3 Settembre Vigoleno, la chiusura del viaggio da Pellegrino Parmense a Vigoleno
L’ultimo resoconto dei nostri camminatori in Appennino
Arriviamo a Pellegrino Parmense alle 9 e scopriamo un paesino che si sta svegliando anche grazie al passaggio di alcuni ciclisti. L’auditorium si riempie piano piano così’ iniziano i saluti delle autorità. Pilar, vicesindaco di Pellegrino Parmense ci illustra tutti i progetti che intendono valorizzare il territorio e creare una rete tra comuni limitrofi. L’ amministrazione ringrazia Fabrizio Russo presidente del CAI di Parma e di Fidenza che descrive anche le attività rivolte alle scuole.
Ci spostiamo al caseificio Barzieri. Ivo ci descrive la lavorazione del parmigiano e tra l’ altro ci dice che per 6 anni non ha potuto fare un giorno di ferie. ” Un fattore fondamentale per la riuscita della forma di parmigiano è l’alimentazione delle mucche da latte di razza pezzata bianca e nera e razza bruna alpina”. La lavorazione prevede varie fasi e lavorazioni impegnative visto che ogni 10 giorni si deve girare la forma che all’ inizio pesa circa 50 chili.
i e alla stagionatura di 24 mesi arriva a 42 – 43 chili. L’ assaggio di parmigiano reggiano stagionato 36 mesi e del pane del forno Lusignani che vengono abbinati anche preparando bruschette ricoperte da crema preparata con il formaggio del caseificio Barzieri.
Le regole di vita di Ivo Barzieri sono lavoro, alimentazione con i prodotti sani e di buona qualità e riposo per riprendere il lavoro…
Lasciamo il caseificio di Barzieri alla volta del Santuario di Careno posto su una altura che si trova vicino a Pellegrino Parmense. Mentre ascoltiamo la consigliera comunale Simona Costa che ci racconta la storia del santuario di origine romanica avvertiamo l’ intensa atmosfera che pervade il luogo e che ci fa riflettere sul fatto che l’Appennino può stupire in modo sorprendente. La ricchezza degli affreschi e’ impreziosita dalla serie di Madonne raffigurate con il Bambino.
Ripartiamo e sacrifichiamo una parte della camminata causa pioggia ma riusciamo a compiere un percorso che parte ed arriva a Vigoleno. I castagni e alcuni alberi di mele di varietà antiche sono lungo il percorso a testimoniare anche qui una biodiversità sempre presente. La visita del castello è magistralmente condotta da Flora moglie di Stefano Alino i che ci ha guidato in qualità si socio del CAI di Parma.
I camminatori Pier Luigi Roncaglia e Michele Ferro
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Il mio viaggio nei tesori appenninici dell’Emilia Romagna di Luca Pedetti Slow food
luca pedetti.jpgRiuscire nel difficile compito di fare un bilancio dell’esperienza fin qui vissuta è quasi proibitivo, specie se davanti agli occhi scorrono insieme tutte le immagini dei panorami, dei volti, dei prodotti, nelle orecchie risuonano i racconti, le storie e gli appelli lanciati nei comizi agrari ed infine al gusto si esaltano ancora i ricordi dei prodotti e dei superbi piatti che ho potuto conoscere. Ecco, forse posso racchiudere in questo termine che il lessico mi offre – conoscere – la sintesi di questo incredibile percorso, “L’Emilia Romagna in Viaggio verso Expo 2015”, svoltosi a tappe ma progressivo dove ogni esperienza vissuta direttamente o in terza persona, ha svelato un nuovo tratto di un mosaico complesso, ricco di dettagli e particolarità incastonate nel grande Appennino che come un buono e saggio gigante è lì a racchiudere, preservare e custodire gli antichi saperi, i meravigliosi paesaggi, i piccoli paesi. Ho potuto raccogliere testimonianze su chi, in questo tratto di Italia, così sempre crocevia di culture, confinante con altre Regioni ma chiaramente definito, nel quale antichi castelli arroccati delimitavano anticamente le terre dei Malatesta, dei Canossa, degli Estensi e dove oggi si stende l’alta via dei parchi: dalla Romagna fino ai confini superiori dell’Emilia, coltiva con la consapevolezza di un passato che non smetterà mai di essere attuale le varietà antiche di sementi, chi legando l’agricoltura biologica ad un allevamento naturale segue e rispetta i ritmi di vita e di produzione degli animali, chi invece è consapevole che i territori vanno preservati dall’erosione attraverso la reintroduzione dei pascoli transumanti e mediante una scelta progettuale ed architettonica sostenibile, mettendo in rete produttori tipici e locali con i mercati globali.
Produttori che con Slow Food, associazione da cui provengo, ho potuto conoscere e coinvolgere direttamente, osservandone ogni minimo gesto, catturando ogni sfumatura nell’intonazione della voce nei loro racconti, quasi per misurarne l’intensità della passione con cui svolgono il proprio mestiere artigiano; rendendomi conto di quanto soffre attualmente l’economia agricola legata alla montagna, ed al contempo quanto potenziale in essa è racchiuso! Ed infine il viaggio gastronomico: l’aver potuto degustare 35 piatti diversi nell’arco del viaggio è stato fondamentale per la mia crescita professionale ed esperienziale. Nel vedere gli chef all’opera, nell’assaggiare un risotto, o una vellutata, o un sofisticato dessert, ho colto sfumature uniche che confermano l’importanza dell’adagio “rubare con gli occhi” in cucina! In somma: una vera avventura arricchente, che ho avuto la fortuna e la consapevolezza di vivere con compagni di viaggio eccezionali, che hanno reso possibile e nella forma migliore cogliere lungo i crinali e le valli dell’Emilia Romagna il senso del terroir nelle sue più diverse caratteristiche.