L’Europa non è fatta solo di richiami all’austerità e vincoli di bilancio, e qualche volta ce lo dimostra. Questa settimana l’Europarlamento ha approvato la creazione di una commissione d’inchiesta con il compito di esaminare le procedure di autorizzazione dei pesticidi.
Nel mirino c’è soprattutto il tortuoso iter che ha portato, nel novembre scorso, alla proroga di cinque anni per la commercializzazione del glifosato, l’erbicida oggetto di forti contestazioni in ambito scientifico dopo che lo Iarc lo ha classificato come “probabilmente cancerogeno”.
I trenta europarlamentari chiamati a farne parte lavoreranno nei prossimi nove mesi, esaminando anche l’operato delle agenzie Ue come l’Efsa, già al centro delle critiche in seguito alla scoperta che le pagine più sensibili della valutazione di rischio sul glifosato erano state riprese da studi utilizzati dalla Monsanto.
In occasione del voto finale, poi, aveva suscitato ulteriore scandalo la decisione del ministro dell’agricoltura tedesco Christian Schmidt di esprimersi a favore del rinnovo sconfessando la volontà dell’esecutivo di Angela Merkel. Oggi è lo stesso Schmidt, all’indomani del varo del nuovo governo, a dichiarare che l’uso dell’erbicida dovrà essere ridotto il prima possibile.
Sebbene la battaglia sul rinnovo sia perduta, almeno per ora, attorno al glifosato e all’agrochimica in generale cresce una coscienza civile che la politica non può più ignorare.
L’iniziativa dei cittadini europei promossa dalla coalizione Stop Glifosato, che ha mobilitato 1 milione e 300 mila persone anche grazie al contributo della rete di Slow Food, non è caduta nel nulla. Di contro alla tentazione di rispondere ai populismi privatizzando i processi decisionali, c’è chi non si stanca di rivendicare il ruolo che una cittadinanza informata e attiva può e deve giocare nelle scelte che riguardano la salute di tutti.
Gaetano Pascale
presidente di Slow Food Italia
da La Stampa dell’11 febbraio 2018