Comunicato stampa
Dopo l’ennesimo episodio di caporalato avvenuto a Terracina l’Associazione che promuove il cibo “buono pulito e giusto” prende posizione a sostegno dei migranti sfruttati nelle campagne laziali e sollecita l’incontro con gli assessori regionali Di Berardino, Onorati e Orneli.
Roma, 20 maggio 2020 – “Mai più episodi di caporalato nel Lazio”: è questo il grido di Slow Food Lazio di fronte ai fatti intollerabili che hanno visto nei giorni scorsi un bracciante agricolo, picchiato e gettato in un canale dell’Agro Pontino dal datore di lavoro, solo per aver chiesto le obbligatorie mascherine per poter lavorare in sicurezza al tempo di COVID-19.
Un fatto gravissimo che si aggiunge ai troppi episodi di violenza e ingiustizia che coinvolgono i tanti lavoratori stranieri e non che, per 20 euro al giorno, lavorano nei campi per 12 ore e che sono stati definiti solo recentemente “non più invisibili” anche se sono sempre stati sotto gli occhi di tutti da sempre.
“Sono le mani più importanti della nostra agricoltura – dichiara Luigi Pagliaro portavoce di Slow Food Lazio – perché senza di loro non riusciremmo a portare sulle nostre tavole, nei nostri ristoranti, nei nostri mercati e soprattutto supermercati, nulla di quel tanto apprezzato prodotto italiano ma nonostante ciò, vivono in condizioni disumane. Ecco perché abbiamo deciso di aderire allo sciopero organizzato dall’attivista sindacale Aboubakar Soumohoro, proclamato per giovedì 21 maggio affinché simili episodi non abbiano più a ripetersi, perché oltre che lesivi della dignità umana dei lavoratori rischiano di infangare anche l’immagine di quegli imprenditori agricoli che coscientemente conducono il loro lavoro, spesso spalla a spalla con i propri dipendenti.
Tutti i soci di Slow Food nel Lazio sono invitati a seguire le indicazioni, non comprando per protesta frutta e verdura nei supermercati. I fatti di Terracina fanno emergere solo la punta di un iceberg enorme – riscontrato anche in altre province del Lazio – e dove sussiste il mercato agricolo di Fondi, il più grande d’Italia e per lo più rivolto alla Grande Distribuzione Organizzata, racconta un mondo sommerso che come consumatori non vogliamo più accettare e come attivisti ci sentiamo di denunciare. Ecco perché chiederemo un incontro all’assessore regionale al lavoro e nuovi diritti Claudio Di Berardino per pretendere garanzie e misure adeguate di controllo come previsto dalla recente legge regionale sul caporalato che accoglie e rilancia la normativa nazionale e all’assessore regionale all’Agricoltura Enrica Onorati e all’assessore allo sviluppo economico Paolo Orneli per chiedere di promuovere una qualità etica in modo da poter aiutare il consumatore nell’acquisto consapevole di prodotti da aziende che non hanno fatto ricorso allo sfruttamento di lavoratori. La “ Patente del Cibo” proposta da Soumohoro è esattamente in linea con la nostra “etichetta narrante”, così come la necessità di occuparsi degli “altri invisibili”, tanti lavoratori che anche in altri settori, come nel mondo della ristorazione, non godono di nessun diritto e vengono fagocitati in un mercato del lavoro ingiusto e senza regole.”