MALGA RIBELLE

Via Cao de Villa, 1

Farra di Soligo (TV)

 

 

Chi visita le colline di Valdobbiadene non può fare a meno di notare che, qui e là, spunta qualche piccola casetta costruita più o meno sullo stesso modello: il fienile al piano superiore e sotto una stanza che fungeva da stalla per le vacche e ricovero per gli attrezzi.

Quante di queste casette oggi ospitano ancora animali? Nessuna, anzi una. Quella di Vitale Girardi, a Farra di Soligo, in quella che egli stesso ha battezzato “La Malga Ribelle”.

 

Vitale inizia la sua rivoluzione dalla terra, come pochi giovani produttori della zona: ha capito che il limite umano è stato scavalcato e che ora è necessario fare un passo indietro. Inizia da qui, dal vigneto e dalle sue vacche che alleva con passione e che poi d’estate porta ai pascoli in montagna. Vacche che si nutrono di fieno e cereali da lui stesso coltivati e il cui letame viene maturato per almeno un anno e poi portato come nutrimento al vigneto o all’orto.

Vitale all’interno dell’azienda non si sente come colui che gestisce l’attività ma uno degli elementi dell’universo che lo circonda, uno dei tasselli che compongono l’intero mosaico. Inizialmente parte dall’idea di reintrodurre nel suo vigneto la vacca come elemento di equilibrio e successivamente pensa a produrre il vino. Tutto si muove in un circuito chiuso per poter essere autosufficiente il più possibile. Fino a due anni fa l’uva veniva conferita a cantine vicine, oggi invece produce il suo vino.

 

Vitale Girardi è sicuramente un caso anomalo per una denominazione di successo come Valdobbiadene e Conegliano: coltiva poco più di un ettaro e mezzo di vigneto in collina, su terreno calcareo, mentre nei campi più pianeggianti ai piedi del paese di Farra di Soligo produce fieno e mais per le sue bestie. Le dimensioni dell’azienda sono misurate alla sua persona e alle sue necessità. Terminati gli studi in Enologia, e dopo qualche esperienza in un noto studio di consulenza enologica, capisce che il richiamo della terra è troppo forte per lui tanto da farlo ritornare tra i suoi vigneti.

Com’è facile intuire Vitale inizialmente lotta contro il malcontento dei genitori che tanto hanno fatto per farlo studiare per poi rivederlo contadino e a governare le vacche. Ma essere contadino non è un fallimento ma l’obiettivo da raggiungere. Vitale rappresenta in pieno la generazione del futuro del valdobbiadenese, conoscenza e tradizione si intrecciano per riuscire ad esprimere con consapevolezza il proprio luogo.

 

Produce un solo vino, un Prosecco Docg sui lieviti che non poteva che chiamarsi “Vitale”, e non serve aggiungere altro sul significato del nome. Nell’etichetta ha voluto riportare l’impronta di tutte le erbe spontanee che crescono nel vigneto, oltre che alla propria impronta digitale. Questo vino è un messaggio preciso, un punto d’appoggio che va osservato e tutelato.

Al naso si apre lentamente con grande eleganza e porta con se una sorta di timidezza: si esprime piano piano, quasi in punta di piedi, sussurrando, un po’ come chi lo produce. Escono poi in progressione sentori delicati di erbe officinali, timo di montagna e salvia, per poi virare sui fiori bianchi e quindi verso i sentori più fruttati dell’albicocca. Seguendo l’espressione olfattiva si colgono più momenti, partendo da un atteggiamento di ritrosia iniziale per arrivare poi a donarsi completamente.

L’entrata al palato è sapida, ha una struttura ben definita accompagnata da una bella freschezza che appartiene alla natura di questo vino tanto da poterlo godere anche a temperatura di cantina. È da intendere più vino che “bollicina”: la bolla è fine, gentile, delicata, carezzevole sul palato. Pur essendo totalmente secco, l’analisi rileva solo l’infermentescibile, poco più di zero grammi per litro di zucchero residuo, la sensazione al palato è quasi dolce. Il vino non è filtrato e fermenta spontaneamente. Dall’inizio alla fine della bottiglia mantiene tutta la sua eleganza e quella salinità figlia dei suoli della cordata di colline che da Colbertaldo va verso Solighetto.