Comunità del cibo

L’Associazione della pecora brianzola è nata nel 1998 per volontà di una decina di appassionati allevatori e della Comunità montana Lario Orientale, con lo scopo di salvare dall’estinzione un animale classificato come una “reliquia” dall’Atlante etnografico delle popolazioni ovine e caprine. Questa pecora, allevata da sempre nella Brianza compresa tra Monza, Como e Lecco e in particolare sulle sue colline, era arrivata a contare solo qualche decina di capi nei comuni di Proserpio, Castelmarte, Galbiate, Suello, Cesana Brianza e Valmadrera. Attualmente, con l’aiuto di un piano di intervento finanziato dalla Comunità montana, i capi iscritti al Registro anagrafico sono oltre un migliaio e gli allevatori una cinquantina. L’associazione è impegnata nella valorizzazione di questi animali sia per la loro carne sia per la lana, ormai considerata uno scarto; in particolare mira a non disperdere un patrimonio di storia e cultura unico e irripetibile.

Area di produzione
Brianza, province di Monza, Como, Lecco

La comunità lavora per recuperare la coltivazione di varietà antiche di cereali come il piccolo farro (Triticum monococcum) ed è impegnata nell’allevamento di razze autoctone in via di estinzione. Ha avviato con l’Istituto per la gelsicoltura di Milano un progetto per il recupero di una coltivazione storica e tradizionale della pianura bresciana, legata un tempo alla fiorente attività di allevamento dei bachi e di produzione della seta. Attingendo a una collezione storica di 3500 talee sarà creato un gelseto da cui si ricaveranno frutti, le more di gelso, da trasformare in confetture e sciroppi, e foglie che potranno essere usate per l’alimentazione dei suini di razza mora romagnola allevati dalla cooperativa.

Area di produzione
Cigole, provincia di Brescia, Lombardia

Il fagiolo di Brebbia, originario dei Paesi del bacino del Mediterraneo, veniva consumato fin dall’antichità, quando era chiamato Phaseolus. Deve il nome attuale (fagiolo dell’occhio) a una macchiolina rotonda e scura presente al centro della sua concavità. Le dolci colline e l’ampia pianura di Brebbia sono sempre state terre feconde e molto indicate per la coltivazione di questo legume. Ecco perché seguendo una tradizione che voleva per gli abitanti di ogni paese un particolare appellativo, fu facile chiamare i brebbiesi “Fagioli” o per meglio dire “Fasòeu”.
Con la venuta del fagiolo importato dalle Americhe, infine, il fagiolino dell’occhio fu messo in disparte, in quanto la sua coltivazione era ritenuta meno redditizia, in termini quantitativi, rispetto ai fagioli americani. Solo recentemente la comunità brebbiese ha intrapreso un processo di reintroduzione di questa antica coltivazione, attraverso piccoli impianti e orti famigliari. La Condotta di Slow Food provincia di Varese ha ritenuto di costituire attorno al “Fagiolo di Brebbia” Comunità del cibo, definendo congiuntamente con i piccoli agricoltori un apposito disciplinare di coltivazione.

Area di produzione
Provincia di Varese

Nella zona di Manerbio, nella Bassa bresciana, enti locali, dirigenti scolastici, insegnanti, studenti, genitori, nonni ortolani e referenti Slow Food si sono uniti per creare una comunità dell’apprendimento finalizzata alla creazione di sette Orti in condotta. Gli alunni hanno così potuto sperimentare senso di responsabilità, cura, autonomia, collaborazione e rispetto, hanno dato significato al tempo dell’attesa, hanno osservato e trovato spiegazioni scientifiche, hanno conosciuto situazioni problematiche e cercato soluzioni. Gli insegnanti si sono impegnati affinché l’esperienza dell’orto si potesse integrare con i contenuti dei piani dell’offerta formativa di ogni realtà scolastica, studiando attività di tipo interdisciplinare che dessero unitarietà al sapere. I genitori e i nonni ortolani hanno collaborato col loro sapere lavorando negli orti, raccontando storie e leggende e cucinando piatti tipici della tradizione popolare come le panadi de sant’Antone. Inoltre, l’orto è stato occasione di confronto attraverso percorsi intercolturali, legati alla frequenza di alunni di differenti etnie, per conoscere e scoprire usi e tradizioni del mondo intero.

Area di attività
Manerbio, provincia di Brescia, Lombardia



Food e i volontari dell’associazione ambientale Cipta ed è stato realizzato per iniziativa della scuola stessa con il sostegno del Comune. Le insegnanti hanno avuto il piacere di aderire al progetto Orto in condotta per approfondire i temi dell’educazione alimentare e dell’educazione al rispetto dell’ambiente, della cultura tradizionale e di quella legata alla terra. L’orto copre un’area di circa 90 metri quadri ed è stato suddiviso in sette aiuole in modo che ogni classe potesse lavorare in autonomia, seguendo e osservando i cambiamenti complessivi di tutta l’area. L’opera di dissodamento è stata eseguita dal Comune che ha condiviso e appoggiato il progetto. L’associazione Cipta ha contribuito fornendo gli attrezzi, le sementi e i materiali per la costruzione della compostiera. Le insegnanti delle classi prime, seconde e quarte hanno partecipato ai tre anni di formazione tenuti da docenti Slow Food per accompagnare gli alunni nella parte pratica del progetto. Con l’orto, gli alunni si trasformano da semplici consumatori in coproduttori, sensibili alla varietà dei cibi, alla stagionalità e ai metodi biologici di coltivazione, curiosi verso ciò che è diverso e pronti ad assaggiare ciò che loro stessi hanno coltivato. La natura ha fatto il resto e il risultato è sempre sotto gli occhi di tutti coloro che passano davanti all’orto scolastico.

Area di attività
Marnate, provincia di Varese

La scuola primaria di Padenghe si occupa da circa 10 anni di educazione ambientale attraverso un progetto di studio dei vari ambienti naturali. All’interno di un giardino sono state ricostruite diverse aree – lo stagno, la vigna, l’orto, il bosco e le erbe officinali –, nelle quali gli alunni si occupano a turno dei vari settori, svolgendo attività di osservazione, campionamento e riflessione sui cambiamenti stagionali. Parallelamente sono state organizzate ricognizioni sul territorio, in collaborazione con le associazioni locali, per lo studio e la scoperta degli habitat circostanti. Le uscite didattiche, come ad esempio per la raccolta delle olive e la vendemmia, hanno l’obiettivo di valorizzare e fare conoscere ai bambini l’ambiente che li circonda, anche in senso storico e architettonico. Il progetto Orto in condotta è stato una naturale evoluzione delle attività svolte, permettendo di sviluppare e ampliare questa area e aprire l’esperienza a tutte le classi. Inoltre, è in programma la realizzazione di un orto tintorio, a cui sarà associato un laboratorio di tintura, per ricavare dalle piante i colori naturali.

Area di attività
Padenghe sul Garda, provincia di Brescia, Lombardia



L’orto di Pegognaga ha visto la luce nella primavera 2006 e si sviluppa su un territorio di 400 metri quadrati circa, coltivato a ortaggi e fiori di varietà tipiche della zona. Assieme ai coordinatori Slow Food è stato costruito un percorso che coinvolge attivamente ragazzi, insegnanti e genitori e che mira a fare riflettere e confrontarsi sull’educazione al gusto, per discutere come e che cosa si mangi in famiglia e fuori casa. L’attività non solo ha sviluppato nei bambini una maggiore consapevolezza di ciò che mangiano, ma ha ampliato le loro competenze manuali e le loro conoscenze (biologia, storia, geografia…), e il contatto con i cicli della natura li ha stimolati a uscire dalla logica del tutto e subito portandoli a un maggior rispetto e consapevolezza del tempo. Inoltre i ragazzi hanno potuto vendere orgogliosi i prodotti curati con impegno durante l’anno partecipando al mercato del paese e sono stati contattati dalla scuola di Madison (Wisconsin, Usa) per creare un orto gemellato. La comunità è composta dalla condotta Basso Mantovano, dagli insegnanti della scuola media Alighieri a cui fa riferimento l’ orto scolastico, dai genitori dei ragazzi, dai nonni ortolani e dagli amministratori comunali, e si occupa dello sviluppo, gestione delle attività che ruotano e si sviluppano attorno al progetto dell’orto in condotta giunto al settimo anno di attività.

Area di attività
Pegognaga, provincia di Mantova


In Val Taleggio l’allevamento di brune da latte e la caseificazione sono una tradizione millenaria. A tutt’oggi le differenti fasi di produzione dello stracchino quadrato (taleggio) e tondo erborinato (strachìtùnt) sono presenti in valle: l’alpeggio e l’allevamento (il nome “bergamino” utilizzato in tutta la Lombardia si riferisce originariamente ai mandriani taleggini che svernavano con le mandrie nelle campagne della bassa bergamasca), la caseificazione e la stagionatura.

Area di produzione
Val Taleggio, provincia di Bergamo, Lombardia


Il consorzio nasce nel luglio 2005, per iniziativa di 22 aziende operanti nell’area protetta su una superficie coltivata di oltre 900 ettari, con lo scopo di promuovere un’agricoltura attenta alla tutela dell’ambiente naturale, alla salvaguardia del territorio, alla valorizzazione dei prodotti e della tipicità locale. Oltre al vino, che ha ottenuto il riconoscimento dell’Igt, i membri della comunità producono miele di varie essenze, erbe aromatiche e officinali, formaggi vaccini e caprini, frutta e ortaggi, e allevano pecore brianzole; da segnalare il recupero dello scalogno locale, coltivato sin dal Settecento, e di molte vecchie varietà di alberi da frutto.

Area di produzione
Parco Montevecchia e Val Curone, provincia di Lecco

La comunità è composta da piccoli produttori dell’Oltrepò Pavese, il triangolo di territorio della provincia di Pavia che si estende a sud del fiume Po. Insieme alla condotta locale i produttori hanno deciso di dare vita a una comunità di territorio che valorizzi il lavoro di chi è attento a modelli sostenibili di produzione e distribuzione del cibo, al paesaggio, alla tutela ambientale, alla qualità organolettica del prodotto e a quella della vita e del lavoro. All’interno della comunità si trovano produttori di formaggi, salumi, ortaggi, frutta, carne bovina, confetture, conserve, miele, trasformati, vino, farine.

Area di produzione
Otrepò Pavese, provincia di Pavia, Lombardia

In Lomellina, i depositi alluvionali del Ticino sono il substrato ideale per un ecotipo di asparago precoce di Argenteuil, varietà coltivata nella pianura padana dai tempi di Napoleone (ma sembra che Cilavegna fosse nota per questo ortaggio già secoli prima). Merceologicamente gli asparagi si distinguono in verdi, bianchi e viola: quello di Cilavegna è bianco con punta violetta, tanto da essere identificato come asparago rosa. La comunità è composta da 11 produttori del consorzio Conpac che coltivano in modo tradizionale, senza prodotti chimici né mezzi meccanici. Raccolgono i turioni, cioè i germogli che si sviluppano dai rizomi della pianta, con un apposito strumento che consente di staccarli senza danni quando sono ancora interrati. Da quasi 40 anni l’ortaggio è festeggiato, a maggio, nella sagra dell’asparago.

Area di produzione
Cilavegna, provincia di Pavia

Nel triangolo di terra tra il Po e l’Oglio, prima della confluenza dei due fiumi, le produzioni ortofrutticole trovano condizioni ottimali. I meloni, le angurie e le pere coltivate in questa zona sono considerate da sempre le migliori. E, come se non bastasse, in queste terre cresce dai tempi dei Gonzaga, o forse ancora prima, un vitigno autoctono, il viadanese, che dona il migliore Lambrusco di tutta la Bassa. È proprio in questa zona, denominata Viadanese Casalasco, che si è raccolto un gruppo di contadini che ha scelto di coltivare le proprie terre con metodi biologici ottenendo prodotti di qualità eccellente. Nel tempo, il rapporto fra di loro è andato approfondendosi fino alla costituzione di una comunità, che affronta anche i temi dell’agricoltura di oggi, propugnando valori importanti come il rispetto della terra, del paesaggio e della dignità umana. Tale collettività si configura anche come comunità di apprendimento poiché le attività proposte sono realizzate in collaborazione con la scuola locale e hanno come obiettivo l’educazione dei bambini e dei ragazzi. Da qui la nascita di una compagnia formata da adulti e ragazzi denominata Compagnia dei genitori instabili, che dà vita a spettacoli teatrali e cortometraggi, nei quali si raccontano, con ironia e passione, episodi di vita della collettività locale.

Area di produzione
Viadanese, provincia di Mantova, e Casalasco, provincia di Cremona, Lombardia

Gandino è un borgo medievale a pochi chilometri da Bergamo, che deve la sua ricchezza alla tradizione tessile e soprattutto al commercio dei “panni-lana”, che fecero la fortuna di molte famiglie fra il ‘600 e il ‘700. Gli abitanti di Gandino vantano un particolare primato, cioè quello di essere uno dei primi luoghi nel nord Italia dove fu coltivato il mais e dove, di conseguenza, fu preparata la prima polenta gialla. Secondo un documento del 1632 a portare per primo il granturco sarebbe stato un "foresto", che avrebbe coltivato a Gandino il "melgotto" in località Clusven, alle pendici del monte Corno. Forti di questa primogenitura il Comune, la Pro Loco e Slow Food Valli Orobiche hanno deciso di dare vita a una comunità del cibo composta da agricoltori e commercianti impegnati in un progetto di valorizzazione delle tradizioni alimentari e culturali del territorio che parte proprio dalla salvaguardia della varietà locale di mais denominata spinato di Gandino. La scoperta di alcuni semi originali di mais ritrovati presso la cascina Parecia e la collaborazione con Cra-Mac Unità di ricerca per la Maiscoltura di Stezzano, per arrivare alla selezione conservativa e alla prima produzione del seme della varietà autoctona di mais denominata spinato di Gandino sono i primi passi del questo progetto.

Area di produzione
Gandino, provincia di Bergamo, Lombardia

Mele campanine o cotogne, oppure pere passacrassana, zucchero, limone, essenza di senape, chiodi di garofano, cannella: questi gli ingredienti della mostarda mantovana, l’unica filologicamente corretta per i tortelli di zucca. Deriva da una preparazione medievale ed è un modo tradizionale della Bassa di conservare la frutta per l’inverno o per i momenti di festa. I 30 produttori della comunità la preparano secondo la ricetta classica dell’Oltrepò mantovano. Le mele o le pere vanno sbucciate, tagliate a fette e bollite con zucchero (sei etti per chilo), spicchi di limone e spezie. Si fa addensare per tre volte lo sciroppo, riversandolo ogni volta sulla frutta, e si dà una bollitura finale di circa un quarto d’ora. Si lascia intiepidire, si aggiunge la senape e si versa la mostarda in vasi di vetro, da conservare in luogo fresco e buio.

Area di produzione
Mantova, Lombardia