La notizia cattiva la prendo direttamente dalle pagine di cronaca del Corriere della Sera, a firma di Luciano Ferraro (ma è stata riportata anche da altri quotidiani), che se volete potete leggere per intero cliccando qui: in sostanza informa su un grave fatto criminale, accaduto qualche giorno fa, che ha riguardato l’azienda vitivinicola dell’Oltrepò Pavese Rocca de’ Giorgi, di proprietà della contessa Ottavia Giorgi Conti di Vistarino (foto a lato). Nottetempo qualcuno si è introdotto in cantina, manomettendo l’impianto di allarme, e ha aperto i rubinetti di tutte le vasche di vino: 5.300 ettolitri che sono finiti nelle fogne, un danno per la proprietà che ammonta a circa mezzo milione di euro.
“Questa è una guerra” – ha dichiarato subito la contessa Ottavia, che da anni sta lavorando molto bene per l’azienda, con grande energia e determinazione – “non ho sospetti, ma sono consapevole di vivere in una zona dove attacchi e invidie sono all’ordine del giorno…”.
In effetti da qualche tempo l’Oltrepò Pavese ritorna con troppa insopportabile frequenza nelle pagine di cronaca nera, invece che nelle rubriche enogastronomiche; anche noi ne abbiamo più volte parlato – leggi qui e leggi anche qui – in particolare dei grossi scandali che hanno investito alcune grandi realtà che operano in questo territorio.
Il presidente del Consorzio Tutela Vini Oltrepò Pavese, Michele Rossetti, ha subito condannato questo atto intimidatorio ed espresso solidarietà alla famiglia Giorgi di Vistarino, assicurando fiducia e collaborazione agli inquirenti che si occupano del caso; ha aggiunto anche parole piuttosto significative sul clima che si vive in zona: “…dentro ogni cantina che produce c’è un patrimonio da salvaguardare. Negli ultimi tempi in Oltrepò Pavese si ha paura a lasciare aperto il cancello delle aziende per l’assenza di controlli preventivi sul territorio. Così non va bene”.
Sperando che i responsabili di questo ignobile atto vengano assicurati alla giustizia – purtroppo il vino è irrecuperabile – passiamo alla buona notizia che, per gli assurdi casi della vita, è praticamente contemporanea con questa brutta vicenda.
La scorsa settimana sono stato invitato da un bel gruppetto di piccoli vignaioli dell’Oltrepò Pavese a una riunione/degustazione che aveva come tema la produzione di Pinot Nero in quel territorio; ci sono andato con grande piacere, stimolato dall’idea di assaggiare buona parte della produzione attuale del vitigno “principe” dell’Oltrepò.
Eh si perché, sebbene sia noto a pochi, questo territorio è il secondo in Europa – dopo ovviamente la Borgogna, ma ben prima di Champagne – per superficie vitata destinata a questa nobile varietà. Purtroppo a questo primato non fa seguito una giusta visibilità e valorizzazione del Pinot Nero oltrepadano, tanto è vero che alcuni dati sono veramente tristi e imbarazzanti: solo una minima percentuale (inferiore al 20%, ma non ci sono dati certi in merito) del pinot nero coltivato in Oltrepò viene vinificato, imbottigliato e commercializzato da una cantina del territorio!
Abbiamo assaggiato – rigorosamente a bottiglie coperte, per rendere più libero il giudizio e il dibattito – Pinot Nero di annata, prodotti in genere in acciaio e/o cemento, assieme a qualche Riserva o comunque prodotti affinati in legno, messi in commercio dopo qualche anno dalla vendemmia. Per rendere la cosa più curiosa e stimolante sono state inserite nel gruppo, a caso e sempre alla cieca, alcune etichette di Borgogna.
Molto interessante e utile la volontà di confrontarsi e discutere a ruota libera che ha animato i produttori presenti: una cosa che dovrebbe verificarsi più spesso tra i vignaioli italiani. Ancora più interessante accorgersi del buon livello qualitativo generale dei vini: solamente 10 anni fa ci sarebbero state parecchie note stonate e comunque grandi differenze stilistiche e territoriali tra i prodotti; oggi invece sembra evidente un focus più preciso e mirato sulle caratteristiche che deve avere il pinot nero in Oltrepò, pur nelle differenti sfumature interpretative di ogni singola cantina. Insomma un bel confronto d’idee, con poche parole sulle tecniche enologiche e tanti ragionamenti sulle caratteristiche e sulle interpretazioni di questo bellissimo territorio.
In particolare – per segnalare almeno 3 etichette per tipologia, cominciando dai vini giovani – ho apprezzato la qualità dell’O.P Pinot Nero 2015 di Cà di Frara (ben articolato al naso, gustoso e grintoso al palato), dell’O.P Pinot Nero Canue 2015 di Marchesi di Montaldo (che meglio di tutti esprimeva quel timbro di ciliegia matura tipico dei pinot nero dell’Oltrepò, piacevolmente persistente al naso e in bocca) e il Pinot Nero Terrazze 2015 di Tenuta Mazzolino, convincente nell’espressione lineare e giovanile di un Pinot Nero che punta sulla croccantezza del frutto e sull’immediatezza di beva.
Passando ai vini affinati in legno mi è piaciuto molto il timbro elegante e deciso dell’O.P Pinot Nero Giorgio Odero 2013 di Frecciarossa, ancora un po’ nervoso e scalpitante nella sua ricercata austerità, e il carattere dell’O.P Pinot Nero Blau 2013 di Francesco Quaquarini (da uve bio), magari non perfetto al naso ma con un bel frutto carnoso e ben modulato al palato. Su tutti però è spiccata la qualità di un campione (per la precisione il numero 5 della batteria) che tutti, nei commenti fatti sottovoce con il vicino, avrebbero battezzato come borgognone – per l’elegante speziatura del naso, per il frutto fresco e croccante, per la bocca sottile ma molto incisiva, per la sapida e asciutta chiusura sostenuta da un’impercettibile ma utilissima volatile – e che invece alla fine si è dimostrato oltrepadano: il Pinot Nero Pernice 2013 di Rocca de’ Giorgi – Conti di Vistarino.
Credo che sia solo una pura e incredibile coincidenza il fatto che il vino che ha più colpito tutti i presenti, quasi all’unanimità, sia stato quello della cantina che ha subito la criminale angheria, ma questo la rende ancora più ignobile: colpire un produttore che, assieme ad altri, sta facendo di tutto per innalzare la qualità di un territorio è un atto inaccettabile, che fa molto male a lui ma allo stesso modo a tutte le altre buone cantine della zona.
Per fortuna siamo convinti che i bravi vignaioli dell’Oltrepò Pavese – quelli presenti alla degustazione dei Pinot Nero ma anche tanti altri che operano virtuosamente in zona – sapranno rispondere anche a quest’ultima provocazione, imponendo il valore del loro territorio e la bontà del loro lavoro quotidiano. Noi siamo con loro.