“Passeggiando per il centro della mia piccola città uno dei miei “vizi” è quello di curiosare sul come si muove la gente in relazione ai negozi e alla merce esposta. Cosi, anche in periodi di saldi, salta agli occhi negozi molto più vuoti, anche nelle ore più di uno “striscio” che appare sempre meno intenso. Non posso non notare una serie di cartelli di affittasi e vendesi fra le botteghe chiuse.
Non posso fare a meno di pensare sul che cosa stà succedendo e qual è la reale causa di questo cambiamento. Si dice affitti alti! Forse ! Un cambiamento epocale nel modo di fare acquisti e dei consumi in genere. Mi vola il pensiero sul chiedermi che cosa succede nelle zone più periferiche e meno frequentate storicamente. Le risposte silenziose in me non sono positive.
Cosa sta cambiando sotto l’aspetto stesso delle nostre città, nei paesi e della nostra socialità.
Da tempo la miriade dei supermercati e degli ipermercati è stata causa di uno svuotamento dei nostri centri storici per riversare, sempre più a ridosso del “ring” le magnificenza di capannoni semi-periferici ( orrendi) pieni di ogni ben di dio e con i parking discretamente pieni.
Oggi, in circa trent’anni, assistiamo però ad una nuova trasformazione dove i centri commerciali soffrono e il consumo abbandona, in parte, la dimensione della relazione diretta tra chi compra e chi vende.
Infatti lo sviluppo dell’acquisto on line sta trasformando l’atto di un consumo da una relazione diretta ad una pratica asettica telematica che attraverso il clic materializza un oggetto fisico alla porta di casa con un corriere. Fenomeno in espansione che determina la nascita di un nuovo utilizzo del suolo per insediamenti centralizzati giganteschi, per soddisfare la domanda di stoccaggio e di “prossimità” alla consegna sempre più impellenti. Senza dubbi, un sistema di distribuzione ad alto impatto ambientale per le migliaia di chilometri imposti da consegne polverizzate e aggravato dall’incidenza dei resi gratuiti.
Il tassello ulteriore da analizzare è quello di un nuovo sottoproletariato delle consegne: un esercito di facchini e corrieri impiccati da tempi di delivery stabiliti da algoritmi infallibili e costretti a ritmi di lavoro impressionanti. Nei medi e grandi centri sono in aumento i servizi di consegna a domicilio dei pasti, che utilizzano ragazzi in bicicletta e motoretta, ove non ci sono i divieti, e i minimi compensi ormai sono conosciuti dai servizi che quotidianamente possiamo apprendere dalla TV. Di fatto sono panacea per i Grandi Gruppi, concentrati in pochissime mani che producono guadagni enormi a differenza di chi sta alla base della piramide e dell’unità del franchising. Ormai statistica Gruppi tassati meno ( domiciliati anche all’estero) dell’edicolante, dell’artigiano e o negozio locale sotto casa.
In pochi secondi , cosi riflettendo, mi rattristo e mi spiace che a farne le specie siano le nostre città e i nostri paesi e, Savona e dintorni, mi appare un vero e proprio bollettino di guerra quotidiano: librerie, alimentari, tabaccherie, edicole, abbigliamento. Se rallentate il passo e osservate meglio , Vi accorgerete anche Voi che l’elenco delle attività che ogni giorno chiudono o che vedono scricchiolare la propria stabilità è tangibile. Una sgradevole e triste sensazione che si prova anche in auto. Si è puntato sul turismo e sulle Crociere. In un degrado costante di normalità è ovvio che , come il commercio on line , il turismo di massa si avvici al fenomeno di saldi positivi e che solo alcune modeste attività di consumo di massa ne traggono un minimo beneficio, rispetto all’impatto ambientale ( come esempio).
Ho sempre sostenuto che anche le stesse organizzazioni di categoria che rappresentano i commercianti e piccoli produttori spesso non hanno saputo cogliere la portata di questo processo e agire di conseguenza. Anzi si potrebbero fare esempi concreti che proprio i saggi di questi enti hanno svenduto l’anima al diavolo. Oggi tanto se ne parla, ma non ci rendiamo conto di che cosa succede? Siamo consapevoli, noi e le nostre istituzioni, che questo paesaggio urbano e semi urbano si sta sgretolando in una maniera senza precedenti?
Se la risposta e siì, mi piacerebbe conoscere che cosa si stia concretamente facendo. Savona e provincia, come in altri località, perde le nostre botteghe, perfino i banchi del nostro mercato civico e la nostra città, come nei paesi della nostra provincia, perdiamo la vitalità dei centri storici e del salotto cittadino, con più ampie zone periferiche in degrado e per soli sobborghi residenziali. Perdiamo l’amico panetterie, l’amico giornalaio, l’amico dell’abbigliamento o calzolaio , perdiamo l’amico di vicinato e i presidi delle periferie.
Anche le botteghe etniche si sono accentate e sistemate inspiegabilmente dove una volta fioriva l’artigianato locale e il negozio di firma di abbigliamento firmato, il ristorante di cucina tipica locale, il giornalaio che caratterizzava lo stesso centro stoico e il salotto buono della paese.
Ci trasformiamo in aridi consumatori pochi consapevoli e aridamente legati all’offerta merceologica di basso prezzo. Non sarà facile arrestare un processo che è storico e probabilmente ineluttabile, ma bisognerebbe poterlo dirigere e ripensare attraverso regole più “umane” affinché sia in riequilibrio, positivo e promettente per tutti.
Forse pensando e realizzando una nuova economia, fondata sui beni comuni e relazionali dove le botteghe di prossimità sono un baluardo che non dobbiamo e non possiamo perdere né in centro e meno che mai nelle aree marginali. Non possiamo permetterci di perdere quella civiltà artigiana e di piccolo commercio che ha dato identità ai nostri paesi. Un esempio lo abbiamo: i mercati dei contadini, che , pur con mille difficoltà, sono apparsi in qualche piazza per offrire un bene insostituibile: la relazione diretta tra chi produce il cibo e chi lo consuma. Questo non impedisce ai contadini di vendere anche online.
Bè mi torna un po’ di sorriso, pensando, come portavoce Slow Food, che potrebbe essere possibile, con una mediazione multilaterale, coniare un modo nuovo di approcciare al consumo che sia rispettoso dell’ambiente e delle persone che di commercio vivono, attraverso un tavolo di confronto “slow shopping”.
Provare a studiare un’azione collettiva che guardi al futuro e non al passato, che veda la bottega come paradigma di una multifunzionalità, strumento della contemporaneità, che possono offrire prodotti e consumi con sistemi moderni, attraverso un cambio generazionale dove i giovani dovrebbero essere interpreti principali e privilegiati, partendo dalle tabelle merceologiche più virtuose e ecosostenibili premiate da agevolazioni e parziali defiscalizzazioni di partenza. La modernità e l’uso dei sistemi informatici riqualifica e sviluppa ove si instauri una capacità intellettiva di un utilizzo per vivere meglio, non per soffocare e abbandonare un nostro essere cittadini e schiavi consumatori senza volto né voce”. Ogni bottega può essere un luogo dove ritirare un consumo consapevole, sotto casa o nel rione, dove il consumatore e un co-produttore, abbiano come parole d’ordine una comune PW : un Buon Giorno, una stretta de man e un arrivederci Buono, Pulito e Giusto !
Vincenzo Ricotta, Slow Food savonese
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