Il mais è una pianta ad alto valore strategico e politico.

È diventata una delle più importanti merci di scambio dell’agroindustria, fornisce una materia grezza che si presta a moltissimi usi alimentari ma non solo: è fatta di mais la carne che mangiamo, è fatto di mais il latte, il formaggio, lo zucchero di merendine, salse e bevande, è fatto di mais l’involucro dei cibi e i piattini compostabili su cui lo mangiamo, è fatta di mais la borsa in cui li trasportiamo, è fatto con il mais il biogas che bruciamo.

Il mercato globale richiede grandi quantità di granella con caratteri standardizzati e a prezzi competitivi che gli agricoltori subiscono. Un pugno di multinazionali ha riempito il mondo di mais, tantissimo, di pochissime varietà, ibride e transgeniche. Un mais che mangia la terra, mangia il suolo, mangia il paesaggio, mangia l’acqua, mangia l’aria, mangia l’uomo.

Per questo Slow Food Italia ha dato vita a Slow Mays per valorizzare e supportare le piccole comunità del cibo italiane che continuano a produrre e trasformare mais tradizionali legati alla propria cultura alimentare.

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