La comunità dei castanicoltori della provincia spezzina opera in un territorio caratterizzato da un microclima particolare, dovuto alla vicinanza del mare. Qui il castagno caratterizza il 60% del patrimonio boschivo della valle e da un decennio si è proceduto alla conversione delle aziende al regime biologico. Per questo motivo i castagneti sono innestati esclusivamente con cultivar locali come la boiasca, la chiavarina, la negrisola. La comunità nasce e si sviluppa intorno alla caratterizzazione qualitativa della farina e alla salvaguardia degli antichi essiccatoi a rischio di speculazioni edilizie. Obiettivo: arrivare al 100% di conversione al biologico dei terreni a castagneto.
Area di produzione
provincia di La Spezia
Comunità del cibo
https://www.slowfood.it/le-comunita-di-slow-food/comunita-slow-food-tutto-quello-che-devi-sapere/
La comunità raccoglie sette olivicoltori delle valli Intemelie. Nell’estremo Ponente ligure l’olivo, con i suoi muri a secco, nei millenni ha caratterizzato il paesaggio. Le valli Intemelie, con i monti che sfiorano i 2000 metri di altitudine, i boschi, la macchia mediterranea e il mare costituiscono un’area vocata per la cultivar taggiasca, dalla quale la comunità ricava un ottimo extravergine. Gli oliveti di proprietà sono posti mediamente a oltre 500 metri di altitudine. La qualità dell’olio prodotto è frutto di un accurato lavoro di fertilizzazione e irrigazione, realizzato con metodo integrato. Un produttore segue i dettami dell’agricoltura biologica e alcuni hanno un proprio frantoio per controllare l’intero ciclo produttivo. Oltre all’olio si producono olive da mensa e paté di oliva. Alcuni degli olivicoltori sono anche produttori di fagioli bianchi di Pigna e di carciofo di Perinaldo del Presidio.
Area di produzione
Apricale, Isolabona, Perinaldo, Pigna, provincia di Imperia
La comunità nasce per valorizzare le varietà locali di nocciola, note commercialmente come “misto chiavari” e localmente denominate dall’Orto, del Rosso, Tapparona, Bianchetta, Longhera e Sarveghetta.
Le varietà sono il risultato di una lunga selezione effettuata nel territorio delle valli Graveglia, Sturla, Fontanabuona del Tigullio, un territorio che presenta ambienti diversi, da quelli sabbiosi delle aree golenali a quelli più aridi in collina.
I noccioleti terrazzati a forte rischio di abbandono, testimoniano la persistenza di un’attività di origini antiche, caratterizzata da terrazzamenti di diverse età e struttura, su pendii con forte acclività, che hanno modellato il paesaggio dei versanti di buona parte del Tigullio.
La coltura del nocciolo sembra iniziare con il tardo medioevo, sono presenti infatti presso il fondo archivistico notarile di Chiavari atti compresi fra la prima metà e la fine del XV secolo in merito a compravendite di terreni a noccioleto.
Il catasto della Repubblica di Genova, XVII secolo, riporta terreni coltivati a noccioleto, talvolta in consociazione con altre colture quali la vite e l’olivo.
In epoca ottocentesca, in occasione del Congresso Agrario tenutasi a Chiavari nel 1853, viene editato un opuscolo che della coltura del nocciolo afferma “che forma la prosperità del Comune di Mezzanego e, in parte, di San Colombano” e osserva che “non vi è forse nella provincia coltura più utile e proficua di questa”.
La massima espansione della coltura avviene negli anni ‘50 del secolo scorso, quando la nocciola era molto ricercata dall’industria dolciaria e spuntava ottimi prezzi (il valore di un chilo di nocciole corrispondeva alla paga giornaliera di un bracciante agricolo).
Il declino della coltura avviene a partire da fine anni ‘70 in parte a causa dello spopolamento delle zone rurali e all’abbassamento dei prezzi in seguito alla concorrenza di paesi a manodopera con costi più contenuti e in parte a causa dei problemi legati alla difficoltà di lavorazione industriale, rispetto ad altre produzioni dal frutto più regolare.
Area di produzione: valli del Tigullio Genova
La comunità della fagiolana di Torza, nel comune di Maissana, è nata per valorizzare questo fagiolo bianco dalla forma allungata coinvolgendo sia aziende agricole sia semplici appassionati. La pianta della fagiolana non è di facile coltivazione e necessita di molta acqua: queste caratteristiche hanno favorito il progressivo abbandono di questa varietà che ora è coltivata di nuovo con entusiasmo. La produzione della fagiolana a Torza è attestata da oltre due secoli: un tempo era oggetto di baratto con i Liguri della Riviera, che fornivano in cambio l’olio di oliva. La prima e la seconda domenica di ottobre si svolge a Torza la sagra della fagiolana, spesso proposta in degustazione con lo stoccafisso bollito.
Area di produzione
Comune di Maissana, val di Vara, provincia di La Spezia, Liguria
Nata dall’associazione di vari comuni delle province di Imperia e Cuneo e della limitrofa area del Dipartimento francese delle Alpi Marittime, la comunità vuole richiamare l’attenzione sull’antica tradizione della transumanza che per secoli ha unito le popolazioni della montagna ligure e delle valli occitane. Da qui si è sviluppata una singolare gastronomia, la cosiddetta cucina bianca, così chiamata perché fatta di farinacei, latticini, ortaggi poco colorati tra cui patate, porri, aglio, rape e prodotti spontanei come alcuni tipi di erbe raccolte lungo i sentieri della transumanza. Un tempo questi cibi erano il principale nutrimento delle famiglie di pastori, oggi sono tornati in auge e sono valorizzato soprattutto ad agosto, in occasione della Festa della cucina bianca a Mendatica (Imperia), che prevede un itinerario gastronomico lungo l’intero paese. I piatti sono promossi anche fuori zona con la partecipazione a fiere, convegni e incontri.
Area di attività
Province di Imperia, Liguria, e di Cuneo, Piemonte
Con poco più di 600 abitanti il comune di Pignone è da sempre conosciuto per la sua tradizione orticola legata alle patate, al granturco dall’asciutto e ai fagioli fra cui il cenerino, il borlotto detto lumè, il cannellino e il fagiolo dell’aquila originario di Pignone. Gli agricoltori delle valli del Pignone e del Casale hanno costituito un’associazione, stilato un disciplinare di produzione e dato vita a un progetto di recupero di ecotipi varietali e di filiera corta partecipando a tutti i mercati del territorio. I prodotti sono stati inseriti nella ristorazione scolastica innescando un circuito virtuoso che in pochi anni ha portato al recupero di terre incolte e all’apertura di nuove aziende agricole. Le procedure di riattivazione dell’attività agricola e la sua ristabilita valenza economica possono far ritenere il "modello Pignone" un esempio per tutte le realtà agricole della Val di Vara. L’ultimo fine settimana di agosto si svolge a Pignone la Festa degli orti che coinvolge tutti gli abitanti in un mercato contadino ricco di offerte della gastronomia locale. Obiettivo: l’ulteriore riduzione delle terre incolte e l’allargamento del numero dei membri dell’associazione.
Area di produzione
Pignone, provincia di La Spezia
La comunità nasce nel piccolo centro di Pignona, tradizionalmente noto per la coltivazione di una cipolla rosa che per caratteristiche ricorda analoghe produzioni dell’Appennino Tosco Emiliano. In passato veniva venduta al dettaglio esclusivamente come cipollotto ma, dal 2014, a seguito dell’avvio di un progetto curato da Slow Food, i sei produttori della comunità coltivano anche la cipolla matura, dolce e di color rosa. Nel 2016 vengono messe a dimora 2000 piantine in via sperimentale e si concorda di avviare la produzione attorno a al centro abitato da cui la cipolla prende il nome. Per le sue caratteristiche la cipolla, che un tempo rientrava nell’alimentazione delle famiglie contadine, è coltivata in aree pedemontane poco umide e può essere utilizzata nella stagione estiva fino all’inizio dell’autunno, dopo di che inizia a germogliare.
Area di produzione,
Pignona di Sesta Godano, Val di Vara, La Spezia, Liguria
La comunità di produttori di pisello nero di L’Ago, in dialetto "pesella", si è costituita intorno all’associazione La valle della noce che ne ha conservata la semente e si è occupata della sua moltiplicazione. Le notizie storiche sono legate soprattutto alla tradizione orale tramandata dagli abitanti. Questo prodotto della terra era impiegato come valido elemento nutritivo, da consumare in zuppe e minestroni grazie alla consistenza farinosa, per far fronte alla fame e alle esigenze di energia della popolazione contadina. Il seme, che è stato tramandato da alcune famiglie, era ormai a rischio di scomparsa, ma sono stati individuati alcuni agricoltori custodi che hanno fornito il seme alle nuove aziende agricole del territorio. Nella terza domenica di ottobre a L’Ago si svolge la sagra della pesella. Obiettivo della comunità: aumentare la produzione invitando le famiglie di L’Ago a seminare la pesella per incrementarne la produzione.
Area di produzione
L’Ago di Borghetto di Vara, provincia di La Spezia
La comunità dei raccoglitori di funghi si è costituita per riconoscere il valore di un’attività, anche se non agricola in senso tradizionale, molto importante per l’Alta Val di Vara. Nell’archivio comunale sono state rinvenute antiche ricette di conservazione del prodotto e regolamenti per la raccolta. In seguito, su richiesta dei cittadini, è stata istituita la riserva esclusiva per i residenti. I funghi sono un prodotto spontaneo dei boschi della zona e in passato sono stati l’unica fonte di scambio commerciale di questa piccola comunità, che nel tempo ha tramandato antiche conoscenze di conservazione e di utilizzo non solo alimentare, ma anche legato alla medicina, all’uso magico e superstizioso. Oggi fanno parte di questa comunità i proprietari dei boschi, le aziende agricole, i ristoratori che, insieme all’amministrazione comunale, hanno studiato la regolamentazione della raccolta e il processo di valorizzazione del fungo porcino, che a buon diritto è ritenuto essere un volàno per l’economia locale.
Area di produzione
Carro, provincia di La Spezia, Liguria
Fino agli anni Sessanta a Rocchetta di Cengio era assai diffusa la coltivazione di zucche, in particolare una zucca di medie dimensioni utilizzata per minestre e confetture. Sul finire degli anni Novanta la coltivazione di questa zucca, di probabile origine francese e molto simile come caratteristiche alla Rouge Vif d’Estampes, si è ridotta a livello hobbystico. Nel 2004 erano rimasti solo una sessantina di semi conservati da due famiglie locali. La condotta, con la collaborazione di orticoltori e agricoltori del territorio ha conservato e riprodotto i semi selezionandone 850 dalle zucche migliori e distribuendoli a oltre 130 coltivatori dei comuni di Cengio, Murialdo, Millesimo e Cosseria. Oggi la zucca di Rocchetta è tutelata, oltre che dalla comunità del cibo, da un’Associazione che raggruppa produttori e trasformatori. Come accadeva in passato la zucca, che una volta matura può raggiungere i 35/40 chili, viene utilizzata per confetture – molto diffusa era la versione preparata con l’aggiunta di cacao –, per preparare risotti, ripieni di ravioli, minestre e creme vellutate.
Area di produzione
Comuni di Cengio, Murialdo, Millesimo e Cosseria