10 Agosto – Diga di Ridracoli e Foreste Casentinesi

Incontri con i produttori della Valle del Bidente

image_preview-2Il 10 Agosto la sveglia è anticipata per utilizzare al meglio la giornata. La tappa prevista dal CAI è impegnativa e il rischio pioggia incombe.

Dopo una passeggiata fino alla sorgente dell’ acqua solforosa, contattiamo Gabriele Locatelli, consigliere nazionale di Slow Food, per visitare alcuni produttori che si trovano nella zona di Santa Sofia. Iniziamo dalla signora Tiziana Bresciani che, quando arriviamo, sta raccogliendo la ricotta appena preparata. Un profumo intenso riempie il laboratorio caseario e tutti noi assaggiamo volentieri questa delizia. L’ azienda è di carattere famigliare e Tiziana con il marito e il figlio conduce l’ azienda agricola con metodi tradizionali.

 

image_previewCi trasferiamo alla pasticceria  Dolce Vita in centro a Santa Sofia. La produzione della pasticceria è classica: “Viviamo in un piccolo paese di montagna, dove la gente è affezionata ai prodotti semplici e tipici”.  Alberto Valentini, titolare e giovane pasticcere, si occupa della produzione; la clientela è gentilmente accolta da Michela e Susanna.
Quotidianamente, collaboriamo per rendere la nostra produzione ai massimi livelli rispettando tutta quella genuinità e freschezza per soddisfare la nostra clientela -racconta Alberto -. Il nostro obiettivo è di soddisfare i clienti, far riscoprire il vero sapore della pasticceria italiana. Le nostre migliori ricette comprendono la Mantovana torta classica regionale, la Torta della nonna con crema pasticcera romagnola e pinoli italiani, la Panina, dolce tradizionale della alta vallata del Bidente prodotto nel periodo pasquale con uova in cioccolato decorate a mano. I nostri croissant con pasta madre a lunga lievitazione, piccola pasticceria mignon fresca con i migliori prodotti del territorio>.
Alberto utilizza solo di materie prime locali, senza additivi miglioratori e aromi di sintesi. Utilizza grani locali che si procura in  aziende agricole del territorio per portarle a macinare a pietra in un mulino  della Valle del Savio, nelle preparazioni utilizza  solo burro di prima qualità, e la lievitazione delle paste dura almeno almeno tre giorni!

Quindi ci trasferiamo nella azienda agricola Tirli, sempre nel territorio di Santa Sofia, modello di economia rurale che mantiene le tradizioni e il presidio del territorio. Il pane viene prodotto seguendo tradizioni antiche con farine di grano e di farro ottenuto nell’azienda stessa che le coltiva con metodo biologico. Il titolare è Paolo Marianini, agricoltore e panificatore. Il grano macinato a pietra mantiene profumi e qualità organolettiche uniche. Il pane è prodotto utilizzando esclusivamente lievito madre a pasta acida, la cottura avviene in forno a legna dopo una lunga lievitazione che ne aumenta la fragranza.

Infine dopo un trasferimento lungo le strade dell’ Appennino arriviamo all’ azienda dell’ allevatore Roberto Panterini in località I calci di Santa Sofia che con nostro stupore ci affida ad un suo “collaboratore” molto giovane: Matteo di 10 anni che dall’ età di 5 anni trascorre le vacanze a Camposonaldo presso l’ allevamento di Bovina Romagnola ed è già deciso sul suo futuro:“ Farò il contadino e l’ allevatore”. Nella stalla di Panterini, guidati dai racconti di Gabriele Locatelli  abbiamo conosciuto meglio la razza Romagnola, l’abbiamo vista, l’abbiamo toccata, abbiamo visto cosa mangia quando non è al pascolo: solo fieno, orzo, mais, pisello proteico!

Dopo un giro sui pascoli più alti dove le bovine stanno libere durante l’ estate, torniamo a Santa Sofia in tempo per vedere la preparazione del tortello alla lastra realizzato dalle migliori sfogline dell’ Auser, con l’impasto fatto solo con farina e acqua di cottura della zucca, e il compenso di lardo, aglio, patate e zucca. La possibilità di confrontare i sapori di questo tortello con quello fritto di Verghereto, assaggiato il giorno prima, ci conferma la ricchezza di preparazioni alimentari di altissima qualità che abbiamo già gustato in queste prime tappe dell’ Alta via dei parchi verso le successive località dell’ Emilia Romagna.

dai camminatori Pier Luigi, Elisabetta, Luca, Vanda 

 

 

elisabettaRiflessioni di una delle nostre  camminatrici: Elisabetta Boni

E’ cominciato il mio #viaggioversoexpo.

Ho scelto di percorrere a piedi, in pieno spirito Slow, il crinale Appenninico, confine e cerniera tra la Romagna – Emilia e la Toscana.
Partendo da Pennabilli e terminando a Ridracoli Santa Sofia in 3 giorni: tanto è bastato a farmi ritrovare la fiducia sul futuro del Cibo.
Credevo di dover documentare l’antico che scompare,  la tradizione che andrà perduta, la varietà o la razza in via di estinzione. E invece NO. Ho incontrato GIOVANI (e un giovanissimo, 10 anni…) CONTADINI, ALLEVATORI, CHEF, che ostinatamente legati al territorio e all’agricoltore vicino di casa (“così possiamo controllare quel che fa”) consapevolmente ritornano alla Terra.
Per soldi? No. Per fama? No. Per noia? Neppure. Lo fanno con inesauribile energia e rinnovate intenzioni: ridare valore al Cibo Vero.
Qui è in atto una rivoluzione!!
La testimonianza: il produttore e allevatore Paolo Mattioli
Paolo Mattioli, 49 anni, laureato in scienze agrarie, originario di Scandiano, si è innamorato dell’Appennino forlivese a metà degli anni Novanta. Allora era un giovane stagista fresco di Università con un incarico al Parco delle Foreste Casentinesi. «Dovevo censire le aziende agricole del parco, vedere cosa producevano, come vivevano gli agricoltori di montagna e quali fossero le loro difficoltà ed esigenze. Io venivo dall’Emilia, terra di parmigiano, ma io là le vacche al pascolo non le avevo mai viste. Qui sì, invece. Le aziende agricole erano però poche già allora – spiega Paolo che la sera del 10 agosto ha tenuto il Comizio agrario alla grande cena del #viaggioversoexpo alla Diga di Ridracoli-. L’abbandono inesorabile che allora era già avviato in realtà non si è fermato nemmeno ora>. Per questo Paolo decise che avrebbe fatto la sua parte per invertire la rotta.
Dopo otto anni di lavoro in montagna al servizio di parchi regionali e nazionali in diverse regioni decise di tornare sull’Appennino forlivese e di fare la sua parte per  preservare un pezzo di questa terra. E’ cominciato così  il progetto  dell’Eremo dei Toschi, agriturismo e  azienda agricola che conduce insieme alla propria compagna dal 2004.
<Non mi interessava diventare un personaggio eccentrico o da museo, volevo lavorare per dimostrare che è possibile fare agricoltura in posti incontaminati come questi. Chi voleva scoraggiarmi però aveva ragione: non è facile>. Nell’alta valle del Montone, al confine fra Emilia, Romagna e Toscana, Paolo ha acquistato un vecchio casolare con annesso podere abbandonato, ha rimesso in piedi casa e campi, ora produce frutta e ortaggi, legna, alleva capre da cui ricava ottimi formaggi, ospita viaggiatori, escursionisti e amanti della montagna sulle rotte dell’Alta via dei Parchi.
«In questa fetta di  Appennino e di parco ci sono migliaia e migliaia di ettari dove non ci sono state edificazioni folli dagli anni Settanta in poi, senza gasdotti, ferrovie, nessuna interferenza della modernità, il tempo è come se si fosse fermato e la natura di conseguenza è rimasta preservata. E’ un ambiente integro a tutti gli effetti» si infervora Paolo.
Ma l’agricoltura in quota è difficile e la difficoltà non è tanto la montagna in è, ma soprattutto una politica agricola assente e la burocrazia, afferma Paolo. «C’è una assoluta discrepanza fra le istituzioni, le associazioni di categoria e gli agricoltori stessi. Nessuno viene mai a chiedere a noi agricoltori cosa ci serve. E l’esodo continua. Ci sono i contributi, ma in realtà mancano sempre certezze sul fatto che arrivino o meno, e comunque arrivano sempre solo a cose fatte. Ci sono i Psr, la Pac, ma le aziende non sono uguali fra loro, le discrepanze fra chi beneficia tantissimo e chi nulla è enorme. C’è poi l’enorme mole di burocrazia per avviare la minima attività, ad esempio un piccolo laboratorio, carte e costi sono i medesimi di un laboratorio grande, è chiaro che ammortizzarli diventa più difficile. Se le aziende agricole vecchie resistono di generazione in generazione, ma ormai sono poche, vanno avanti, per le nuove aziende invece è ancora più difficile». La vita si complica per chi viene e lavora lontano dai centri abitati come per lui: <Il mercato io lo faccio in casa mia, per i turisti che si riesco ad ospitare. D’estate va bene, ma l’Appennino forlivese riserva grandi spettacoli naturali e grandi sorprese anche in inverno, andrebbe valorizzato anche in questa stagione>.
 
Testimonianza raccolta da Laura Giorgi – Slow food Emilia Romagna