Finalmente, quella pioggia tanto attesa e desiderata ha deciso di arrivare a Settembre, dopo aver tenuto sulla corda l’intera attività agricola, quasi stremata, e in particolare quelle coltivazioni che la stagionalità mette in particolare risalto, cioè le vigne e gli oliveti.
A ben notare, non è un caso che gli abituali titoli giornalistici post-ferragostani preannuncianti vendemmie memorabili, quest’anno sono per lo più rimasti nei cassetti delle redazioni o sono usciti ampiamente mitigati, parlando genericamente di un certo anticipo sul ruolino di marcia del vignaiolo; per l’olivicoltore c’è stato silenzio totale e la questione è ben più complessa.
Nel Lazio, senza girarci tanto intorno, c’è chi rischia la terza annata critica sulle ultime quattro e il ripetersi delle difficoltà sta mettendo in allarme molti produttori per il futuro. Questo è uno dei comparti che maggiormente subisce i rovesci naturali del cambiamento climatico e i piccoli produttori locali, le cooperative di territorio, si stanno impegnando allo stremo per comprendere il fenomeno, anticipare le avversità e proteggere le proprie produzioni; di certo la crescita di conoscenze, di esperienze nei campi e in frantoio, aiuterà queste ostinate figure a realizzare ancora degli extravergini validi e rappresentativi delle loro cultivar, dei loro storici impianti.
La diversità delle zone che caratterizzano il Lazio dell’olio, impone di segnalare le differenze che sono emerse da contatti avuti per la una prima mappatura di questa annata, ma in generale la partenza avuta già in primavera non è stata delle migliori un po’ per tutti, con problemi di allegagione, legati a repentini abbassamenti e aumenti delle temperature, che hanno ridotto in partenza le potenzialità produttive.
Inutile nascondere come il problema più serio sia legato alla prolungata siccità che solo ora, dopo parecchi mesi, sembra finita; al di là degli impianti irrigui, che comunque devono fare i conti con i costi di gestione e la scarsità generale, e piante sono portate a resistere naturalmente fino a una soglia di sopportazione, oltre la quale le olive iniziano ad asciugarsi, la maturazione rallenta progressivamente e cresce uno stato di fragilità generale.
Bastano buone piogge non troppo violente per far recuperare al frutto il suo peso, ma resta l’incognita di quanto può incidere la difficile maturazione in termini di resa e riscontri organolettici, con una eventuale disarmonia gustativa o difetti del ‘secco’.
L’area delle Colline Pontine ha avuto finora meno problemi nella linea dei Monti Lepini, da Cori/Rocca Massima fino a Priverno/Sonnino, mentre Itri sembra aver patito parecchio; in Sabina la criticità risulterebbe più marcata nella zona più bassa, come Nerola e Moricone, mentre da Farfa giungono possibilità di maggior recupero; la Tuscia mostra la sua àncora di salvezza nella resistenza della Caninese, maggiore rispetto alle altre cultivar, ma a conti fatti, la prospettiva si attesta su una riduzione media regionale della produzione che potrebbe arrivare al 30%.
C’è ora da mantenere il controllo sulla ‘mosca olearia’ e soprattutto sperare in temperature fresche che la tengano lontana; la siccità e la ridotta polpa delle drupe non hanno ancora invogliato la sua comparsa: Settembre sarà decisivo per tutti.
Stiamo vicini ai nostri Extravergini.
Stefano Asaro